Sinceramente non capisco perché vuoi scambiare quattro chiacchiere con me, Johannes.
Su Wikipedia ci sono poche righe sulla mia vita
e nessun ritratto o scultura che mi rappresenti.
A chi può interessare quello che ho fatto, come ho vissuto e come sono morto?
«Per me non esistono piccole storie.
Chuck Palahniuk ha scritto: “Scommetto che se tu dipingessi quello che hai nel cuore, finirebbe appeso in un museo”. Io ti dirò di più.
Se ognuno di noi potesse dipingere la propria vita, tutti i quadri finirebbero in un museo».
Prendo atto. Da dove cominciamo?
So che tempo fa hai parlato con mio padre, Pericle.
Per tre sere consecutive.
Certo, lui ha avuto una vita intensa, un grandissimo. Aveva certo molte cose da raccontarti.
«Sì, una bella discussione. E’ stato un grande e la sua morte ha coinciso con il declino di Atene.
In pratica la fine dell’età d’oro di Atene.
Un solo appunto.
Quando gli ho chiesto il nome di sua moglie, lui non se lo ricordava. Per caso tu ne sei a conoscenza?»
No, mi dispiace.
Mia madre non mi ha mai parlato della moglie di Pericle.Mia madre era il vero amore della sua vita, ma non era sua moglie, ma la sua amante.
Io ero il figlio illegittimo di Pericle.
Ad Atene dicevano che ero il figlio “bastardo”.
Mi chiamo Pericle il Giovane.
«Lo so. L’epidemia che scoppiò ad Atene si portò via non solo Pericle, ma anche sua moglie e i due figli legittimi, Peralo e Santippo.
Tu ti salvasti, ma prima di morire Pericle ottenne per te una cosa fondamentale.
Ti venne concessa una cosa importante».
Mia madre Aspasia era nata a Mileto e per una legge dello stesso Pericle era considerato cittadino ateniese solo chi era nato da genitori entrambi ateniesi.
E io non lo ero.
Concessero a mio padre d'iscrivermi nelle fratrie e così potei avere il suo nome.
«Qualcuno sostiene che Pericle estese la cittadinanza ateniese a tutti i figli illegittimi di Atene. Credo nel 430 a.C.
In realtà dopo la morte dei due figli, implorò il popolo di darti la cittadinanza.
Voleva avere almeno un discendente».
Per questo potei essere nominato ellenotamo.
Chi erano gli ellenotami?
Parlando con mio padre avevi accennato ai tributi versati dalle città che facevano parte della lega di Delo. Soldi custoditi inizialmente nell’isola sacra ad Apollo che mio padre trasferì poi ad Atene.
«Esatto. Gli ellenotami erano i dieci magistrati, uno per ogni tribù di Atene, che avevano l'incarico di ricevere i contributi di quelle città.
Di ricevere e custodire.
Senofonte la chiama "Ellenomieia.
La carica di ellenotamo, intendo».
E qui entra in ballo Alcibiade.
Potresti raccontare la sua storia, certo più interessante della mia. Comunque nel 406 a.C. Alcibiade, comandante supremo delle forze di terra e di mare, partì da Atene con 1500 opliti e una flotta di 100 navi. Destinazione Nozio.
«Alcibiade contro la flotta spartana.
Perse quella battaglia e tornato ad Atene venne rimosso dall'incarico e spedito in esilio.
Fu la tua fortuna perché tu prendesti il suo posto.
Uno dei dieci comandanti. Strateghi
Anche se quella sconfitta non era certo colpa di Alcibiade»
Prima della battaglia aveva lasciato il comando della flotta ad Antioco.
Invece di rimanere in attesa, come gli era stato ordinato, cercò di attirare gli spartani in una trappola. Strategia fallimentare e una sconfitta.
Che però causò la caduta di Alcibiade. E il suo esilio.
«E qui arriviamo alla battaglia delle Arginuse durante la Guerra del Peloponneso.
Erano otto i comandanti della flotta ateniese.
C’era Aristocrate, Aristogene, Diomedonte, Erasinide, Lisia, Protomaco, Trasillo e infine tu, Pericle il Giovane. Contro la flotta spartana».
Non farmici pensare. Conone, bloccato dalla flotta persiana, aveva chiesto aiuto ad Atene.
