Thread by @catlatorre

No, non siamo nella Germania o nell'Italia di 90 anni fa, in cui marchiare le abitazioni e i negozi degli ebrei era una barbara pratica quotidiana.
E non siamo nemmeno nel film "La vita è bella": non ci sono le battute di Benigni, non ci sono "cavalli ebrei"
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colorati di verde, non ci sono i ragni e nemmeno i Visigoti.

Siamo nell'Italia di oggi, l'Italia del 2020.
"Juden hier", "Qui c'è un ebreo", è la scritta apparsa in data odierna a Mondovì, sulla porta di casa di Aldo Rolfi, figlio della staffetta partigiana Lidia Rolfi,
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deportata nei campi di sterminio. Una scritta accompagnata dalla stella di David, come quelle che i nazisti utilizzavano per identificare gli ebrei.

Eccola qui, la banalità del male.
Eccolo qui, l'odio instillato giorno dopo giorno, tra le risate di alcuni e
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l'indifferenza di altri.
Eccolo qui, il passo che separa il citofono dalla vernice sulla porta di casa.

Questa porta, in futuro, potrebbe essere la mia, la tua, la vostra, la nostra.
E che sia un citofono o una scritta, che sia la casa di un tunisino, di un ebreo,
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di un nigeriano, di un oppositore politico, di un gay, di una lesbica, di una transessuale o di una persona con disabilità,
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scegliendo di rimanere in silenzio, oggi, quando un giorno arriverà il momento della vostra casa, non sarà rimasto nessuno a protestare.

Solleviamoci e protestiamo.
Ora.
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