Thread. L’altra passione. HO RIVISITATO LA “PASSIONE” DI GESU’. HO MATERIALE PER 25 THREAD DA 15 TWEET L’UNO CIRCA. UNO AL GIORNO. QUESTO E’ IL PRIMO. SE VI PIACE E RAGGIUNGO MOLTI LIKE E RETWEET, DOMANI CONTINUO. #l’altrapassione
Gerusalemme, Valle del torrente Cedron, Giardino dei Getsemani, mese di Nisan, giovedì 6, 33 D.C., ore 21.00 Prologo 0/n
Qui, al riparo degli Ulivi, solo con i dodici apostoli, il torchio dell’olio che nutre le genti mi accompagna, mentre le fronde degli alberi si piegano al vento. Vedo le anime degli apostoli, attraversate dal dubbio che attende la paura. 1/n
Molte volte, prima di questa, siamo stati qui, insieme. Ma ora nessuno deve più seguire le mie orme. Mi discosto, cerco il riparo del tronco più lungo. Sento il dolore farsi strada e mi inginocchio. Prego tre volte. 2/n
La prima per l’uomo e i suoi figli: mi rispecchio nella loro incompiutezza, così capace di tanta grandezza. Non c’è bellezza nella perfezione originaria, solo pigrizia dello spirito che non può ambire a nulla, se non alla propria immagine riflessa negli occhi degli altri. 3/n
La seconda preghiera è per gli apostoli, uomini tra gli uomini. Imperfetti per nascita e per destino, pieni di amore per me e i miei scopi. Ciechi come bambini nel ventre materno, capaci di amare solo ciò che li nutre, ma incapaci di amore per ciò che non conoscono. 4/n
La terza preghiera è per il tredicesimo apostolo, colui che sarà ricordato in eterno, ma non nella gloria. I nuovi nati non avranno il suo nome. Gli uomini lo invocheranno nella rabbia e nell’odio e l’angelo scacciato lo divorerà in una delle sue bocche. 5/n
Le fronde degli Ulivi fremono impazienti, il momento è vicino. Anche il loro conforto non mi solleva dal peso delle mie scelte. Passi si avvicinano: sono uomini e soldati, guidati da Giuda Iscariota, il traditore. Varcano la soglia del giardino. Giuda corre verso di me. 6/n
Mi guarda incerto, gli occhi pieni di paura: sa che il tempo è compiuto. Il bacio accarezza la guancia. La folla si avvicina, gli apostoli vogliono difendermi: Pietro afferra una spada e mozza un orecchio a colui che mi è fatto più vicino. 7/n
Ma le mie parole li fermano: chi impugna di spada muore di spada. Mi conducono davanti al Sinedrio riunito per giudicarmi. 8/8
Gerusalemme, Sinedrio, mese di Nisan, giovedì 6, 33 D.C., ore 23.00 1/n
I Sacerdoti sono riuniti davanti a me, per il processo. Mi accusano perché dico loro la verità. Prima di oggi, avevo conosciuto la corruzione del corpo solo incarnata negli altri. Piaghe, pustole, emorragie, febbre, malattia: nulla di tutto ciò mi era familiare. 2/n
Figlio di Dio, rappresento ciò che il Padre non poteva essere: uomo e divino allo stesso tempo, ma per questo sono anche imperfetto. In quest’imperfezione – facendomi umano – il Padre ha trovato il suo compimento. La malattia è causata dal peccato originale, 3/n
dal quale non sono mai stato toccato. Ho sperimentato l'angoscia, il pianto e, tra poco, incontrerò la morte. Ma la malattia non mi ha mai visitato. Gli uomini mi crederanno, anche qui, per fede: un Dio morto nella sofferenza più terribile, ma incapace di ammalarsi. 3/n
Sapere che la morte non è la fine di tutto è un privilegio che si può provare solo morendo, e si accompagna alla solitudine in vita. Pochi tra gli apostoli mi hanno seguito dai Getsemani, ma non sanno che preferirei la solitudine alla loro compagnia. Li ho conosciuti bene, 5/n
Il seme della Chiesa che verrà non è di buona semenza. La pianta crescerà storta e il suo tronco sarà infestato da parassiti. La prima volta che mi sono mostrato agli occhi degli apostoli ho decifrato la loro debolezza. Riuniti per celebrare con devozione il Padre, 6/n
non hanno retto il mio sguardo, in piedi innanzi a me. Eccetto uno, Giuda Iscariota. Non intimorito da me, ma dall’invidia degli apostoli: la sua purezza li disturba, la sua forza li spaventa. Gli ricordo che conoscerà molto dolore. Lui è la speranza. 7/n
