La Danimarca, capace di arrivare in semifinale dopo la sconvolgente vicenda di Ericksen, scrisse una storia commovente anche nel 1992.
Era un Europeo cui non doveva andare, essendo stata eliminata nelle qualificazioni.
Ma poi arriva una telefonata:
"La Jugoslavia non parteciperà per la guerra, andiamo noi” dicono dalla Federazione al coach Moller – Nielsen, avvisato mentre monta la cucina di casa.
"Metti insieme una squadra".
I giocatori sono già in vacanza al mare e al mister manca l'unico fuoriclasse: Michael Laudrup.
Non vanno d'accordo e Michael ha appena vinto la Coppa dei Campioni, non vuole fare brutte figure.
Nielsen può contare solo sul fratello minore Brian Laudrup e il carismatico e spettacolare portiere Peter Schmeichel, del Manchester United.
A parte loro, la situazione è grigia.
L’attacco stitico è il tallone d’Achille composto dal poco prolifico Povlsen e da tale Henrik Larsen che nel Pisa vanta l’imbarazzante curriculum di un gol in 39 partite.
A centrocampo però c'è Kim Vilfort, del Brondby, la cui storia diventerà celebre in tutto il mondo.
Sua figlia Line, 8 anni, è malata di leucemia.
Ma, visto che gli Europei sono in Svezia, accetta di giocarli: può andare dalla bimba nei momenti liberi.
In caso di complicazioni, è autorizzato a lasciare il ritiro.
All'esordio la Danimarca pareggia con una brutta Inghilterra.
Perde la seconda partita con la Svezia senza Vilfort , corso al capezzale della figlia che si è aggravata ed è stata ricoverata in ospedale.
La Danimarca può qualificarsi solo battendo la Francia di Cantona, Papin, Deschamps.
Ma va in vantaggio con un gol del risorto Larsen.
Papin pareggia, la Francia domina, Schmeichel fa miracoli e, a 12 minuti dalla fine, il panchinaro Elstrup segna il gol che manda i danesi in semifinale, a sfidare l’Olanda di Gullit – Van Basten – Rijkaard.
Ormai tutti tifano Danimarca, a parte gli avversari.
Kim Vilfort non sa se tornare in Svezia, visto che sua figlia Line continua a star male in ospedale.
Ma la famiglia e la stessa, piccola Line, insistono perché vada a giocare e provi a vincerlo, quel torneo.
Vilfort torna con la squadra.
“Kim era il sogno di qualsiasi allenatore”
dirà l'ex campione Morten Olsen. “Poteva giocare in qualsiasi posizione, dava sempre il massimo, aveva uno spirito vincente indomabile"
Nella sfida con l’Olanda Brian Laudrup fa dimenticare il fratello Michael e offre l'assist dell' 1 a 0 al sempre più trasfigurato Henrik Larsen.
L'Olanda pareggia, ma di nuovo Larsen (che in 72 partite giocate tra nazionale maggiore e giovanile segnerà solo 5 gol!) fare il raddoppio dopo 28 minuti.
Allo scadere, però, il milanista Rijkaard pareggia ancora.
Ai supplementari un prodigioso Schmeichel salva i suoi.
Rigori.
Sul dischetto l'infallibile Marco Van Basten, Scarpa d’Oro, Pallone d’Oro, bomber unico.
Ha già fatto vincere ai suoi gli Europei nel 1988.
Van Basten fa un saltello, corre e calcia forte alla sinistra del portiere.
Ma Schmeichel respinge!
Il rigore decisivo tocca ai piedi indelicati di Kim Christofte, roccioso difensore baffuto che calcia
quasi da fermo, senza rincorsa.
Tira piano, pianissimo.
Ma quella strana non-rincorsa spiazza il portiere olandese e la palla rotola in rete.
In finale c'è la super Germania di Brehme, Klinsmann, Riedle, favoritissima per il titolo.
L’incontro è acceso, ma incredibilmente equilibrato.
I danesi vanno in vantaggio con un tiraccio di Jensen, reggono con parete incredibili di Schmeichel e poi quel gol da fiaba.
Al 78 Brian Laudrup tocca palla per Kim Vilfort, il padre di Line che guarda l’incontro da un letto di ospedale, a qualche centinaio di chilometri di lì.
Kim aggancia non si sa come, galoppa, finta, e poi calcia un diagonale che sbatte sul palo e va in rete, chiudendo il match.
I compagni sommergono Kim in un abbraccio che va oltre il titolo di campioni d’Europa che si sono presi.
Purtroppo la vita non ha sempre un lieto fine e la magia di Vilfort non basta a salvare la figlia: Line muore poche settimane dopo che il padre ha vinto gli europei.
L'impresa danese, però, resta negli annali del calcio e Kim Vilfort la racconterà nel modo più vero.
“Non eravamo i migliori giocatori, ma eravamo la miglior squadra”.
E in quei giorni c’è anche un altro bimbo che inizia una storia speciale, stavolta con lieto fine.
Kasper Schmeichel ammira il padre alla Tv e sogna di imitarlo, un giorno, visto che anche lui gioca da portiere.
Ma essere figlio di uno dei più grandi giocatori danesi non è facile e quando cresce Kasper fatica oscurato dall’ombra gigantesca di Peter Schmeichel.
Va a giocare a pallamano, poi passa al calcio in Inghilterra, ma fa quasi sempre il secondo portiere.
Per cercare spazio sceglie di andare a fare il titolare in una squadra “minore”: il Leicester che, con lui tra i pali, firmerà un’impresa incredibile vincendo la Premier League.
Il giorno in cui Kasper vince il titolo, papà Peter cambia la biografia che porta sulla sua seguitissima pagina Twitter e scrive solo: “Papà di un vincitore della Premier League”.
