«No Cleopatra, Cesare non c’è. Abbiamo chiacchierato per un paio di thread e ho avuto come l’impressione che non volesse sentir parlare di te. Ha ripetuto “storia finita”, nulla più. Non ha risposto nemmeno alla domanda se fosse finito nella trappola di Alessandria per amore tuo»
Hai raccontato come ci siamo incontrati? Giulio Cesare era l’unica possibilità di riconquistare il trono e per sfuggire agli uomini di mio fratello un servitore mi portò nel palazzo nascosta in un sacco per tappeti.
Perché quella faccia Johannes? Hai scritto “dentro un tappeto?”
«Ho sbagliato, scusa.
Un’errata traduzione degli storici. Era un sacco per tappeti. Conquistare i favori di Cesare non ti fu difficile. Eri bellissima, colta, elegante e soprattutto seducente. E giovane. A Cesare, in su con gli anni, non parve vero di avere accanto una come te»
Grazie Johannes per i complimenti, ma non ero bellissima, dai.
Elegante certo, seducente, piccola, per niente di speciale. E bruttina.
Resta il fatto che Cesare impazzì per me, anche se, essendo un uomo politico, non mise mai il suo amore davanti agli interessi di Roma
«Apprezzo la sincerità. Plutarco parla di te esaltando la tua intelligenza e simpatia.
Ripercorriamo però la tua vita. Dall’inizio.
Non eri egiziana.
Eri figlia di un generale di Alessandro Magno, Tolomeo. Dinastia Tolemaica quindi.
Di origine greca-macedone»
Vero. Plutarco scrive anche che ero poliglotta.
Parlavo il greco (ovvio), ma anche tutte le lingue delle genti vicine.
Arabi, parti, siriani, etiopi, medi e trogloditi.
L’unico membro della dinastia tolemaica a voler imparare la lingua degli egiziani e a leggere i geroglifici.
«Alla morte di tuo padre Tolomeo XII tu avevi diciotto anni.
Tuo fratello Tolomeo XIII di anni ne aveva dieci.
Poi c’era anche Tolomeo XIV che di anni ne aveva ancor meno. Ti conosciamo tutti come Cleopatra.
In realtà, a essere precisi, dovresti essere chiamata Cleopatra VII»
Vero. Sei regine della dinastia tolemaica portarono il nome Cleopatra prima di me.
Ma so che per voi sono l’unica Cleopatra.
Comunque.
Sei partito dall’incontro con Giulio Cesare, ma a dire la verità, tra Cesare e Pompeo, io avevo scelto di appoggiare Pompeo.
«Lo so, girava voce che Pompeo fosse più forte di Cesare. La tua scelta giustificata.
Però toglimi una curiosità.
Che impressione ti fece il padrone del mondo, Cesare, rinchiuso in un palazzo senza potersi muovere. Costretto da un manipolo di mercenari dell'esercito egiziano»
Nessuna Johannes.
Cesare aveva sconfitto Pompeo e si era molto alterato quando gli era stata consegnata la sua testa.
Era la mia unica occasione per diventare finalmente la sola regina d’Egitto. E così accadde.
Al resto pensò il mio fascino.
Una bellissima storia d’amore.
«Non so. In fondo avevate entrambi degli interessi da difendere. Dei tuoi abbiamo già parlato.
Ma anche Cesare poteva controllare l’Egitto mettendo le mani su una grande riserva di grano.
Detto ciò parlami di Tolomeo Filopàtore Filomètore Cesare. Tolomeo XV, detto il Cesarione»
Il nostro bambino. Mio e di Cesare. Nacque nel 47 a.C. Puntavo molto su di lui. In fondo era figlio del grande Giulio Cesare, il padrone del mondo. Quando l’anno dopo Cesare tornò a Roma io lo seguii. Con tante speranze. Per me e mio figlio.
Cosa c’è Johannes, cosa non capisci?
«Cesare non avrebbe mai potuto sposarti perché era già sposato con Calpurnia Pisone.
Cosa sei venuta a fare a Roma?
In quella villa di Trastevere poi.
Vero che a Roma tutti quelli di un certo livello avevano una moglie e diverse concubine, ma tu non eri tipo da accontentarti»
Hai ragione, ma qualcosa poteva succedere. Invece durò poco. Due anni dopo, il 15 marzo del 44 a.C. il mio amore fu assassinato. E fui costretta a tornare in Egitto. Anche perché Cesare nel testamento aveva lasciato a Roma la villa dove abitavo. Ancora oggi non capisco il perché.
