Lo sapevo che prima o poi sarebbe toccato a me, uno dei matematici più celebri al mondo. Non solo. Filosofo, fisico, astronomo e inventore.
Ti ringrazio Johannes per avermi interpellato.
Da dove vuoi cominciare? Dall’inizio?
Sono nato nel 287 a.C. nella città di Siracusa.
«Lo so dove sei nato Archimede.
E so anche che durante la tua vita ti sei occupato di matematica, geometria, piana e solida.
E poi di astronomia, di ottica, di meccanica, d’idrostatica.
Ma ti ho interpellato per un’altra cosa.
Vorrei parlare con te di…»
Lo so. Lo so. Vuoi che ti racconti la mia infanzia ad Alessandria, capitale culturale del mondo ellenistico. Andai lì per i miei studi di matematica, ma i miei interessi spaziavano dalla musica alla politica, dalla poesia all’astronomia, e poi l’arte e le tattiche militari.
«Sappiamo tutto di quel periodo.
Hai stretto amicizia con il matematico e astronomo Conone di Samo.
Tenevi una fitta corrispondenza con i più grandi scienziati di Alessandria, tra cui Eratostene.
Ma non voglio parlare di te.
A me interessa parlare di Siracusa».
Della città? Sinceramente non capisco.
Hai di fronte a te il più grande matematico, fisico e inventore siceliota e invece di parlare dei suoi successi vuoi parlare della città di Siracusa?
Con Nerone, Caligola e compagnia cantante non hai chiesto di parlare di Roma.
«Hai ragione. Ma quando Siracusa era la più grande e ricca città d’Europa, Roma costruiva le prime case in muratura.
Nel IV secolo Babilonia era in decadenza, Atene oltre all’Acropoli era poco più di un borgo, Siracusa era la seconda città al mondo per superficie e abitanti».
E’ vero. La prima città era Pataliputra, capitale del regno di Magadha sul Gange. Aveva 500.000 abitanti. Siracusa, seconda, ne aveva 400.000 in un’area di quattordici chilometri quadrati entro mura senza uguali.
Prima al mondo per bellezza, civiltà e felicità di vita.
«Era stata fondata nel 734°.C. da un centinaio di profughi provenienti da Tenea, vicino Corinto, che viveva in quel momento un eccessivo incremento demografico.
Al comando di Archia approdarono alla foce del fiume Anapo.
Un luogo magico con quella roccia bianca e solidissima».
Era il primo stanziamento greco in Italia.
Occuparono l’isola di Ortigia chiamata così per gli stormi di quaglie (ortix).
Un paradiso difendibile da ogni parte.
Da Corinto arrivarono altri profughi.
E poi il primo tempio dedicato ad Artemide. Cinquant’anni, ed era già città.
«Siracusa fu chiamata Pentapoli perché composta da 5 quartieri. L'isola di Ortigia, l'Akradina, la Tiche, la Neapolis e l'Epipo.E poi le latomie, che non erano solo estese cave di pietra, ma un sogno, straordinarie per vastità e bellezza. Sembravano tutto fuorché cave di pietra».
E da quel sogno fu estratto il materiale per costruire case, templi, palazzi, terme, circhi, teatri e ville.
Cinque latomie cinque nomi diversi.
Paradiso, pietra bianca e rosa rastremata di verde. Intagliatella, ricamata dal vento.
Santa Venera, dei Cappuccini e poi Casale.
«Una pietra bianca inesauribile.
Siracusa non fu mai una città mediocre.
Ebbe il massimo splendore con Gelone, nel V secolo a.C. E poi con Ierone I e persino con il tiranno Dionisio. Tutti volevano venire a Siracusa.
Architetti, letterati, artisti, filosofi, matematici».
Ci venne Platone ed Eschilo, come consulente dei costruttori. Per l’immenso teatro, 134 metri di diametro, che ancora oggi sbalordisce per la perfezione tecnica e architettonica.
Un’acustica perfetta grazie alla vicinanza della grotta Orecchio di Dionisio.
«Dai barbari al nord, alle prime case in pietra di Roma, Siracusa aveva invece un fascino da mozzare il fiato. Tutto era stato costruito in modo scientifico e spettacolare. Persino le fortificazioni.
Come il Castello Eurialo con un sacco di elementi strategici ingegnosi».
Come le gallerie per spostarsi da una parte all’altra. Aveva difese formidabili. Malgrado i tentativi di Greci, Cartaginesi, Etruschi, e altri popoli, Siracusa non venne mai espugnata.