Terminata la cerimonia, gli apostoli si rivolgono a me, per bocca di Giovanni. “Maestro, l’altra notte – dopo aver cenato e pregato– ci siamo ritirati nelle nostre camere. Ma la mattina, al sorgere del sole, gli sguardi stanchi tradivano le difficoltà dei nostri sonni: 8/n
abbiamo fatto lo stesso sogno, ma nessuno lo intende allo stesso modo. Maestro, aiutaci a capire il messaggio del Padre”. “La parole del Padre, anche quando vengono di notte, portano sempre la verità. Perché dunque siete così sconvolti? Non dovete nascondervi dalla verità. 9/n
Ditemi, cosa avete sognato?” Giovanni riprende la parola: “Maestro, ci è apparsa una grande casa con molte stanze e una più grande delle altre, al cui interno si stagliava un altare enorme, circondato da dodici uomini. Una folla sterminata attendeva innanzi all’altare, 10/n
occupando tutta la casa e il terreno circostante. Uomini e donne diversi, con abiti lussuosi e anche vestiti di stracci; con la pelle bianca, nera e gialla; che parlavano lingue a noi ignote. Molti digiunavano, da settimane, e la loro pelle lasciava vedere le ossa del viso. 11/n
Altri si apprestavano a sacrificare mogli e figli, per benedire il tuo nome. Uomini giacevano a letto con altri uomini, abbracciati nel sudore dell’amplesso. Molti, senza timore di essere visti, uccidevano; altri ancora bestemmiavano, mentivano, tradivano, rubavano e 12/n
commettevano infiniti peccati. Di fronte a tanto spettacolo, i dodici uomini davanti al grande altare invocavano il tuo nome. Ma l’altare stava già bruciando, offeso da quella vista”. Nel rievocare il sogno, Giovanni – e con lui gli altri apostoli – piangeva impaurito. 13/n
Allora dissi: “Perché siete turbati? Non avete sentito invocare il mio nome? I dodici siete voi. Le genti sono la moltitudine confusa, tradita dall’interpretazione della Parola. Chi semina senza amore vede crescere alberi senza frutto. 14/n
e altri uomini si uniranno ai fornicatori e ai peccatori. Per liberarli, i sacerdoti invocheranno il sacrificio”. Sapevo che le mie parole non avrebbero diradato le nebbie che avvolgevano gli apostoli, né avrebbero affievolito il loro timore. Non gliene faccio una colpa: 15/n
l’animale domestico condivide il suo destino con la bestia da macello. Condannato alla convivenza con l’uomo, non può che vivere o morire per mano sua. La falsa libertà è la sua condanna, la prigionia il suo unico orizzonte. La loro cecità è colpa mia. 16/n
Ammorbato dall’amore per l’uomo, non ho avuto il coraggio di tagliare il ramo che nutre la fonte dell’errore. Il peccato non si cura con il sacrificio e i sacramenti non devono essere amministrati per mano dei sacerdoti. Ma come dire loro la verità? 17/n
Come chiedere di credere e agire senza pretendere di essere anche protagonisti dell’azione? La strada doveva essere percorsa insieme, fino al compimento della Parola. Ma così non sarà. Ora, davanti ai Sacerdoti che aspirano a giudicarmi, provo vergogna perché ho pensato: 18/n
“non devono più amarmi. Non devono credere in me. La loro venerazione deve essere combattuta”. Pronunciate queste parole, Pietro mi si avvicina, con il capo chino, dicendo: “Maestro, perché usi queste parole? Non ti siamo forse noi fedeli in tutto? 19/n
Abbiamo abbandonato le nostre case, messo in pericolo la nostra esistenza, per seguire il tuo insegnamento”. Accolgo il viso di Pietro tra le mani, forzandolo a guardarmi negli occhi, e rispondo: “Nessuna fonte, per quanto grande, può spegnere il fuoco dell’inferno. 20/n
Non c'è sorgente che possa dissetare tutta la città. Nessuna lampada può illuminare a giorno la notte. Voi cercate la verità dove vedete la luce, ma questa spesso illumina nei posti più bui.” Gli apostoli non potevano capire, i loro occhi erano ciechi e loro orecchie sorde. 21/n
Solo Giuda, in disparte, mi guardava con occhi senzienti. Lascio andare il viso di Pietro. La decisione è presa.