Riuscimmo a formare una flotta di 150 navi.
Per avere uomini sufficienti prendemmo la decisione di estendere la cittadinanza agli schiavi imbarcati come rematori.
«Fu una vittoria schiacciante per voi.
Poi quella decisione. Voi, otto strateghi, sareste andati a liberare Conone bloccato a Mitilene da 50 navi spartane.
I trierarchi Trasibulo e Teramene sarebbero rimasti indietro con 47 navi a recuperare i sopravvissuti».
Avevamo perso 25 navi che in seguito erano affondate. In mare, raccogliere naufraghi è un dovere. Come era un dovere per noi ateniesi recuperare i morti per dare loro una sepoltura pubblica.
Le cose andarono diversamente.
«Teramene e Trasibulo furono bloccati dal vento e da un violento temporale e non riuscirono a salvare quei 5.000 uomini.
Quando la notizia arrivò ad Atene foste esautorati e obbligati a tornare per essere processati.
Un processo agli otto comandanti».
Sei. Perché Aristogene e Protomaco nel frattempo erano fuggiti.
Solo noi sei arrivammo ad Atene davanti all’assemblea popolare. L’accusa era pesante.
Aver lasciato morire in mare tutti quegli uomini.
Ad accusarci c’era soprattutto un certo Callisseno.
«A dire il vero era stato sorteggiato anche Socrate quell’anno.
Lo storico Senofonte ha scritto che era inconcepibile che i reggitori della città fossero estratti a sorte.
Nessuno, per la sua nave, si avvarrebbe di un nocchiero scelto in questo modo».
Ma ad Atene si faceva così.
Arrivò in assemblea anche un tizio che diceva di essersi salvato sopra un barile.
Disse che gli altri lo avevano incaricato di tornare e comunicare al popolo che gli strateghi non avevano raccolto quelli che erano periti in difesa della patria.
«Un bugiardo. Ma il popolo, aizzato, ormai voleva la vostra morte. Non vi fu permesso nemmeno di difendervi separatamente e a chi si opponeva a questa irregolarità il popolo rispondeva che era cosa grave non permettere al popolo di fare quello che voleva».
Una bella lotta tra Teramene e Callisseno, sostenitori dell’autorità del popolo e chi sosteneva, Eurittolemo e Socrate, la sovranità della legge sulla volontà popolare. Quegli uomini vestiti di nero, presentati come parenti dei morti, non ci aiutò.
«I sei strateghi furono condannati a morte violando la legge di Atene che prevedeva di processarli singolarmente. Perché il popolo voleva così. Condannando a morte anche Pericle il Giovane, il figlio dell’uomo riconosciuto da tutti come il più grande statista ateniese».
Atene si pentì amaramente di quella sentenza.
Senza i suoi strateghi migliori subì una cocente sconfitta a Egospotami, nel 405.
Senza rifornimenti Atene capitolò dopo un anno di assedio.
Callisseno, il principale accusatore dei sei strateghi, odiato da tutti, morì di fame.
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Perché tutti conoscono Leonida mentre nessuno conosce il sottoscritto?
Perché tutti conoscono le sue gesta e nessuno le mie? Lo chiedi a me? Non so Johannes, me lo devi dire tu.
Tra l’altro, come hai raccontato, fu vera gloria quella del re spartano? O un sacrificio inutile?
«Sinceramente non lo so. Comunque conosciamo poco di te prima di quelle imprese.
Quel poco che sappiamo lo dobbiamo agli storici Diodoro e Plutarco. Provenivi da una nobile famiglia corinzia. Quindi un’infanzia agiata e tranquilla.
E poi la carriera militare».
Sì, nel 366 a.C. ero il secondo in comando di un esercito di 3.000 uomini. Avevo il compito di difendere l'istmo di Corinto.
C’era l’eventualità di un tentativo d'invadere il Peloponneso.
Poi lui decise di occupare l'Acrocorinto, l’acropoli di Corinto. Per diventarne il tiranno
Sì. Johannes, la frase «un’altra vittoria così sui Romani e sarò perduto» è mia.
Per vincere l’avevo vinta quella battaglia, ma quale prezzo. Una vittoria inutile.
Ero convinto che i Sanniti si sarebbero ribellati ai Romani.
O gli Etruschi, o i Latini almeno. Invece.
