Scusa Johannes. Hai parlato con Nerone prima e con Caligola poi. E io chi sono? Sono forse un Imperatore minore rispetto agli altri?
Faccio parte anch’io della dinastia giulio-claudia e quindi non capisco perché non hai ancora raccontato la mia storia.
«Niente di personale Claudio.
Ti volevo lasciare per ultimo perché sei la dimostrazione che dare giudizi su una persona senza conoscerla a volte è sbagliato.
Che non si giudica qualcuno solo dal curriculum o dal titolo di studio.
E nemmeno dal numero di follower».
Questo è vero. Nessuno mi considerava.
Essere insignificante, balbuziente e claudicante, anche se unico maschio adulto della dinastia giulio-claudia, ero stato messo in disparte.
Deriso e sbeffeggiato da mio nipote Caligola.
A proposito. Cosa diavolo sono i follower?
«Follower tradotto significa seguace, discepolo.
In realtà è solo colui che si registra sulla pagina di un altro utente per visualizzarne i messaggi.
Uno che ti segue insomma.
Tutto qui. Anche se qualcuno pretende di avere ragione solo per il fatto di avere più follower».
Accidente che gente strana che siete.
Comunque quando sono stato nominato Imperatore di seguaci, follower, quella roba lì insomma, non ne avevo nemmeno uno.
Il mio predecessore ne aveva parecchi, ma questo non gli aveva impedito di fare una brutta fine.
«Ripercorriamolo quel giorno.
Caligola ne stava combinando di tutti i colori.
Ormai uccideva per divertimento.
Aveva aumentato a dismisura le tasse e chi protestava aveva vita breve. I pretoriani erano stanchi.
Il rischio di diventare prima o poi sue vittime era molto alto».
Organizzarono così una congiura capeggiata da Cassio Cherea, da Cornelio Sabino, dal liberto Callisto e dal prefetto del pretorio Arrecino Clemente.
Un oracolo lo aveva avvertito di stare attento a un certo Cassio e lui aveva ucciso il primo Cassio che gli era venuto in mente.
«Sì, il povero Gaio Cassio Longino.
Ma non era il Cassio che stava congiurando contro di lui.
Era il 24 gennaio del 41 quando all’uscita di un tunnel venne pugnalato a morte dai pretoriani. Dimmi.
Che diavolo ci facevi nascosto dietro una tenda dopo l’uccisione di Caligola?»
Semplice. Stavo giocando a nascondino.
E tu saresti quello sveglio? Ma che razza di domande fai?
Avevo saputo dell’uccisione di mio nipote e me la stavo facendo sotto.
I pretoriani mi trovarono dietro una tenda che stavo tremando come una foglia.
Ormai rassegnato a morire.
«Invece le cose andarono diversamente.
Tu, nato a Lione in Gallia col nome di Tiberio Claudio Druso, tenuto lontano dalla vita pubblica per oltre cinquant’anni e sopravvissuto a tutte le purghe, fosti nominato Imperatore proprio dai pretoriani».
Sì, dietro il pagamento di 15.000 sesterzi a ogni pretoriano che mi prestava giuramento.
E così a cinquantuno anni mi ritrovai Imperatore, per la prima volta acclamato e nominato da un corpo militare.
Incredibile, visto come mi avevano trattato fino ad allora.
«Vero.
Augusto ti considerava talmente poco da non inserirti tra gli eredi principali.
Tua madre Antonia diceva che eri un mostro e uno stupido.
Tua nonna Livia Drusilla ti trattava malamente.
Tua sorella Claudia Livilla ti considerava indegno di diventare Imperatore».
Che avrei dovuto fare?
Privo di cariche pubbliche mi ritirai a vita privata gettando tutte le mie energie nello studio. Amavo la storia. Hai letto i libri che ho scritto sugli Etruschi? E su Cartagine? Il trattato sull’alfabeto? Sul gioco dei dadi? Non dirmi che non li hai letti
«Li avrei letti volentieri, ma sono andati perduti. Piuttosto ricordo che in quel periodo sposasti Plauzia Urgulanilla, per poi divorziare e sposare Elia Petina da cui divorziasti nel 31 per sposare poi Valeria Messalina, figlia di una tua cugina».
Vero. Da lei ho avuto due figli, Ottavia e Britannico.
Ma non sopportavo la condotta piuttosto scandalosa. Potevo sopportare che lei si facesse vedere in giro col suo amante, Gaio Silio, ma inscenare un matrimonio con lui mai.
