30 anni fa, il #20marzo 1991, uno dei giorni più bui della vita dell'Associazione Calcio Milan: si spengono un lampione del Vélodrome di Marsiglia e il lume della ragione di uno dei più importanti dirigenti italiani del dopoguerra: e rien ne va plus. Thread!
Sul Milan 1990-91 inizia a tirare una brutta aria già a novembre: nei minuti finali di un faticoso passaggio del turno contro il Bruges, Van Basten sbraccia maldestramente sullo zigomo di Pascal Plovie, rimediando il cartellino rosso e 4 giornate di squalifica.
Già derubato dal Benfica nella semifinale dell'anno prima, l'Olympique Marsiglia è un'ottima squadra. Lo dimostra palleggiando in faccia ai bicampioni uscenti e strappando a San Siro un meritato 1-1 che mette in discesa la partita di ritorno: a Gullit risponde Papin.
Tra andata e ritorno il direttore organizzativo Paolo Taveggia riceve una telefonata da Uli Hoeness, dg del Bayern: "Ti faccio questa confidenza perché siamo amici: mi ha chiamato Beckenbauer (direttore tecnico del Marsiglia, ormai in rotta con Tapie), e sai cosa mi ha detto?".
"Mi ha avvisato che a Marsiglia stanno preparando delle cose poco simpatiche per voi. C'è pericolo che in hotel il cibo destinato ai giocatori possa essere contaminato". Senza avvisare i giocatori ma solo Galliani, Taveggia cambia l'albergo a una settimana dalla partita.
Vigilia della gara, rifinitura al Vélodrome. Il clima ostile prosegue: passano lunghi minuti prima che il Milan possa finalmente ottenere i palloni per allenarsi. Taveggia nota uno strano traffichìo nel fossato che circonda il campo: inizialmente non dà peso alla cosa.
La partita è difficile come da pronostico, lo slancio vitale del Milan di Sacchi sembra essersi consumato in molti giocatori. Lo 0-0 regge per 75 minuti, poi la squadra si sbilancia e il fortissimo Chris Waddle segna un magnifico gol al volo che dà il via alle feste.
22:13. 90' appena passato: l'arbitro svedese Karlsson fischia per segnalare un fuorigioco di Waddle, ma i fotografi a bordo campo credono che sia il fischio finale. Sgangherata invasione di campo di un centinaio di persone, domata a fatica dall'arbitro.
22:15. Si riparte. Mentre Waddle sta correndo verso la porta, di colpo il riflettore a sinistra della tribuna principale si spegne. Karlsson fischia ancora: adesso è finita? No: nonostante il Vélodrome già stia ribollendo di gioia, è semplicemente il fischio di una sospensione.
La cosa non è chiara nemmeno ai giocatori, tanto che Gullit si è già tolto la maglia per scambiarsela con un avversario. Invece manca ancora qualche minuto. A lume di candela, Taveggia si precipita in campo per protestare con l'arbitro.
Il regolamento dice che la partita verrebbe ripetuta se la luce non tornasse entro 45 minuti. Ma il Milan con un piede e tre quarti nella fossa prova evidentemente a forzare la mano, tanto che vorrebbe rientrare negli spogliatoi: la botola del sottopassaggio, però, è chiusa.
Bagarre pura. Il Vélodrome urla e fischia, mentre i giocatori del Milan si dividono sul da farsi: tra i più convinti sostenitori della ritirata c'è Ruud Gullit, che intervistato in diretta su Italia 1 dice: "Se non si vede bene, non si può andare avanti".
In una penombra da quadro di Goya affiorano piccoli dettagli memorabili: per esempio, al suo esordio in Coppa Campioni, Sebastiano Rossi riceve un paio di sputi da Jean-Pierre Papin e reagisce con la sua proverbiale pacatezza romagnola.
Taveggia insiste con Karlsson per filarsela, ma l'arbitro resta lì, ripetendo che ci sono ancora tre minuti da giocare. Intanto dalla tribuna d'onore si scapicolla in campo Adriano Galliani. Brutta notizia: il riflettore si riaccende al 40%, ora si vede quasi perfettamente.
Galliani però ha istruito Franco Baresi all'amarissima lezione di far finta di non vederci: anche trent'anni dopo, lo spettacolo del Capitano che si indica gli occhi è sinceramente penoso. Cosa non si fa per la ragion di Stato.
Vista la mala parata, non appena vede Karlsson indicare il campo (segno che vuole riprendere, perché si vede), Galliani perde la testa e ordina la ritirata ingloriosa. "Via, via!".
La stessa scena dalla diretta della tv francese, che consente anche di apprezzare l'indimenticabile trench beige di colui che da quel momento in Francia soprannomineranno "Monsieur Lumière".
E dunque tutti a casa stile 8 settembre, la fine ingloriosa del Milan di Sacchi. Proprio Arrigo, seguito a breve distanza dal fido Ancelotti, sembra il più a disagio di tutti: gira al largo, in silenzio e a testa bassa, spaesato e consumato da questa serata balorda.
Constatato che si può vedere, Karlsson richiama in campo le squadre e riporta il pallone sul punto da cui Rossi dovrebbe battere la rimessa dal fondo. Ma Rossi non c'è, come tutto il Milan, rimasto a guardare all'imbocco del tunnel, come un voyeur in un armadio.
Nelle interviste della serata Galliani prosegue nella sua confusa strategia ancora per un po', annunciando un ricorso in tre punti all'UEFA per l'indomani. Poi, secondo le cronache, intorno all'una di notte riceve lo shampoo (si fa per dire) da Berlusconi, furibondo, al telefono.
La notte porta consiglio e già il giorno dopo il Milan prova a metterci più di una toppa, cospargendosi il capo di cenere in pubblica piazza. Valga per tutte la marcia indietro di Baresi, che dev'essersi vergognato come un ladro.
Non basterà. Una settimana dopo l'UEFA non si farà impietosire e infliggerà ai rossoneri la squalifica esemplare: un anno fuori dalle Coppe. Un digiuno che servirà al Milan per iniziare un altro ciclo straordinario, con Fabio Capello in panchina.
Dopo trent'anni manca ancora la risposta alla grande domanda: tutto fu fatto a insaputa di Berlusconi? C'è mistero persino su dove fosse il Cavaliere in quel momento: Corriere e Repubblica scrissero che si trovava nella sua residenza romana per motivi di lavoro...
...ma Berlusconi stesso disse alla Gazzetta che si trovava in realtà a Milano per un'improrogabile riunione dell'AMEF, la Finanziaria che controlla la maggioranza della Mondadori.
Poi, nel 2019, ormai fuori dai giochi rossoneri, Adriano Galliani ha dato una nuova versione dei fatti, circondata da un'aura mistica, leggermente paracula ma sinceramente divertente. "Questa è la verità che non ho mai raccontato, e adesso me ne vado".
Ma manca ancora un pezzo finale: come fece la luce a saltare di colpo proprio a un minuto dalla fine? Lo spiegò anni dopo Taveggia, in un'intervista a MilanNews: era stato un inserviente del Vélodrome a staccare la corrente. Vi ricordate il fossato del giorno prima?

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