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FINE
Questa storia, in forma più estesa, è contenuta nel mio libro “Abbiamo toccato le stelle”, insieme a quelle di altri 19 fra campioni e campionesse capaci di andare oltre lo sport con il loro coraggio, la loro passione, la loro umanità. amzn.to/2Qy7Grs
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Dopo 34 anni forse ci sarà giustizia per Thomas Sankara, il “Che Guevara africano”, l’uomo che negli anni '80 guida il poverissimo Burkina Faso introducendo riforme rivoluzionarie.
Il paese, infatti, porterà alla sbarra l'uomo che lo uccise.
Ma chi è Thomas Sankara?
Sankara è il generale che a soli 35 anni prende il potere con un colpo di Stato senza spargimenti di sangue, sostenuto dall'amico e compagno d'armi Blaise Compaorè.
Ed è anche il rivoluzionario che porta istanze di libertà e modernità in Burkina Faso, paese del "quarto mondo".
Lotta contro il maschilismo e parla di parità fra uomo e donna, tutela il lavoro femminile, cerca di re-inserire le ex prostitute nel mondo del lavoro, promuove l’uso di preservativi contro l’AIDS.
Sankara abolisce la poligamia e l’infibulazione, avvia vaccinazioni di massa.
12 Aprile 1980.
Terry Fox, 22 anni, lancia la sua incredibile sfida: attraversare di corsa tutto il Canada dall'Atlantico al Pacifico correndo con una protesi artificiale.
Terry ha subito l'amputazione della destra per un osteosarcoma e superato una chemioterapia lunga 16 mesi.
Ancora sotto cura, Terry ha giocato a basket in carrozzina, vincendo 3 titoli canadesi.
Poi ha iniziato con la corsa arrivando alle maratone.
A 3 anni dall'amputazione progetta la sua impresa per la ricerca: attraversare il Canada correndo una maratona di 42 km al giorno.
Fox intende raccogliere fondi per la ricerca contro il cancro: 1 dollaro per ogni canadese, in pratica 22 milioni di dollari.
La chiama Maratona della Speranza.
“Non è facile, e non è detto che ce la faccia, ma io devo concludere qualcosa. Abbiamo bisogno del vostro aiuto".
Sono le 6.35 del 24 gennaio 1979, a Genova, quando Guido Rossa esce per andare al lavoro all’Italsider.
È solo, nonostante sia in grave pericolo.
Ha rifiutato una scorta di colleghi sindacalisti.
«Non voglio far rischiare la vita ad altri»
Lo Stato, dal canto suo, non gli ha fornito protezione, ma consigliato di comprarsi una pistola.
Tutti quanti, in modo diverso, hanno lasciato Guido da solo, di fronte alle minacce delle Brigate Rosse. Guido è diventato un obiettivo pochi mesi prima.
Il 25 Ottobre 1978 Guido, con altri operai, trova nello stabilimento Italsider alcuni volantini con la stella a cinque punte delle B.R. e nota il collega Franco Berardi allontanarsi in bicicletta.
Guido, che è sindacalista, consegna i volantini al Consiglio di fabbrica.
Oggi Google ha dedicato il suo Doodle a Terry Fox, che nel 1976, a 18 anni, scopre di essere affetto da osteosarcoma, tumore maligno che tende a espandersi dalle ginocchia a muscoli e tendini con frequenti metastasi polmonari.
Ha il 50% di probabilità di salvarsi con la chemio.
Terry, a soli 19 anni, subisce l’amputazione della gamba destra per fermare il male, gli viene impiantata una protesi e affronta una chemioterapia di 16 mesi.
Ancora sotto chemio, gioca a basket nella nazionale per atleti in carrozzina, diventando 3 volte campione canadese.
Si allena per mesi, poi corre una prima maratona, nonostante la gamba artificiale gli renda molto dolorosa la corsa.
Finisce ultimo, a dieci minuti dal penultimo, accolto con commozione dal pubblico e, a fine gara"Voglio tentare l’impossibile, per mostrare che può essere fatto”.
"Le SS mi hanno ucciso due meravigliose nipotine, ma io ho salvato i bambini di tutta l'Europa. Non la trovate una splendida vendetta?" disse Albert Sabin del suo vaccino contro la poliomielite.
In realtà ha salvato bimbi di tutto il mondo, visto che da pochi giorni l'Africa...
...è stata dichiarata definitivamente libera dalla malattia.
Dietro la medicina emergela storia di questo dottore, nato in Polonia come Albert Saperstein, semicieco dall’occhio destro, fuggito a 15 anni negli USA per sfuggire alla persecuzione antisemita sotto lo zarismo.
Una parte della famiglia resta in Polonia e Albert apprenderà della morte delle due nipotine, Amy e Deborah uccise dai nazisti.
Dopo aver studiato da odontoiatra, vira alla microbiologia e alla cura della poliomielite che scatena ancora gravi epidemie negli Stati Uniti.
C’è una terza persona, sulla macchina dove viaggiano Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, il 23 Maggio 1992.
Sul sedile posteriore c'è Giuseppe Costanza, dipendente civile della Giustizia adibito a condurre mezzi speciali.
Costanza non è lì per caso.
Lui è l'autista di Falcone da 8 anni.
Costanza è l’uomo che Falcone informa dei suoi spostamenti, affinché raduni la sua scorta. Da lui si fa tagliare anche i capelli davanti a un caffè, perché prima di quell’incarico è stato barbiere.
C’è Costanza con lui quando a Bagheria
vengono uccisi i familiari del pentito Marino Mannoia. Falcone vorrebbe andare a Bagheria, poi decide di no, è troppo pericoloso.
Ma quando, per una serie di fattori, c’è la possibilità che ci vada da solo il suo autista lui si oppone. “A Costanza non lo lascio solo”.