Feci uccidere entrambi.
«Ricordo di aver letto cosa disse il tribuno mentre la uccideva.
"Se la tua morte sarà pianta da tutti i tuoi amanti, allora piangerà mezza Roma!".
Dopo di lei giurasti che mai e poi avresti spostato un’altra donna.
“Nel caso uccidetemi”, dicesti ai senatori».
Lasciamo perdere.
Comunque sono stato un buon imperatore. Quando vennero al mio cospetto i contadini marsicani lamentandosi dalle inondazioni e dalle malsane secche causate del lago Fucino, decisi di prosciugarlo, costruendo quelli che voi chiamate i Cunicoli di Claudio.
«Una grandiosa opera idraulica.
La più lunga galleria realizzata che venne superata solo nel 1871 dal traforo ferroviario del Frejus.
Con la caduta dell'impero romano i canali, senza manutenzione, si ostruirono.
Poi nel 1854 il banchiere Alessandro Torlonia ripristinò tutto».
Non solo. Ho fatto leggi in favore degli schiavi e riformato la giustizia. Censito 6.000.000 di cittadini e istituito corpi dei vigili del fuoco. Costruito case, strade e fontane. Un nuovo porto. E l’acquedotto Claudio. Lungo quasi 70 km portava l’acqua fino alla piscina limaria
«In realtà l’aveva iniziato l’Imperatore Caligola nel 38 d.C. Comunque è vero. Anche quella un’opera grandiosa.
Come l’altro acquedotto, l’Anio Novus voluto anch’esso da Caligola e terminato da te.
Le sorgenti si trovavano presso l’alta valle dell’Aniene, da qui il nome».
Vorrei essere ricordato per il discorso che tenni al Senato nel 48 d.C.
In quel discorso dissi ai senatori che bisognava ritornare alle origini.
A una Roma città aperta.
Proposi una legge per concedere il diritto a ricoprire cariche politiche ai cittadini Romani della Gallia.
«Una parte di quello storico discorso lo si può leggere sulla Tavola ritrovata a Lione nel 1528.
Parlasti dei tuoi antenati e di come avessero accettato gli stranieri.
Dei sette re di Roma tre erano Etruschi.
Di come Atene e Sparta fossero cadute proprio per la loro chiusura».
Non ci voleva un genio per capire che la grandezza di Roma era dovuta all’integrazione dei popoli vicini.
Lo aveva capito fin da subito Romolo.
Al posto di Giorgio III avrei accettato George Washington nella Camera dei Lord e le cose forse sarebbero andate diversamente.
«Forse.
Dai, possiamo dire che in fondo sei stato un buon Imperatore. Niente male per uno con zero follower. Purtroppo non siamo riusciti a raccontare tutto di te. Ho previsto un incontro anche con la tua quarta moglie, Agrippina, e magari parleremo ancora di te».
Cosa? Vado via perché dell’Agrippina non ne voglio sentir parlare.
Dopo la terza moglie avevo chiesto al Senato di uccidermi se mi fossi sposato di nuovo.
Dopo averla incontrata chiesi allo stesso Senato di fare una legge per obbligarmi a sposarla.
Ah, se avessi saputo!
• • •
Missing some Tweet in this thread? You can try to
force a refresh
Che ci faccio in questo luogo di dolore?
La logica conclusione, caro Johannes, dopo una vita passata a lottare contro i mulini a vento. Perché nessuno mi vuole dare retta? So di aver ragione, ne sono certo. Sto impazzendo per questa cosa.
Perché mi hanno rinchiuso in manicomio?
«Converrai che la situazione ormai era critica.
I tuoi familiari non avevano scelta.
Ti sei messo a distribuire volantini con accuse ai tuoi colleghi un tantinello eccessivi, non credi?
Li hai definiti assassini.
Un modo strano per farti ascoltare».
Sono assassini.
Scrivi. Oggi, 13 agosto 1865, nel letto di un manicomio, Ignác Fülöp Semmelweis dichiara che quei medici sono assassini.
Senti Johannes.
Ci siamo presentati con una stretta di mano.
Hai lavato le mani prima, vero?
In questi giorni avrei dovuto festeggiare il mio trentesimo compleanno. Peccato.
Oggi, 2 aprile, è comunque una data importante.
Certo, non come un compleanno, sapete, quella cosa con torta e candeline.
