"Intellectuals... are pretentious, conceited... and snobbish; and very likely immoral, dangerous, and subversive.... The plain sense of the common man is an altogether adequate substitute for, if not actually much superior to, formal knowledge and expertise"
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Così, nel 1963, Richard Hofstadter sintetizzava i caratteri del sentimento anti-intellettuale che, a suo dire nel suo lavoro forse più maturo e interessante, attraversava la storia degli USA ricomparendo periodicamente come un fiume carsico
Storico, comunista fino alla fine degli anni '30 e poi divenuto pioniere della storia intellettuale americana proprio maturando il distacco dalla visione economicistica propugnata dal marxismo più rigido, nel volume l'autore tirava le somme di una esperienza decisiva
Una decina di anni prima egli aveva infatti attraversato e conosciuto da vicino l'offensiva sulle università del maccartismo e le ferite difficilmente rimarginabili che essa aveva provocato al corpo accademico, soprattutto incrinando la fiducia reciproca tra i suoi componenti
Sicuramente, era questa la tesi dell'autore, il maccartismo era una versione dell'avversione per l'apertura culturale, l'identificazione in una comunità transnazionale e la profondità di analisi dei professionisti della conoscenza da parte dei detentori del senso comune
Un'avversione, dicevo, tutt'altro che nuova, e che metteva radici nel populismo ruralista, nel fondamentalismo confessionale, in un senso di comunità locale e nazionale costruito essenzialmente, e inevitabilmente, su un'irrazionalità che il pensiero critico metteva in pericolo
Il caso del maccartismo e del suo attacco diretto alla libertà accademica, però, permetteva anche all'autore di guardare con una consapevolezza fino ad allora impossibile da conseguire alle dinamiche interne alla professione intellettuale istituzionalizzata
L'attacco ebbe infatti una portata così notevole da spingere a rivedere e consolidare le garanzie giuridiche delle libertà d'insegnamento e di ricerca perché trovava un corpo accademico indebolito e incerto, sempre più dipendente per il suo lavoro dai fondi pubblici...
...e dalla collaborazione con le forze armate, in larga misura impaurito anch'esso dalla "minaccia rossa" al punto da cedere ai sospetti di contiguità al comunismo e all'idea dell'incompatibilità tra essa e la professione accademica...
...in generale ancora in sospeso tra l'identità professionale ottocentesca dell'assoluta autonomia di sé e una realtà di interazione con la società e la politica molto più diretta, spesso mediata da professionisti del management accademico che non erano studiosi
In questo contesto di debolezza e di incertezza, la comunità accademica del paese rischiò non solo di essere emarginata, ma di mostrarsi acquiescente a una proposta politico-culturale che equiparava pensiero critico e sovversione per dare la stura all'irrazionalità paranoica
In una parola, di venire meno al ruolo "costituzionale" che la la gestione istituzionalizzata della conoscenza ha acquisito nelle società moderne per contribuire a farle funzionare
Riflettere su questi aspetti sembra tanto più utile ora, quando gli effetti di lungo periodo di un lavoro ai fianchi sull'autonomia universitaria producono l'effetto dell'emarginazione degli studiosi in quanto tali dal dibattito pubblico in tutta una gamma di temi delicati...
...mentre la legittimazione intrinseca al ruolo di professionista della conoscenza viene attribuita solo a chi, pur facendo parte della comunità degli studi, sposa le posizioni preconfezionate dalle istituzioni di governo, o in buona fede (ma a prescindere di quanto...
...esse siano rappresentative del proprio settore di competenza), o per tornaconto personale, o per difendere il proprio campo disciplinare dagli attacchi a credibilità e accesso alle risorse di cui sono stati oggetto altri
E il primo passo per invertire la tendenza non può che essere il recupero da parte degli studiosi e delle studiose dello spirito del proprio ruolo e dell'orgoglio di svolgerlo, di riaffermarlo e di difenderlo
Questo dovrebbe essere servito per farvi capire il livello di riflessione in cui mi muovo quando parlo dei campi di mia competenza.
