Thread by @a_a_f_t

1 di 16. Mi chiamo Valentin Vasil'evič Bondarenko. Sono nato in Ucraina. Sono un pilota di caccia, ho ventitré anni appena compiuti, sono sposato e ho un bambino piccolo. Mi piace cantare e giocare a tennis.

2. Sono il più giovane nel primo gruppo di cosmonauti selezionati dall’Unione Sovietica. Ho un carattere mite e la faccia da bambino, gli altri cosmonauti più grandi di me mi hanno preso in simpatia e mi hanno adottato come la mascotte del gruppo.

3. Sono stato selezionato per fare un difficile test di preparazione al volo spaziale: la camera del silenzio. Voi la chiamereste la camera di deprivazione sensoriale.

4. Devo stare per un periodo di tempo a me sconosciuto in una camera iperbarica che è completamente isolata da suoni e vibrazioni provenienti dall’esterno e in cui la luce e il buo si alternano al ritmo accelerato che troverò nello spazio.

5. Nella camera ci sono soltanto un letto di ferro, un tavolino, una poltrona, un bagno e un fornello elettrico. Comunico con i medici attraverso una telescrivente.

6. È il 23 marzo 1962. Sono passati dieci giorni dall’inizio dell’isolamento. I medici hanno ridotto la pressione in camera per mettere alla prova i miei riflessi in condizioni di stress.

7. Finito l’esperimento, posso togliere i sensori dal mio corpo mentre i medici aumentano la percentuale di ossigeno nella camera fino al 50%. Mi pulisco con un batuffolo di cotone e lo getto via distrattamente.

8. Il cotone finisce sul fornello elettrico e prende fuoco all’istante. Cerco di spegnerlo con la manica della tuta, che però è di lana e prende fuoco anch’essa. I medici cercano di aprire la porta, ma la differenza di pressione la tiene bloccata con una forza sovrumana.

9. Ci vuole quasi mezz’ora per ripristinare la pressione e aprire la porta e nel frattempo io continuo a bruciare. Quando finalmente il medico riesce a entrare, ho ustioni di terzo grado su quasi tutto il corpo, non ho più gli occhi e i capelli, ma sono ancora cosciente.

10. Non faccio che ripetere “Colpa mia! Colpa mia! Non incolpate nessun altro!”, perché so che cosa succede in Unione Sovietica quando si cerca un capro espiatorio.

11. Mi caricano su un’ambulanza e mi portano all’ospedale Botkin. Continuo a essere cosciente e a gemere per il dolore. L’unica parte del mio corpo non bruciata che trova il dottor Golyakhovskij per iniettarmi della morfina sono le piante dei piedi, protette dagli stivali.

12. I miei capi hanno dato all’ospedale un nome falso e hanno tenuta nascosta la natura della mia missione, ma il medico capisce che c’è qualcosa di strano, perché il telefono suona in continuazione e sono sempre alti ufficiali a chiedere delle mie condizioni.

13. Ai miei compagni non viene detto nulla per non turbare i preparativi del mio amico Yuri Gagarin, che fra pochi giorni sarà il primo di noi ad andare nello spazio.
Ufficialmente sono morto in un incidente aereo.

14. Vengo decorato alla memoria con l’ordine della Stella Rossa, ma mi cancellano dall’elenco e dalla foto ufficiale dei primi sei cosmonauti selezionati da Mosca. ìIl mio nome non comparirà nella targa che nel 1971 sarà collocata sulla Luna per ricordare le vittime dello spazio.

15. La notizia della mia morte comincerà a trapelare all’inizio degli anni Ottanta e solo nel 1986, in occasione dei venticinque anni dal volo di Yuri, il giornalista Jaroslav Golovanov parlerà di me su Izvestija. C’è voluto del tempo, ma sono finito su un quotidiano importante.

16. Nel 1991 l’Unione Astronomica Internazionale mi dedicherà un piccolo cratere sulla Luna. Quando celebrate gli astronauti che hanno fatto la storia dell’esplorazione spaziale, ricordatevi anche di me.

Ho tratto buona parte delle informazioni presenti in questo post dal bel libro di Luca Boschini “Il mistero dei cosmonauti perduti”
cicap.org/new/prodotto.p…

1961, non 1962. Chiedo scusa per l'errore di battitura.