Gli attivisti del clima vorrebbero far sparire il carbone e i suoi utilizzi immediatamente. Anzi, prima di subito.
Ma al momento (purtroppo per loro) il carbone genera circa il 40% dell’energia elettrica mondiale. Per raggiungere la neutralità
di emissioni al 2050, secondo i piani dell’AIE, questo numero dovrebbe dimezzarsi entro il 2030 e azzerarsi nel 2040.
Poche cose però sono più difficili di questa. Mentre faticosamente viene installata capacità produttiva rinnovabile, le centrali a carbone continuano ad andare
a pieno regime in tutto il mondo. È soprattutto l'Asia a fare da traino sul carbone: Cina e India insieme rappresentano i due terzi della domanda mondiale. In Cina il carbone rappresenta addirittura il 55% della produzione elettrica. Questo nonostante il fatto che, nel frattempo,
coscienziosamente, il paese si stia dotando di produzione rinnovabile e a gas. La ripresa economica ha però rinfocolato l’appetito energetico della Cina, che non accenna a diminuire, anzi aumenta.
Ciò che i piani annunciati di neutralità climatica hanno provocato in realtà
non è la progressiva dismissione di produzione elettrica a carbone, ma soltanto un crollo degli investimenti nelle miniere di carbone, che hanno ovviamente un orizzonte di lungo termine. Ciò ha l’effetto di restringere l’offerta, sia attualmente che,
ancora di più, in prospettiva. Poiché la domanda del combustibile, come abbiamo visto, non accenna a diminuire, si registra un effetto rialzista sui prezzi del carbone e, di riflesso, dell’energia elettrica.
Il prezzo del carbone sta tornando verso i 100$ a tonnellata
e ragionevolmente resterà intorno o sopra quei livelli molto a lungo. Godono molto le compagnie minerarie, che non investono e vedono aumentare le loro quotazioni.
Come detto più volte, l’effetto immediato delle politiche a marchio Green Deal è quello di far aumentare tutto,
dai materiali ai prezzi dei combustibili, a quello dell’energia elettrica.
Al di là dei desideri, non saluteremo tanto presto il carbone, questa è una situazione che durerà diversi anni. Davvero un lungo addio.
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È una gara. Governi, multinazionali e entità sovranazionali si affannano nel fare grandi annunci: guerra alle fonti fossili, strada spianata all’energia “pulita” per salvare il pianeta. È il Green Deal, una replica in salsa verde
del New Deal americano.
Al di là del richiamo storico discutibile, utilizzato più che altro per dare un tocco di solennità, negli scopi dichiarati il Green Deal è una sorta di alleanza globale per ripulire il pianeta e fermare (sic!) il riscaldamento globale. Nella realtà,
si tratta di un insieme di politiche economiche ambigue, velleitarie e, soprattutto, costosissime.
Mentre si celebra l’intento salvifico della transizione ecologica, se ne nasconde accuratamente il risvolto economico. Il passaggio da un mondo che ancora funziona in gran parte
+++Luci a San Siro - Milano e i blackout+++ Un thread
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Luci a San Siro di quella sera
che c'è di strano siamo stati tutti là
ricordi il gioco dentro la nebbia
tu ti nascondi e se ti trovo ti amo là.
Era il 1973 e da allora questa canzone di Roberto Vecchioni è rimasta
nel cuore di molti. Oggi però a Milano non c’è la nebbia ed è possibile che a San Siro le luci non siano accese. Ricordate le targhe alterne? Ecco, in questi giorni Milano va a corrente alterna(ta). Nel senso che l’elettricità a volte c’è, a volte no. A seconda della zona,
del momento, insomma si va un po’ a fortuna. Nel mondo lanciato a vele spiegate verso il Green Deal, nello sviluppato Nord del Paese, con l’incipiente Recovery Plan e la transizione energetica che avanza tra le fanfare, Milano fa notizia per la situazione imbarazzante
Nel settembre 2020 la Commissione Europea ha presentato al Parlamento di Strasburgo la sua strategia sulle materie prime. Nel documento, ricco come al solito di retorica tardo impero e di orrori lessicali come “resilienza”, vengono
elencate 30 materie prime cosiddette critiche, necessarie per lo sviluppo industriale europeo nei prossimi anni e, soprattutto, indispensabili al tanto propagandato Green Deal europeo. Si tratta di sostanze rare e minerali dai nomi bizzarri, indispensabili alla riconversione
dell’economia mondiale in chiave ambientale. Il litio è certo la sostanza più nota, ma sono critici anche l’antimonio, il niobio, la grafite. A tutti gli effetti, questi materiali sono il nuovo petrolio. Come per il petrolio, però, l’Europa non è in una posizione felice poiché
L’Unione Europea sta preparando una proposta legislativa mirata a introdurre il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM), che sarà presentato entro la fine di questo mese. L’ennesimo minaccioso acronimo inventato in quel di Bruxelles
prevede in sintesi l’introduzione dal 2023 di una corposa tassa sulle importazioni di beni da paesi con regole meno stringenti di quelle europee sulle emissioni di CO2. Nelle intenzioni, la nuova tassa dovrebbe incentivare quei paesi a dotarsi di regole per
l’abbattimento delle emissioni secondo gli accordi di Parigi del 2015, scoraggiando al tempo stesso la delocalizzazione di imprese europee.
Ancora non si sa a quanto potrebbe ammontare la tassa, ma sappiamo che dovrebbe rispettare un criterio di proporzionalità rispetto
La strategia della Commissione UE sulle materie prime (necessarie per il Green Deal ma non solo) è stata presentata nel settembre 2020 al Parlamento Europeo [COM (2020) 474 final, 03/09/2020].
In essa si delineano 10 azioni
tese a diminuire la dipendenza dall’estero per 30 materie prime critiche, per le quali oggi la dipendenza dall’import è pressoché totale. L'unica materia prima per cui l'Ue è totalmente indipendente è lo stronzio (sic).
In sintesi, la Commissione vuole:
1) sviluppare catene del valore resistenti agli shock; 2) fare largo uso del riciclo; 3) sfruttare le risorse interne all’UE; 4) diversificare le fonti di import.
Il punto 1 si sviluppa in alleanze internazionali e interventi della BEI a finanziare partenariati e investimenti.
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+++ Prezzi delle commodity+++
Il prezzo all'ingrosso di materie prime e prodotti agricoli è salito a livelli preoccupanti.
Questi rialzi presto si scaricheranno a valle sui beni di consumo, in alcuni casi hanno già iniziato a farlo.
Impatto sull'inflazione inevitabile.
Prezzi del mais questa settimana ai massimi (+124% rispetto al marzo 2020).
Prezzi della soia questa settimana ai massimi (+92% rispetto al marzo 2020).