Questo è quello che succede quando lo faccio, a dimostrazione di come le fragilità di cui parlavo siano profonde oggi 👇
Perché se un ordinario di virologia e un direttore di ricerca del CNR si rendono complici di ciò, e lo fanno su commissione con questi argomenti, vuol dire che l'avversario che dobbiamo combattere ormai non è solo fuori della corporazione. Sappiatelo per quando dovrete prepararvi
*dirigente
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Ancora nel 2013, Paolo Prodi affermava che nei sistemi istituzionali occidentali la corporazione universitaria è emersa come "quarto (o quinto) potere", in quanto depositaria della gestione collettiva del sapere critico rivistailmulino.it/a/paolo-prodi-…
Egli generalizzava così quello che il suo collega e amico Pierangelo Schiera diceva negli anni '70-'80 pensando alla "sua" Germania, ovvero il ruolo "costituzionale" delle istituzioni universitarie
L'autonomia della sfera accademica, in istituzioni e individui, serve proprio a questa funzione: fare in modo che le istituzioni politiche abbiano bisogno di ricevere la legittimazione scientifica del loro operato e delle idee che propongono...
Nei giorni di festa sospenderò la lettura dei temi sull'istruzione superiore fiorentino nell'800 per riprendere in mano un testo più leggero 😂
Scherzi a parte si tratta di una ricerca molto interessante sulla parabola dell'istruzione cattolica negli USA 👇
Fin dall'inizio della scolarizzazione di massa, le scuole cattoliche sono state le istituzioni educative confessionali più favorevoli al sostegno pubblico alle loro iscrizioni, differenziandosi dal rigoroso separatisti protestante per varie ragioni
Da un lato c'era la consapevolezza di appoggiarsi a istituzioni e a una cultura abbastanza forte da resistere agli inevitabili tentativi di ingerenza da parte di un potere pubblico "pagante". Ma a ciò si aggiungeva anche una loro specifica funzione sociale
Breve (e iper schematico, ovviamente) thread per i duri di comprendonio sul rapporto tra politica e ricerca scientifica, in qualsiasi ambito, anche nelle scienze sociali, anche nella politica universitaria. Così mettiamo in chiaro le cose una volta per tutte
La politica tra le tante cose è gestione del consenso e degli orientamenti generali di elettori e opinione pubblica. Chiaramente funziona meglio se tutti gli attori (cittadini, rappresentanti, gruppi di pressione) si fanno sui temi un'opinione informata...
...ma è anche giusto, oltreché inevitabile, che le due dinamiche esprimano innanzitutto logiche si consenso.
Ecco, le istituzioni politiche, schematizzando al massimo, hanno il compito di (e la legittimità per) individuare gli obiettivi generali
Spesso si parla di un problema italiano di "analfabetismo scientifico". La questione così mi è sempre sembrata posta in modo inappropriato, e ultimamente sono convinto che l'errore possa anche essere pericoloso
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Prima di tutto, dire che in Italia non si conoscono abbastanza la scienza e il suo metodo d'indagine dà per sottinteso che invece si studiano "troppo" bene le discipline umanistiche, togliendo tempo alle "cose importanti"
Anche se non si arriva ai livelli dei giovani dottorandi che sperano di farsi notare da Boldrin o da uno dei suoi sodali berciando di abolizione del liceo classico, un orientamento del genere è sbagliato, prima che offensivo
"L'aria di questa Scuola noi la respirammo fin dai primi giorni.... Tutti uguali, perché tutti liberi da cure materiali. Ai servizi, al vitto, c’era chi pensava per noi.… Piena libertà spirituale in animi sgombri da ogni prosaica cura della vita d’ogni giorno….
...Libertà spirituale, che è il terreno in cui mette radice quel puro e disinteressato e irresistibile e ombroso amore del sapere"
Il riferimento per come doveva funzionare la @scuolanormale era nelle parole di uno dei suoi allievi più discussi eppure (o perché) più grandi
Da qualche mese emergono voci di allarme sul fatto che qualcosa non funziona come dovrebbe. Il documento delle diplomate e dei diplomati della Classe di lettere che sta facendo molto discutere ed è stato ripreso oggi da @rivistailmulino... rivistailmulino.it/a/eccellenza-o…
Quando per fare i grafici chiami il parrucchiere e per parlare di storia della filosofia un padroncino, poi finisci così. e chi legittima quel canale pure.
Non mi do pace. Al di là di singoli punti tutti rivedibili, un insegnante, un educatore, come fa a non essere colpito dal coraggio, dalla lucidità e dalla proprietà di analisi con cui un gruppo di studenti e studentesse affronta un tema così complesso e controverso?
E dalla capacità di assumere toni e linguaggi propri di una presa di posizione squisitamente civile e politica e non di un intervento a un seminario accademico?