"Avrei davvero voluto morire quando lei mi lasciò in affannoso pianto" scrive Saffo nel VII sec. aC, "tra molte cose dicendomi 'Come soffriamo atrocemente, Saffo! io ti lascio contro il mio volere.' Ed io le rispondevo 'Va' serena, e di me serba il ricordo. Sai quanto ti ho amata
Se mai lo dimenticassi, sempre io ricorderò i bei momenti che vivemmo [...] quando sul morbido letto ti saziavi, né mai vi furono danze nei sacri boschi a cui fossimo assenti'..."
Saffo dedica questa poesia, evidentemente, a una sua allieva prediletta, una delle tante di cui fu
maestra nel tiaso. Una che aveva amato, ricambiata, come spesso accadeva. Ma anche con lei era arrivato il momento della separazione, e questo accadeva quando la ragazza andava a sposarsi. Ché quello era lo scopo della formazione che aveva ricevuto nel tiaso, impartita da Saffo e
da altre maestre come lei. Perché in età precittadina ancora alle donne era riservato un minimo di educazione e allora le ragazze entravano in queste comunità in cui veniva loro insegnata la poesia, la danza, il canto, il comportamento, tutte quelle cose che avrebbero fatto di
loro delle buone mogli. E accadeva, senza alcuno stigma sociale, che le allieve e le maestre s'invaghissero, o s'innamorassero, e si abbandonassero a una passione che naturalmente era anche fisica. Questo durò per un po'. Quando si consolidarono le strutture della polis, le donne
vennero private letteralmente di tutto e relegate esclusivamente al loro ruolo di moglie e madre - non nel senso moderno che diamo noi a queste parole, tuttavia. Il matrimonio era un affare per assicurare patrimonio e progenie. La madre era una fattrice, assolutamente estranea
all'educazione dei figli, se maschi. La formazione del figlio era sostanzialmente affidata soprattutto al rapporto pederastico che il ragazzo avrebbe instaurato con il suo amante, che lo avrebbe reso un cittadino, insegnandogli i valori della polis.
Le donne, in tutto questo,non
avevano alcuna funzione, e infatti non vennero neanche più istruite. Non serviva essere educate per svolgere il ruolo veramente limitato a loro riservato. Né serviva imparare l'arte della poesia, o della musica. Tanto meno della conversazione. A questo erano piuttosto educate le
etere, che oggi chiameremmo "escort di lusso". Loro sì che dovevano saper parlare, perché la loro compagnia era gradita nei simposi, per i quali venivano "affittate" dagli uomini a volte pure in gruppi, in esclusiva, e pure per periodi di tempo prolungato. Non che questa "grazia"
fosse concessa a tutte le prostitute, naturalmente. Le etere erano "d'alto bordo", maestre nel saper ben dosare arti amatorie sessuali con l'intrattenimento generale. Ben distinte dalle pornai, che ad altre "faccende" meno raffinate erano destinate.
In ogni caso l'educazione del-
le donne, con la polis, sparì. Della stessa Saffo si hanno notizie frammentarie, e molte leggende. Qualcuno la descrisse brutta, qualcuno bella. Sappiamo che era sposata ed aveva anche una figlia. E molti amori. Leggenda vuole che morì suicida. Dicevano per un uomo, che l'aveva
rifiutata per la sua poca avvenenza. mmm, benché amata dalla grecità, sospetto un po' di queste leggende...
Ché poi arrivò Platone, che, delle donne che amavano altre donne, aveva orrore: esseri infimi, sottospecie degenerata di quegli esseri già insignificanti, volgari, bestiali
che erano le donne in generale. Una come Saffo sarebbe stata così solo una tribade, e non c'era insulto peggiore. I rapporti tra uomo e donna più che altro erano una necessità della specie. Quelli tra uomini, invece, i migliori. "Tra loro, i politici".
Natura o cultura, perciò?😏

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25 Oct
C'era una volta a Roma uno che parlava, e soprattutto scriveva. Sarebbe diventato la condanna di tanti liceali e il suo nome risuonato, a volte, minaccioso: Marco Tullio CICERONE. Oggi a Roma si sarebbe chiamato, però, Er Cecione, e forse così avrebbe suscitato meno timore :) Image
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24 Jul
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