“Giuda, a te consegnerò il Verbo. Vieni con me”. Gli apostoli scrutavano Giuda stupefatti: perché lui? Non è certo il più colto tra noi, né il più devoto. 22/n
Non ha mai mostrato particolare fervore, né ha mai preso parte alle dispute per difendere il nome del Padre. Marco, seduto per terra nel duplice semicerchio formato dagli apostoli, si alza piedi tremante di rabbia: “Maestro! Noi siamo dodici e uguali di fronte a te. 23/n
La parola ci deve essere rivelata in modo che tutti sappiano ciò che sa l’altro; per esserti devoti, dobbiamo essere uguali nella diversità che ci separa da te, figlio dell’Uomo.” Forti della parole di Marco e timorosi del nuovo ruolo assegnato a Giuda, 24/n
gli apostoli invocano la comunità degli uguali, ma inutilmente. Nessuno, dico loro, è uguale nella relazione con il Verbo. E per questo il Padre ci ama singolarmente, nella nostra unicità, anche quando torneremo a lui. Indico a Giuda di seguirmi fuori. 25/n
“Maestro, dice Giuda, io non ho fatto lo stesso sogno dei miei fratelli. Nella mia visione, ero lapidato da loro. Mi perseguitavano. Anche io ho visto la casa, ma non riuscivo ad abbracciarne i confini con lo sguardo. Non c’erano stanze separate, ma un unico grande ambiente 26/n
con al centro lo stesso enorme altare apparso agli altri apostoli. L’altare era circondato dalle genti, ma nessuno commetteva atti illeciti o peccati. Tutti invocavano il tuo nome, ma non per chiedere aiuto. Al risveglio, ascoltati i sogni degli altri, 27/n
non ho avuto il coraggio di svelare il mio, per paura di essere considerato indegno. Cosa ho sognato, Maestro?” “Giuda, tu hai visto ciò che deve essere. Hai visto il Regno di Dio in terra, dove le genti non sacrificano altre genti. Porterai il messaggio? 28/n
Ma ti dico: il tuo nome sarà ricordato nell’ignominia”. Giuda ora mi guarda negli occhi, come nessuno è mai riuscito a fare. La mia scelta è giusta. “Maestro, ebbene, cosa devo fare? Chiami il mio nome per realizzare il Verbo: la mia scelta non può che essere una”. 29/n
La parola è stata pronunciata. “Tu sarai il Tredicesimo, perseguitato da tutte le generazioni. Ascolta, ora ti parlerò dei misteri del Regno.” Ho lasciato gli apostoli, soli come li ho trovati. Ora, davanti al Sinedrio, il disegno si compie. Finalmente sarò giudicato. 30/30
DA QUI IN SU, PROLOGO E PRIMO CAPITOLO. DOMANI CONTROLLO LIKE E RETWEET. SE PIACE, CONTINUO. HO CIRCA 100.000 CARATTERI DA TRASFORMARE IN THREAD. LO FACCIO SOLO SE VEDO CHE INTERESSA PERO'.
