La prima classe costa mille lire, la seconda cento, la terza dolore e spavento. (cit.)
Benvenuti in terza classe!
Con il progetto di azzerare le emissioni nette di CO2 entro il 2050 l’Unione Europea sta perseguendo una politica folle. Avrete certo visto
l’aggiornamento per le bollette del terzo trimestre 2021, vero? +10% l’energia elettrica e +15% il gas: e questo solo perché il Governo è intervenuto nottetempo con un decreto che smorza gli effetti più acuti, altrimenti gli aumenti sarebbero stati del 30% peggiori. Ma le toppe
a disposizione del Governo per tappare i buchi sono quasi finite.
Il Green Deal europeo è una droga per il mercato industriale: l’UE gonfia a dismisura (e per decenni!) la domanda di beni di cui non dispone, provocando così un innalzamento dei prezzi in tutto il mondo.
Ad esempio, perché mai il prezzo del litio dovrebbe scendere, quando la domanda prevista supera di 50 volte la produzione attuale? Per fare pannelli solari, pale eoliche, auto e batterie servono acciaio, alluminio, cobalto, terre rare, gomma, microprocessori. Tutto da importare,
quasi tutto dalla Cina. Perché mai il prezzo dell’acciaio dovrebbe scendere, quando ne servirà dieci volte tanto? Poi l’Europa vuole fare l’acciaio verde, usando energie rinnovabili. E quanto costerà l’acciaio fatto così? E il bonus 110%? Gonfia la domanda,
gonfia i prezzi: chi paga? Lo sapete già.
Con il Green Deal dovremo pagare fatture stratosferiche alla Cina, e poi dovremo pure restituire i soldi del Recovery Fund. Parlatemi ancora di debito buone e debito cattivo!
A Washington hanno capito che il Green Deal si tradurrà in un immenso travaso di fiumi di denaro europeo verso la Cina e sono preoccupati che ciò ne accresca la posizione già abbondantemente dominante.
L’aumento generalizzato dei prezzi dei beni industriali utili al Green Deal
si sta già mangiando il valore dei fondi stanziati: se prima con quei soldi potevi comprare 100, ora puoi comprare 80. Domani?
Il 14 luglio la Commissione presenterà il progetto di allargamento del sistema ETS alle importazioni e ai consumi di benzina e gas per riscaldamento.
Un’altra bastonata per i cittadini, senza senso, senza cognizione. Con il preciso intento di nuocere, non curandosi delle conseguenze.
L’esigenza del blocco finanziario-industriale tedesco di creare nuovi mercati per i propri prodotti creerà un effetto domino spaventoso.
Aumenti generalizzati che faranno innalzare il costo della vita, mentre i salari sono sempre più depressi. Al minimo accenno reale di inflazione i soliti virtuosi tedeschi e i loro satelliti chiederanno l’aumento dei tassi, facendo esplodere (ancora di più) il debito,
privato e pubblico. La legge di stabilità 2022 per il 2023 segnerà l’inizio del piano di rientro del debito, esploso con il Covid: significa che tra UN ANNO si inizierà a discutere di come abbattere il debito (mentre già Draghi si è impegnato a rientrare del deficit per il 2022).
I pazzi di Bruxelles, senza freni, senza pietà, senza controllo, ci faranno schiantare a duecento all’ora contro il muro della realtà. Mala tempora currunt.
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Gli attivisti del clima vorrebbero far sparire il carbone e i suoi utilizzi immediatamente. Anzi, prima di subito.
Ma al momento (purtroppo per loro) il carbone genera circa il 40% dell’energia elettrica mondiale. Per raggiungere la neutralità
di emissioni al 2050, secondo i piani dell’AIE, questo numero dovrebbe dimezzarsi entro il 2030 e azzerarsi nel 2040.
Poche cose però sono più difficili di questa. Mentre faticosamente viene installata capacità produttiva rinnovabile, le centrali a carbone continuano ad andare
a pieno regime in tutto il mondo. È soprattutto l'Asia a fare da traino sul carbone: Cina e India insieme rappresentano i due terzi della domanda mondiale. In Cina il carbone rappresenta addirittura il 55% della produzione elettrica. Questo nonostante il fatto che, nel frattempo,
È una gara. Governi, multinazionali e entità sovranazionali si affannano nel fare grandi annunci: guerra alle fonti fossili, strada spianata all’energia “pulita” per salvare il pianeta. È il Green Deal, una replica in salsa verde
del New Deal americano.