Nel 212 a.C battuti su tutti i fronti, i romani ricorsero alla frode e alla corruzione.
«Ventisette chilometri di mura.
Da nord fino alla foce dell’Anapo.
Una città completamente autosufficiente.
Con la pesca, grazie a un sistema di reti e trappole. Con le culture di cereali e legumi.
E poi il miele, frutta e olio.
Allevamenti di pecore e maiali».
Già. Le mura. E il castello.
Non tutti sanno che nel 1907 il Kaiser Guglielmo II lo fece studiare, non certo per fini culturali.
E anche i costruttori della linea Maginot gli diedero un’occhiata.
Un capolavoro di difesa tutto trappole.
E labirinti, anfratti, cunicoli.
«Siracusa visse per cinque secoli una meravigliosa avventura storica. Prima di Roma.
Una città greca fuori dai confini della penisola ellenica, in una posizione straordinaria benedetta dal clima. Non ci fu una città più ricca.
Non solo grazie alle classi aristocratiche».
Aveva un alto tenore di vita la borghesia, ma anche il proletariato.
C’erano gli schiavi, è vero, ma non erano trattati da schiavi. Avevano leggi che li proteggevano.
Ed erano una minoranza.
Siracusa era anche un città straordinariamente colta.
«E straordinariamente bella, artistica e opulenta. Grande nella scienza, grazie a te Archimede, e nell’architettura, nella scultura, nel mosaico, nel teatro, nella musica. Nelle meravigliose monete.
Una città che apprezzò la vita.
Parliamo della gastronomia e dell’enologia?»
Quello sì, ne parlo volentieri.
Entro le mura si coltivava il grano “durum”.
Facevamo ogni tipo di pane e pasta, persino qualcosa che somigliava agli spaghetti e alle lasagne.
A Siracusa nacque la prima scuola professionale di cucina. E i primi rinomati cuochi.
«Io sono astemio, ma ho letto che il vino era buonissimo. Credo che il Pollio, oggi moscato di Siracusa, aromatico e profumatissimo, derivi da vitigni originali.
E poi il pesce, il tonno, i molluschi. Insomma.
Gli abitanti di Siracusa erano molto fortunati.
E molto felici».
Tutto ebbe termine quando Roma, non ancora imperiale, volle espandersi.
E il senato giurò di distruggerla per i suoi rapporti con Cartagine. Un anno durò l’assedio.
Un disastro per i romani.
Con la flotta distrutta dalle catapulte e dagli specchi astori. Tutta roba mia.
«Allora, quando Marcello finse la ritirata, a Siracusa iniziarono i festeggiamenti.
Non si sa chi aprì la Porta Scea.
Forse dei traditori comprati.
I romani invasero tutti i quartieri.
Roma, non ancora maestra di civiltà, depredò Siracusa. E piano piano Siracusa si spopolò».
Essendo il vinto più civile del vincitore, quelli rimasti si rifiutarono di romanizzarsi non adottando mail il latino.
Assimilati alle altre genti del Meridione.
Povere, smembrate, offese e rapinate.

Scusa Johannes, dove vai. Ehi, torna indietro.
E la mia storia?

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24 Mar
Odio essere chiamato Caligola.
Mi chiamo Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico.
Te lo ripeto Johannes, dato che alla tua veneranda età stai perdendo colpi.
Mi chiamo Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico.
Gaio Cesare una volta diventato Imperatore.
O anche solo Gaio. Chiaro?
«Scusa Cal…ops Gaio. Datti una calmata, perché ti alteri? D’altronde le fonti storiografiche sono scarse. Una delle poche cose certe è il perché ti chiamavano Cal…quella roba lì, insomma. Eri piccolo e giravi nell’accampamento di tuo padre indossando quelle calzature».
Ricordo. I soldati di mio padre indossavano le caligae. Essendo le mie molto piccole le chiamavano col diminutivo di caligulae.
Sono cresciuto tra i soldati che scherzando mi chiamavano in quel modo.
Però odiavo quel soprannome.
E lo odio tutt’oggi. Quindi regolati.
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22 Mar
Perché tutti conoscono Leonida mentre nessuno conosce il sottoscritto?
Perché tutti conoscono le sue gesta e nessuno le mie? Lo chiedi a me? Non so Johannes, me lo devi dire tu.
