+++Mi ricordo, miniere verdi - Un thread+++

Nel settembre 2020 la Commissione Europea ha presentato al Parlamento di Strasburgo la sua strategia sulle materie prime. Nel documento, ricco come al solito di retorica tardo impero e di orrori lessicali come “resilienza”, vengono
elencate 30 materie prime cosiddette critiche, necessarie per lo sviluppo industriale europeo nei prossimi anni e, soprattutto, indispensabili al tanto propagandato Green Deal europeo. Si tratta di sostanze rare e minerali dai nomi bizzarri, indispensabili alla riconversione
dell’economia mondiale in chiave ambientale. Il litio è certo la sostanza più nota, ma sono critici anche l’antimonio, il niobio, la grafite. A tutti gli effetti, questi materiali sono il nuovo petrolio. Come per il petrolio, però, l’Europa non è in una posizione felice poiché
il sottosuolo continentale, almeno stando a quanto si sa oggi, non è particolarmente ricco di tali sostanze. Anzi, l’Europa per i suoi fabbisogni dipende quasi totalmente dall’estero.

Il documento della Commissione è infatti teso a delineare la strategia con cui
l’Unione Europea intende affrontare questo problema. La Commissione elenca dieci azioni relative a quattro filoni, in sintesi:

1) filiere e catene del valore resistenti agli shock;

2) riciclo dei materiali;

3) sfruttamento delle risorse interne all’UE;
4) diversificazione delle fonti di import.

Il punto 1 si sviluppa in alleanze internazionali e interventi della BEI a finanziare partenariati e investimenti. Il punto 2 prende atto che ad oggi il riciclo per il recupero delle 30 materie prime critiche è di fatto inesistente
(sinora il litio recuperato da batterie esauste in UE è pari allo 0%).

Il punto 3 significa incrementare le attività minerarie nel continente, anche riaprendo le miniere dismesse, sviluppare nuove aree di sfruttamento del territorio e dare vigore alle attività di esplorazione
di nuovi giacimenti. La transizione ecologica richiede dunque il ritorno a un’attività, quella mineraria, che troppo rapidamente qualcuno aveva intenzione di consegnare alla storia. Al contrario, lo sfruttamento minerario del territorio sarà protagonista di un nuovo, intenso
sviluppo, in Europa e nel resto del mondo. Il paradosso del Green Deal si fa qui evidente, considerato che le miniere non hanno la fama di essere modelli di compatibilità ambientale. Non esistono miniere green né miniere due punto zero. In Italia non sembrano esistere
grossi giacimenti di questi materiali così essenziali, al momento, anche se localmente si registrano notevoli eccezioni. Nel parco naturale del Beigua, in Liguria, ad esempio, è stato scoperto uno dei maggiori giacimenti di biossido di titanio d’Europa.
Trattandosi di parco naturale però è in corso una battaglia legale tra la compagnia che vorrebbe sfruttare il giacimento e gli ambientalisti. Un altro dei numerosi cortocircuiti della transizione energetica.

Il punto 4 infine prende atto della dipendenza quasi totale
dall’estero, segnatamente dalla Cina, per la gran parte delle 30 materie prime critiche. Le tabelle inserite nel documento elencano gli indici di dipendenza dall’estero per ogni singola materia prima e sono impietose. Per le terre rare (disprosio, lantanio, terbio),
indispensabili al funzionamento dei motori elettrici, l’UE dipende dall’estero al 100%. La preoccupazione della Commissione è palpabile, tanto che nel documento non si esita a dichiarare esplicitamente che “È importante integrare i Balcani occidentali
nelle catene di approvvigionamento dell'UE. La Serbia, ad esempio, possiede borati, mentre l'Albania vanta depositi di platino”. L’allargamento dell’Unione Europea verso est assume dunque una valenza strategica ulteriore.

Qualunque considerazione sulla transizione energetica
è pura teoria se non si tiene conto della situazione (pessima) da cui parte l’UE per questi materiali critici, senza i quali nessun Green Deal è possibile. Non si tratta solo di scavare nel terreno per trovare i minerali, bensì, soprattutto, di avviare una nuova fase geopolitica.
Non è pensabile infatti, per l’Unione Europea come per gli Stati Uniti, fare a meno di intrattenere buoni rapporti con la Cina, vero dominus di questo nuovo gioco globale. La Cina, oltre ad avere un sottosuolo ricchissimo e una fiorente industria di trasformazione
delle materie prime, ha iniziato prima degli altri a conquistare posizioni dominanti in giro per il mondo, assicurandosi ricche concessioni e canali commerciali privilegiati.

Tra sfruttamento delle risorse del pianeta e ricerca di difficili equilibri internazionali, dunque,
non sembra che la transizione energetica stia apportando quella salvifica rivoluzione che troppo ingenuamente i propagandisti del Green Deal a tutti i costi stanno declamando a gran voce. La vernice verde forse nasconde, ma certamente non cancella.

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In essa si delineano 10 azioni
tese a diminuire la dipendenza dall’estero per 30 materie prime critiche, per le quali oggi la dipendenza dall’import è pressoché totale. L'unica materia prima per cui l'Ue è totalmente indipendente è lo stronzio (sic).
In sintesi, la Commissione vuole:
1) sviluppare catene del valore resistenti agli shock;
2) fare largo uso del riciclo;
3) sfruttare le risorse interne all’UE;
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