A DOMANI
#L'ALTRAPASSIONE
SECONDO CAPITOLO. Gerusalemme, Tempio, mese di Nisan, giovedì 6, 33 D.C., ore 24.00
#L’altrapassione
#Twitteratura
I giudici riuniti nel Tempio mi guardano con sprezzo e mi rivolgono domande che sanno essere senza risposta. Le accuse contro di me sono false, non servono per mandarmi a morte. Capiscono che devono essere giudici e testimoni dell’accusa allo stesso tempo, per condannarmi. 1/n
“Allora, sei tu il Cristo, il Figlio di Dio”? Chiede Caifa, in piedi con la barba bianca, indosso una tunica di lana finemente ricamata dai lunghi orli frangiati. Sulla fronte e sul braccio sinistro, piccoli astucci contenenti le scritture. 2/n
Gli altri componenti del Sinedrio siedono braccia conserte sui gradoni, dietro le sue spalle. “Voi stessi dite che lo sono”. Le mie parole sono bestemmia, i giudici ne sono ora testimoni. Ho detto che siederò alla destra della potenza. Ho scelto di infrangere le leggi 3/n
così, assolvendo i miei accusatori da ogni colpa. Sono condannato senza aver provocato dolore e senza aver indotto nel peccato. Prima di condannarmi per bestemmia, i giudici hanno ascoltato falsi testimoni le cui accuse non hanno potuto decretare la mia condanna a morte. 4/n
Le regole dell’uomo sono così fragili e la trasgressione vi sia adatta con facilità, solo che le circostanze si impongano: non due sedute distinte e non di giorno, come impone la legge, ma in un’unica seduta e con la luna alta nel cielo. Quanti privilegi per il Figlio di Dio! 5/n
La mia unicità si riflette anche nella mia condanna. Durante il giorno – con la folla al seguito – il mio arresto non sarebbe stato possibile. Proprio per questo sono sceso ai Getsemani la sera, dopo la cena con gli apostoli. La legge dell’uomo vieta che al reo 6/n
sia inflitta violenza, ma la mano dell’ufficiale di guardia si abbatte sul mio viso. Le porte del Tempio sono chiuse; nessuno può parlare in mia difesa, né sconfessare i falsi testimoni. Potrei protestare, ma non voglio. Ricordo che conoscendo gli apostoli ho 7/n
anche compreso l’amore del Padre per l’uomo; fino ad allora amavo il secondo solo attraverso il primo, per suo tramite. Non direttamente. Quell’amore transitivo era tuttavia così splendente da cancellare ogni dubbio. Come non amare chi è così tanto amato? Anche qui, davanti 8/n
alla condanna che mi attende, sono grato agli apostoli per avermi mostrato le ragioni che muovono l’atto divino. Il Padre è amore, eterno e immutabile; disposto a farsi Figlio e a patire la corruzione della carne e della morte, pronto a perdonare anche la bestemmia. 9/n
Ma la promessa della vita eterna chiede impegno per essere mantenuta. L’amore vuole libertà: l’uomo dovrà scegliere di amare il Padre, che non pretende nulla in cambio dell’amore che crea e diffonde, se non la libera volizione. La vita stessa è stata generata senza 10/n
domandare nulla, se non di amare il suo creatore. Il Verbo non poteva essere imposto, ma solo insegnato e scelto. Per adempiere la promessa, il Padre si è fatto uomo. Li ho sottoposti a molte e difficili prove. E altri prima di loro hanno dovuto abbandonare case 11/n
e famiglia, promettere la prole in sacrificio, spogliarsi di tutto, ripudiare la terra. Ma che altra via potevo percorrere? Come scegliere i dodici che avranno la responsabilità di diffondere la Parola del Padre? Come l’amore per il creatore 12/n
deve essere scelto, anche il ruolo di strumento del divino richiede il libero arbitrio. Sono stati al mio fianco mentre mostravo l’amore del Padre; guarivo malati, piegavo le leggi della natura, giocavo con la materia, il tempo e l’energia. Mentre attraversavo lo spazio 13/n