Tra l’altro, come hai raccontato, fu vera gloria quella del re spartano? O un sacrificio inutile?
«Sinceramente non lo so. Comunque conosciamo poco di te prima di quelle imprese.
Quel poco che sappiamo lo dobbiamo agli storici Diodoro e Plutarco. Provenivi da una nobile famiglia corinzia. Quindi un’infanzia agiata e tranquilla.
E poi la carriera militare».
Sì, nel 366 a.C. ero il secondo in comando di un esercito di 3.000 uomini. Avevo il compito di difendere l'istmo di Corinto.
C’era l’eventualità di un tentativo d'invadere il Peloponneso.
Poi lui decise di occupare l'Acrocorinto, l’acropoli di Corinto. Per diventarne il tiranno
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20 Mar
Sinceramente non capisco perché vuoi scambiare quattro chiacchiere con me, Johannes.
Su Wikipedia ci sono poche righe sulla mia vita
e nessun ritratto o scultura che mi rappresenti.
A chi può interessare quello che ho fatto, come ho vissuto e come sono morto?
«Per me non esistono piccole storie.
Chuck Palahniuk ha scritto: “Scommetto che se tu dipingessi quello che hai nel cuore, finirebbe appeso in un museo”. Io ti dirò di più.
Se ognuno di noi potesse dipingere la propria vita, tutti i quadri finirebbero in un museo».
Prendo atto. Da dove cominciamo?
So che tempo fa hai parlato con mio padre, Pericle.
Per tre sere consecutive.
Certo, lui ha avuto una vita intensa, un grandissimo. Aveva certo molte cose da raccontarti.
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16 Mar
Sì. Johannes, la frase «un’altra vittoria così sui Romani e sarò perduto» è mia.
Per vincere l’avevo vinta quella battaglia, ma quale prezzo. Una vittoria inutile.
Ero convinto che i Sanniti si sarebbero ribellati ai Romani.
O gli Etruschi, o i Latini almeno. Invece.
«Già. Credo tu stia parlando della battaglia del 279 a.C., quella di Ascoli Satriano nell’attuale provincia di Foggia. In realtà le tue perdite, 3.500, furono inferiori rispetto ai Romani dei consoli Publio Decio Mure e Publio Sulpicio Saverrione, che persero circa 6.000 uomini»
E’ vero, i loro caduti venivano però rimpiazzati alla svelta. Per me era più complicato farli arrivare dall’Epiro.
Per quello contavo sulla ribellione di quei popoli.
Da alleati le cose sarebbero andate diversamente.
La battaglia di Malevento avrebbe avuto ben altro esito.
Read 25 tweets
12 Mar
Ho letto i giornali.
Il 18 febbraio 2021 alle 20:55 UTC, il Rover Perseverance, soprannominato Percy, è atterrato su Marte.
Non ho detto “ammartato” altrimenti li sentivi quelli della brigata dei Crusconi.
Come chi sono? L’Accademia della Crusca, perdinci.
Tutti a parlare e scrivere di Perseverance.
Eppure su Marte non ci sarebbe mai arrivato senza il suo contributo. Quello del razzo Atlas V, intendo.
E quindi senza il mio contributo.
Mio e di lei, soprattutto.
Senza di noi, niente Marte.
Non sono stato il primo, e nemmeno il più importante, ma nella conquista dello spazio mediante razzi propulsori un pochino di merito è anche mio. Chi ha iniziato?
Bisogna andare indietro nel tempo, quando la conquista si fermava all’aria. Alle rondini volanti dei bambini di Rodi
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7 Mar
Cosa darei per vincere questo torneo? C’è gente che sarebbe disposta a tutto anche solo per essere presente come spettatore, figuriamoci come protagonista in campo. Dicono che non posso vincere. Sono d'accordo.
In conferenza stampa ho detto che «Darei una mano pur di farcela».
C’è sempre dell’ansia prima di entrare in campo.
Ci si veste, poi i soliti riti scaramantici, e infine qualche minuto seduto in attesa della chiamata.
Tra poco sfiderò in finale, sul manto erboso del Centre Court di Wimbledon, il vincitore dell’anno scorso.
Numero uno al mondo
Non ci sopportiamo. Vecchia ruggine per questioni di patriottismo.
Non avendo risposto a una chiamata della nazionale per giocare delle amichevoli lo avevo definito “antipatriottico”. Una causa di risarcimento in corso. Siamo diversi. Non solo per il colore della pelle.
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