Oggi, 2 aprile, sono nove anni esatti che sono morta.
Niente torta di compleanno e niente fiori al mio funerale. Non doveva andare così, non è giusto.
Come non è giusto essere costretti a lasciare la propria terra alla ricerca di un sogno.
Il mio? Una lunga storia. Iniziata con uno sparo in un giorno d’agosto del 2008.
Uno sparo. E poi avevo sentito solo l’urlo della folla.
Non avevo nemmeno lasciato i blocchi che le altre erano già lontane.
Ed ero ancora in curva quando loro già riposavano dopo il traguardo.
Io ultima, anzi, ultimissima.
Eppure negli ultimi 50 metri era accaduto qualcosa.
Il 25 marzo scorso Venezia ha compiuto 1600 anni.
La sua nascita viene raccontata in “Chronaca Altinate”, anche se la data non è storicamente provata.
Ma non è importante per l’impresa che sto per raccontarvi.
Una delle più grandi di Venezia, forse la meno conosciuta.
Era il dieci dicembre del 1438.
Un rumore sordo tra i boschi del Trentino con i taglialegna che stanno avanzando, senza conoscere ostacoli. Gli alberi che cadono uno dietro l'altro.
Cosa sta accadendo? Di cosa stiamo parlando?
Per comprenderlo, dobbiamo fare un passo indietro.
Al 1410, quando la Repubblica di Venezia sa di essere una potenza nel mare (Stato da Mar), ma comprende anche che l’impero bizantino prima o poi cadrà sotto le lame degli Ottomani.
Ha un sacco di interessi commerciali e monetari in Oriente e appoggia la resistenza bizantina.
Lo sapevo che prima o poi sarebbe toccato a me, uno dei matematici più celebri al mondo. Non solo. Filosofo, fisico, astronomo e inventore.
Ti ringrazio Johannes per avermi interpellato.
Da dove vuoi cominciare? Dall’inizio?
Sono nato nel 287 a.C. nella città di Siracusa.
«Lo so dove sei nato Archimede.
E so anche che durante la tua vita ti sei occupato di matematica, geometria, piana e solida.
E poi di astronomia, di ottica, di meccanica, d’idrostatica.
Ma ti ho interpellato per un’altra cosa.
Vorrei parlare con te di…»
Lo so. Lo so. Vuoi che ti racconti la mia infanzia ad Alessandria, capitale culturale del mondo ellenistico. Andai lì per i miei studi di matematica, ma i miei interessi spaziavano dalla musica alla politica, dalla poesia all’astronomia, e poi l’arte e le tattiche militari.
Odio essere chiamato Caligola.
Mi chiamo Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico.
Te lo ripeto Johannes, dato che alla tua veneranda età stai perdendo colpi.
Mi chiamo Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico.
Gaio Cesare una volta diventato Imperatore.
O anche solo Gaio. Chiaro?
«Scusa Cal…ops Gaio. Datti una calmata, perché ti alteri? D’altronde le fonti storiografiche sono scarse. Una delle poche cose certe è il perché ti chiamavano Cal…quella roba lì, insomma. Eri piccolo e giravi nell’accampamento di tuo padre indossando quelle calzature».
Ricordo. I soldati di mio padre indossavano le caligae. Essendo le mie molto piccole le chiamavano col diminutivo di caligulae.
Sono cresciuto tra i soldati che scherzando mi chiamavano in quel modo.
Però odiavo quel soprannome.
E lo odio tutt’oggi. Quindi regolati.
Perché tutti conoscono Leonida mentre nessuno conosce il sottoscritto?
Perché tutti conoscono le sue gesta e nessuno le mie? Lo chiedi a me? Non so Johannes, me lo devi dire tu.
Tra l’altro, come hai raccontato, fu vera gloria quella del re spartano? O un sacrificio inutile?
«Sinceramente non lo so. Comunque conosciamo poco di te prima di quelle imprese.
Quel poco che sappiamo lo dobbiamo agli storici Diodoro e Plutarco. Provenivi da una nobile famiglia corinzia. Quindi un’infanzia agiata e tranquilla.
E poi la carriera militare».
Sì, nel 366 a.C. ero il secondo in comando di un esercito di 3.000 uomini. Avevo il compito di difendere l'istmo di Corinto.
C’era l’eventualità di un tentativo d'invadere il Peloponneso.
Poi lui decise di occupare l'Acrocorinto, l’acropoli di Corinto. Per diventarne il tiranno