«Già. Credo tu stia parlando della battaglia del 279 a.C., quella di Ascoli Satriano nell’attuale provincia di Foggia. In realtà le tue perdite, 3.500, furono inferiori rispetto ai Romani dei consoli Publio Decio Mure e Publio Sulpicio Saverrione, che persero circa 6.000 uomini»
E’ vero, i loro caduti venivano però rimpiazzati alla svelta. Per me era più complicato farli arrivare dall’Epiro.
Per quello contavo sulla ribellione di quei popoli.
Da alleati le cose sarebbero andate diversamente.
La battaglia di Malevento avrebbe avuto ben altro esito.
Ho letto i giornali.
Il 18 febbraio 2021 alle 20:55 UTC, il Rover Perseverance, soprannominato Percy, è atterrato su Marte.
Non ho detto “ammartato” altrimenti li sentivi quelli della brigata dei Crusconi.
Come chi sono? L’Accademia della Crusca, perdinci.
Tutti a parlare e scrivere di Perseverance.
Eppure su Marte non ci sarebbe mai arrivato senza il suo contributo. Quello del razzo Atlas V, intendo.
E quindi senza il mio contributo.
Mio e di lei, soprattutto.
Senza di noi, niente Marte.
Non sono stato il primo, e nemmeno il più importante, ma nella conquista dello spazio mediante razzi propulsori un pochino di merito è anche mio. Chi ha iniziato?
Bisogna andare indietro nel tempo, quando la conquista si fermava all’aria. Alle rondini volanti dei bambini di Rodi
Cosa darei per vincere questo torneo? C’è gente che sarebbe disposta a tutto anche solo per essere presente come spettatore, figuriamoci come protagonista in campo. Dicono che non posso vincere. Sono d'accordo.
In conferenza stampa ho detto che «Darei una mano pur di farcela».
C’è sempre dell’ansia prima di entrare in campo.
Ci si veste, poi i soliti riti scaramantici, e infine qualche minuto seduto in attesa della chiamata.
Tra poco sfiderò in finale, sul manto erboso del Centre Court di Wimbledon, il vincitore dell’anno scorso.
Numero uno al mondo
Non ci sopportiamo. Vecchia ruggine per questioni di patriottismo.
Non avendo risposto a una chiamata della nazionale per giocare delle amichevoli lo avevo definito “antipatriottico”. Una causa di risarcimento in corso. Siamo diversi. Non solo per il colore della pelle.
«Dopo 2 thread (bit.ly/301WVoL e bit.ly/2OcUuNj ), caro Pericle, riprendiamo dalle opere da te realizzate.
Non avevi soldi. Però avevi i tributi dalle città che facevano parte della lega di Delo.
Soldi custoditi nell’isola sacra ad Apollo.
Ti venne un’idea».
Vero. I soldi erano custoditi nell’isola di Delo.
Pensai di trasferire quei soldi ad Atene, sotto il mio controllo. Usai quel denaro anche per completare i circa sei chilometri di mura che dalla città arrivavano a inglobare il vecchio porto del Falero e il nuovo porto del Pireo.
«Ma come sempre accade, anche ai migliori politici, il consenso cominciò a calare.
E quando cala il consenso…
I tuoi avversari passarono al contrattacco.
Cominciarono accusando il tuo amico Anassagora.
Solo per aver formulato ipotesi sul moto dei corpi celesti».
«Salve Pericle, ci sei? Sono Johannes.
Eravamo rimasti (qui ieri bit.ly/301WVoL ) alla tua rivalità con Cimone.
Tu che facevi parte della famiglia degli Alcmeonidi, lui della famiglia rivale dei Filaidi, famiglie ateniesi potenti e aristocratiche. Continua pure».
Ieri hai detto che Cimone aiutava il popolo.
Io non ero da meno.
Lo sapevi che i teatri erano pieni di gente povera?
E secondo te chi pagava loro il biglietto? Il sottoscritto.
Non solo.
Davo pure soldi a quelli che facevano parte delle giurie nei tribunali popolari.
«Peccato che, a differenza di Cimone, non fossero soldi tuoi.
Prelevavi il tutto dalle casse dello Stato.
E con quello compravi il consenso popolare.
Al popolo il superfluo dà più piacere del necessario, ripetevi a ogni occasione.
Ecco il perché del biglietto a teatro».