Al di là del richiamo storico discutibile, utilizzato più che altro per dare un tocco di solennità, negli scopi dichiarati il Green Deal è una sorta di alleanza globale per ripulire il pianeta e fermare (sic!) il riscaldamento globale. Nella realtà,
si tratta di un insieme di politiche economiche ambigue, velleitarie e, soprattutto, costosissime.
Mentre si celebra l’intento salvifico della transizione ecologica, se ne nasconde accuratamente il risvolto economico. Il passaggio da un mondo che ancora funziona in gran parte
+++Luci a San Siro - Milano e i blackout+++ Un thread
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Luci a San Siro di quella sera
che c'è di strano siamo stati tutti là
ricordi il gioco dentro la nebbia
tu ti nascondi e se ti trovo ti amo là.
Era il 1973 e da allora questa canzone di Roberto Vecchioni è rimasta
nel cuore di molti. Oggi però a Milano non c’è la nebbia ed è possibile che a San Siro le luci non siano accese. Ricordate le targhe alterne? Ecco, in questi giorni Milano va a corrente alterna(ta). Nel senso che l’elettricità a volte c’è, a volte no. A seconda della zona,
del momento, insomma si va un po’ a fortuna. Nel mondo lanciato a vele spiegate verso il Green Deal, nello sviluppato Nord del Paese, con l’incipiente Recovery Plan e la transizione energetica che avanza tra le fanfare, Milano fa notizia per la situazione imbarazzante
Nel settembre 2020 la Commissione Europea ha presentato al Parlamento di Strasburgo la sua strategia sulle materie prime. Nel documento, ricco come al solito di retorica tardo impero e di orrori lessicali come “resilienza”, vengono
elencate 30 materie prime cosiddette critiche, necessarie per lo sviluppo industriale europeo nei prossimi anni e, soprattutto, indispensabili al tanto propagandato Green Deal europeo. Si tratta di sostanze rare e minerali dai nomi bizzarri, indispensabili alla riconversione
dell’economia mondiale in chiave ambientale. Il litio è certo la sostanza più nota, ma sono critici anche l’antimonio, il niobio, la grafite. A tutti gli effetti, questi materiali sono il nuovo petrolio. Come per il petrolio, però, l’Europa non è in una posizione felice poiché
L’Unione Europea sta preparando una proposta legislativa mirata a introdurre il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM), che sarà presentato entro la fine di questo mese. L’ennesimo minaccioso acronimo inventato in quel di Bruxelles
prevede in sintesi l’introduzione dal 2023 di una corposa tassa sulle importazioni di beni da paesi con regole meno stringenti di quelle europee sulle emissioni di CO2. Nelle intenzioni, la nuova tassa dovrebbe incentivare quei paesi a dotarsi di regole per
l’abbattimento delle emissioni secondo gli accordi di Parigi del 2015, scoraggiando al tempo stesso la delocalizzazione di imprese europee.
Ancora non si sa a quanto potrebbe ammontare la tassa, ma sappiamo che dovrebbe rispettare un criterio di proporzionalità rispetto
La strategia della Commissione UE sulle materie prime (necessarie per il Green Deal ma non solo) è stata presentata nel settembre 2020 al Parlamento Europeo [COM (2020) 474 final, 03/09/2020].
In essa si delineano 10 azioni
tese a diminuire la dipendenza dall’estero per 30 materie prime critiche, per le quali oggi la dipendenza dall’import è pressoché totale. L'unica materia prima per cui l'Ue è totalmente indipendente è lo stronzio (sic).
In sintesi, la Commissione vuole:
1) sviluppare catene del valore resistenti agli shock; 2) fare largo uso del riciclo; 3) sfruttare le risorse interne all’UE; 4) diversificare le fonti di import.
Il punto 1 si sviluppa in alleanze internazionali e interventi della BEI a finanziare partenariati e investimenti.