come loro varcano l’uscio di casa. Qui, hanno affrontato le prove che mi hanno svelato la natura umana. Questa è la verità che dovrei confessare al Sinedrio riunito. Inutilmente. Dovrei dire loro che, tra tutti, Giuda è il più bello. Tra i dodici, si riconosce come una 14/n
gemma in mezzo alle pietre di fiume. I capelli neri, mossi come quelli di una fanciulla. Le braccia forti a ornare un busto fiero; le spalle larghe e dritte. Il carattere rispecchia la maestà del corpo: Giuda è sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad andare via. 15/n
Se c’è un compito faticoso, Giuda è il primo a farsene carico. Senza boria, ma con candore. Il giusto vive il proprio destino con noncuranza. Gli altri apostoli non riuscivano a scacciare l’idea di essere indegni messaggeri del Padre. Perché – tra tanti uomini 16/n
toccati dalla Grazia – proprio loro erano stati scelti? Confusi da quella domanda, cercavano risposte ricorrendo alla seduzione, alla minaccia e alle convenienze per apparire i più zelanti. I più fedeli servi e interpreti della Parola del Padre. Tutto era diverso per Giuda. 17/n
Oltre a essere il più bello dei dodici – e il più generoso – egli mostrava di comprendere gli insegnamenti meglio di tutti gli altri. La promessa della vita eterna non lo ammaliava: era prima di ogni cosa e in ultima istanza un uomo giusto, per il quale la vita 18/n
e le parole del Cristo non erano che il naturale approdo da principi e convinzioni sempre praticate. Ma non per compiacere gli antenati, o per adempiere a qualche obbligo, o solo per apparire devoto alle Scritture. Piuttosto, gli era più faticoso fingere un’inesistente 19/n
sorpresa e negare l’evidente continuità tra la sua coscienza e il messaggio del Figlio, che accogliere la conferma a quanto aveva sempre pensato. Per i dodici, il comportamento di Giuda era inaccettabile. Leggevo nei loro occhi, senza che le parole osassero manifestarsi, 20/n
le domande: “chi sei tu per rifiutarci? Vuoi avere un rapporto privilegiato con il Cristo? Pretendi di comprendere, meglio di noi, le sue parole?” Guidati da quei pensieri, le loro azioni nei confronti di Giuda si facevano via via più ostili. Spesso mi rammarico del destino 21/n
che ho dovuto riservare a Giuda e al suo nome. Ma questi pensieri, per quanto veri, sono inutili. Ora, solo davanti ai miei accusatori, senza difesa, dubbi e incertezze non mi abbandonano. Caifa emette la sentenza e i farisei si scambiano cenni di assenso. 22/n
Non posso desiderare palcoscenico migliore. I giudici sono i miei migliori alleati. Pensando di difendere la tradizione, lavorano per il suo sovvertimento. Come tutti i potenti, sono spaventati dall’idea del cambiamento, che associano alla perdita dei loro privilegi. 23/n
Tra i giudici e gli apostoli non c’era, in fondo, grande differenza. Vivevano tutti nella paura e non si fidavano del futuro, temendo l’incertezza che lo scorrere delle cose porta sempre con sé. I primi cercavano conforto nelle sentenze contro chi turbava l’ordine, 24/n
che lasciavano poi eseguire all’autorità di Roma. I secondi si rifugiavano nella predicazione della Parola del Padre, dandone anche un’unica possibile interpretazione. Entrambi toglievano così la libertà ai loro simili.
L’inevitabile esito del processo convince i giudici 25/n
della bontà delle loro ragioni, ogni dubbio è fugato: il sacrilego che si equipara a Dio è qui solo e senza misericordia, neppure quella che si riserva agli assassini. Le guardie mi accompagnano alla cella, nell’attesa di incontrare il Prefetto di Roma, Ponzio Pilato. 26/n
Il giaciglio è duro e umido e il sonno si ferma alle porte del Tempio. 27/27
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