«L’aveva redatto prima di conoscerti. Proseguiamo. Parlami di Marco Antonio.
Dopo il divorzio con Fulvia aveva sposato la sorella di Ottaviano, Ottavia.
Una donna speciale, converrai con me.
Madre amorevole, sposa fedele, silenziosa padrona di casa.
Un confronto impari»
Che vuoi dire?
I romani facevano sempre confronti tra me e lei.
Mi chiamavano “la prostituta”. Imbecilli.
Lui però alla fine si innamorò di me. Contraccambiato. Se con Cesare era stato amore, con Marco Antonio fu vera passione, te lo garantisco.
«E i romani non la presero bene.
Non solo perché eri straniera.
Antonio aveva avuto figli da Fulvia, figli da Ottavia e tre figli anche da te.
Come si sarebbe regolato per la successione?
Intanto Ottaviano, mente eccelsa e figlio adottivo del divo Cesare, restava in attesa»
Ormai a Roma erano rimasti solo loro a spartirsi il potere. Ottaviano e Marco Antonio.
Nel 34 a. C. Antonio sconfisse gli Armeni grazie al mio aiuto militare.
Lui venne ad Alessandria a festeggiare e divise il bottino con i miei figli.
In fondo era roba sua, non credi?
«No. I territori conquistati appartenevano a Roma e lui sapeva benissimo che era proibito festeggiare le vittorie lontano da Roma.
Poi due anni dopo divorziò da Ottavia per sposare te. E a Ottaviano, dopo questo divorzio da sua sorella, non restava altro che sbarazzarsi di lui»
Non gli ci volle molto a convincere i romani.
Marco Antonio aveva preferito una straniera a una romana come sua sorella. E Alessandria a Roma.
Il casus belli?
Nel testamento aveva lasciato scritto che voleva essere seppellito ad Alessandria.
Un nemico di Roma quindi.
«Un nemico sì. Facile convincere il Senato a dichiararti guerra e togliere qualsiasi carica ad Antonio.
Poi arrivò la battaglia di Azio del 31 a.C.
Una vera disfatta per te e Antonio.
Che preferì sacrificare il suo esercito per salvare le tue quattro navi. Era come impazzito»
Non era impazzito, Johannes, era innamorato. Riparammo ad Alessandria mentre i nostri soldati disertavano, passando tra le fila dell’esercito di Ottaviano. Che sbarcò ad Alessandria senza colpo ferire. E così mi ritirai nel mausoleo dopo aver avvisato Antonio delle mie intenzioni
«Volevi toglierti la vita, ma i tuoi ti convinsero a tornare nel Palazzo Reale per ricevere Ottaviano.
Ti gettasti ai suoi piedi implorandolo di risparmiarti. Cosa che fece, anche se contestò tutte le tue azioni.
Fu allora che prendesti la decisione definitiva»
Mi avrebbe mostrato come preda durante la sfilata a Roma per festeggiare la vittoria. Troppo per me.
Mi tolsi la vita il 30 agosto dell’anno 30 a.C.
Come chiesto a Ottaviano venni sepolta con il mio amore, Marco Antonio. Anche lui si era tolto la via.
«Una fine tragica per entrambi. Plutarco racconta che morì tra le tue braccia. Quel che è certo lo racconta Cassio Dione.
“E così morì la donna che catturò i due più grandi romani del giorno, ma fu distrutta dal terzo”.
Distrutta, ma non umiliata, come avrebbe voluto Ottaviano»
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Finalmente tocca a me Johannes.
Sono rimasto seduto tranquillo lasciando che Giulio Cesare raccontasse la sua versione.
Che non sta in piedi.
Lui ha raccontato di essere stato tradito, pugnalato (in effetti questo è vero), pur essendo stato un benefattore nei nostri confronti.
«I lettori valuteranno.
Con Cesare non siamo riusciti, stante lo spazio, a rispondere alla domanda: “cosa hai ottenuto, tu Bruto e gli altri congiurati, con la sua morte?
Visti i risultati è stata del tutto inutile agli scopi che si prefiggeva.
Quindi politicamente sbagliata»
Perché sbagliata? Ma hai idea di cosa fosse diventato Giulio Cesare negli ultimi anni? Sempre più autoritario. Tra i sessanta senatori della congiura c’erano anche dei cesariani moderati contrari alla svolta autocratica di Cesare. Che mai avrebbe restaurato lo Stato repubblicano.
Vuoi parlare un’altra volta con me, Johannes?
Non è che nei thread precedenti mi hai trattato bene.
