(E' domenica sera, ho finito di rivedere compiti, tabelloni, voti, perdonate vi prego la solita enfasi fuori luogo, domani e' lunedi e torno a scrivere di prostaferesi e gatti, promesso.) -->
Insegnare e', prima di tutto, scoprire i limiti; non degli altri, i nostri. Una cosa che a me sembra ovvia, spesso non lo e' per i miei studenti e le mie studentesse. Se non sono in grado di percepire questa semplice verita', non ho speranze io, non hanno speranza loro. -->
E' compito mio rimuovere gli ostacoli, se presenti. Non posso limitarmi a dire "l'ho spiegato, e' un problema vostro". In realta' e' sempre un problema mio. Anche quando (soprattutto quando) non studiano. Una fatica quotidiana, a volte senza apparente riscontro. -->
Si deve insistere, cambiare strada se necessario, non uniformare, accogliere le differenze, farsi carico, avere realmente interesse per loro. Noi insegnanti siamo gli adulti, nostro e' l'onere, nostra la responsabilita'. Sono figli e figlie in prestito. -->
Riassumo l'idea che ho di questo mestiere (idea personale certamente criticabile): insegnare significa lasciare un segno, per farlo dobbiamo essere disposti a essere segnati a nostra volta. Portare i segni di studenti e studentesse e' la mia imperfetta (ma bellissima) divisa.
