Thread by @radiofab

(Thread lungo, portate pazienza):
Ho tenuto per diversi mesi in serbo questo thread, in attesa di certezze e di incastrare alcuni pezzi mancanti, ma ora che ho dato le dimissioni posso condividere e fare outing.
Sono residente a Dubai da 13 anni e me ne vado tra 6 settimane.

Perché non l’ho mai scritto e perché questo sarebbe outing? Perché viviamo un tempo in cui si giudicano persone sulla base di etichette. Perfino il loro diritto a parlare e prendere posizioni. Dubai è un’etichetta. Chi è più elitario e radical chic di uno che vive a Dubai?

Renzi ha postato da Dubai a Marzo, dove si trovava per una Conferenza, e ho letto le solite menate da rivolta contro la kasta, il popolo che soffre, il posto per puttanieri e vacanzieri. Io, come tutti, sono venuto qui per vendere le mie competenze a qualcuno disposto a pagarle.

Quante volte ho sentito “Ma che ne sai tu che vivi a Dubai?”, sottintendendo l’idea che qui si viva in una bolla lontana dal mondo. E’ molto diverso: è vero che non ho mai visto la ricchezza che ho visto qui, ma nemmeno ero stato così vicino a storie di povertà.

Viste, sentite, vissute, da persone reali. Cadere dalle scale per abortire, chiedere un prestito di 200 euro per ricostruire casa (tutta), lavorare per 95 euro al mese. Storie da India, Filippine, Sri Lanka. Qui ti esponi a un mondo che in Italia non conosciamo.

Inutile dire che molti mi danno del pazzo per la scelta di tornare. E’ una questione personale, ho capito che un ciclo di vita è finito. Perché l’Italia? Perché ho passato all’estero 32 anni di vita su 47 e ho bisogno di fermarmi.
P. S. Valuto offerte nel Nord-Est, dir mktg.

Lo so, c’è chi spera di andarsene dal Paese, altro che tornare. Ma se chi può fare la sua parte dice “questo paese fallisce, me ne vado”, allora la profezia si autoadempie. Fallisce davvero. La sabbia è fatta di granelli. Nessuno escluso.

Vivere qui per 13 anni è stata una fortuna. Non economica, come si potrebbe pensare. Ma culturale. Ho vissuto tra gli arabi, mentre in Italia cresceva la psicosi del diverso. Ho vissuto in un ambiente tollerante, che non mi ha mai impedito di comportarmi da europeo.

Questo è un mondo complesso ed eterogeneo, molto più del nostro, e qualsiasi interpretazione ne vogliamo dare dal salotto di casa è errata in partenza. Rido quando sento esperti da talk show parlare di Medio Oriente. Piango invece quando leggo pulcino74 fare analisi sui social.

Qui c’è il Church District. Chiese di diverse religioni, per cattolici, ortodossi, protestanti, indù, tutte nella stessa area. A certe ore le strade del distretto pullulano di centinaia di persone, famiglie, di nazionalità e religioni diverse. Uno spettacolo.

Bere alcool? Si può fare tranquillamente. Ma c’è tolleranza zero alla guida dopo aver bevuto. Non ha quindi a che fare con la religione, ma con la sicurezza. Ubriacatevi se volete, ma prendete un taxi. E’ estremismo o buon senso?

“Non si può circolare vestite da occidentali”. Balle. E’ frequente andare al centro commerciale e vedere un’europea in body e minigonna passeggiare a fianco di una locale in abaya, il copriabito nero. Davanti alla vetrina di Agent Provocateur.

Mangiare carne di maiale? Ovviamente si può. Al supermercato si può comprare, in un’area con prodotti per non musulmani, e al ristorante si può ordinare, se il locale sceglie di averlo nel menù. Ci sono delle steakhouses da leggenda, delle bistecche che voi umani...

Il Ramadan? Ne ho vissuti 13. Ho dovuto solo, per 4 settimane all’anno, rispettare i musulmani ed evitare di mangiare/bere pubblicamente mentre loro digiunavano, fino alle 18 circa. Mi bastava appartarmi. Dopodiché, molte volte ho mangiato con loro all’Iftar.

E’ un paese musulmano in cui posso tranquillamente vivere da europeo. Quindi? Quindi nulla impedisce la convivenza di musulmani e cristiani o, uscendo dal contesto religioso, arabi ed occidentali, nel rispetto reciproco. Chi lo nega, da entrambe le parti, è un ignorante fanatico.

Ho cenato con musulmani. Con loro ho giocato partitelle di calcio, ho suonato i Clash, ho visto i Rolling Stones, ho commentato una bella donna. Ah, le mediorientali… Ho anche bevuto una birra con qualcuno e ne ha perfino bevuta più di me. Poi, chiaro, taxi.

Lo fanno perché vogliono attrarre professionisti e turisti? Forse. Ma lo fanno. E senza sforzo. Il 2019 è “l’anno della tolleranza” e intorno ruotano iniziative, eventi. Le aziende e le scuole sono incentivate a diffondere il messaggio all’interno verso dipendenti ed alunni.

Ma quel che è più importante, le mie figlie sono cresciute in questo ambiente. Hanno amiche giordane, spagnole, inglesi, cinesi, indiane, olandesi, nere, gialle, bianche. Non concepiscono la diversità. A 18 anni tutte partiranno per gli studi e avranno amiche in tutto il mondo.

A scuola hanno festeggiato per 13 anni l’International Day, in cui l’integrazione diventa ricchezza. Ognuno porta i suoi piatti, usi, costumi, promuove il proprio paese in una sorta di stand improvvisato. Sono coinvolti studenti e genitori.

Le mie figlie hanno visto il mondo. Molto più della stragrande maggioranza dei bandierini tricolore social o 5 stellette accanto al nome. Vengono in Italia, dove non hanno mai vissuto, a iniettare tolleranza in un Paese malato. Finché non guarirà. E sarà un gran giorno.