Tra tutte le mie conquiste hai voluto raccontare l’unico mio errore, l’assedio in Alessandria.
E poi hai parlato pure di Cleopatra.
Ricorda che io sono Gaio Giulio Cesare.
«Gaio il praenomem, Giulio la gente di appartenenza, nel tuo caso la gens Giulia, Cesarem il cognomen, dalla famiglia.
Volevo parlare con te della tua morte.
Lo so, “tra tutte le conquiste …”, l’hai già detto.
Ma vedi. Penso che vada raccontata.
Erano senatori Gaio».
E mi hanno pugnalato ventitré volte quei vigliacchi. Senatori, persone rispettabili, che nascondevano un pugnale sotto la toga, per uccidere uno del loro rango.
Chi è che si sta avvicinando?
Johannes, io quello non lo voglio vedere dopo quello che mi ha fatto.
«Salve Gaio Giulio Cesare. Ieri abbiamo parlato dell’assedio di Alessandria.
Tu chiuso in trappola dall’esercito egiziano ( leggere qui bit.ly/3DzE1YX ).
“Un conflitto non necessario”, come racconta Plutarco. Unico sollievo, avere vicino a te Cleopatra».
Salve et tu, Johannes. Scusa, ma non voglio parlare di lei. Storia finita. Fattela raccontare da lei.
Voglio invece dire ancora qualcosa sul rischio che ho corso ad Alessandria.
Ricorda che io ero un politico prestato alla guerra. Malgrado questo ero praticamente imbattibile.
«Lo so. Imbattibile nelle guerre asimmetriche, quelle in cui tra i contendenti c’è una disparità non solo di forze, ma anche di strategia e tattica.
Hai scritto molto al riguardo nei libri del De bello Gallico, il racconto della tua conquista della Gallia».
Dunque Johannes hai dialogato con tutti ormai. Con Augusto, con Caligola, persino con Nerone. Con donne romane come Livia Drusilla e Messalina e con nemici di Roma come Annibale e Pirro. Per non parlare di quel vigliacco di Gaio Flaminio Nepote sconfitto da Annibale sul Trasimeno
«Piano con le offese. Gaio Nepote meritava un dialogo. Molti altri sono stati sconfitti da Annibale, ma Polibio e Livio si sono guardati bene da sottolinearlo.
Publio Cornelio Scipione o Tiberio Sempronio Longo, per esempio.
Per non parlare dei generali sconfitti a Canne».
Gaio Flaminio Nepote era stato eletto tribuno, portavoce delle istanze della plebe.
Che poteva legiferare.
E cosa ti inventa con la prima legge?
Distribuire ai poveri le terre conquistare ai Galli. Capisci? Le terre che spettavano ai patrizi lui li voleva dare ai poveri.
«Troppo piccola» mi dissero.
«Non possiedi i giusti parametri fisici per giocare ad alto livello. Per questo non potrai mai giocare in Nazionale.» Io non capivo. Amavo quello sport. Avevo cominciato a giocarci a dieci anni e già a tredici avevo esordito nel campionato nazionale.
L’inizio dell’ultima storia di “Non esistono piccoli campioni”, quella sulla cubana Mireya Luis, sembra la storia della mia vita, Johannes.Troppo piccolo.Da non poter giocare nell’NBA. Eppure io amavo e amo giocare a basket. Forse è il caso di raccontare la mia storia dall’inizio
Papà era un appassionato di Basket NBA.
Vecchio tifoso dei Lakers, dopo che io ero nato, il 7 febbraio 1989, aveva fatto una scommessa con un amico durante le Finals di quell’anno.
I LA Lakers contro i “cattivi ragazzi”, come venivano chiamati i Detroit Pistons.
23 agosto 2021.
Quarantatrè anni. Quelli che avrei potuto compiere oggi. Purtroppo è andata diversamente. So che non mi avete dimenticato. Il fatto che Johannes voglia riproporre la mia storia lo dimostra.
Una storia che inizia da una fine.
La mia ultima partita.
Prima o poi doveva succedere.
È stato un percorso lungo, ma ho preso la mia decisione. E mentre aspetto di scendere in campo per l’ultima volta la mia mente corre a quando tutto è iniziato.
A quel “soldo di cacio” che crebbe mangiando gnocchi, lasagne e salsicce.
Mio padre Joe lo chiamavano “Jellybean”, caramella di gelatina, perché lui era sempre sorridente e scherzava di continuo, in campo e fuori.
Voleva trasmettere la sua allegria a chi gli stava intorno.
«Alcune volte clown, altre volte giocatore di basket» scrivevano i giornali.