«Bentornato Licurgo. Ieri sera (qui bit.ly/2YtDuYP) abbiamo parlato degli spartiati, la casta militare.
“Torna con lo scudo o sullo scudo”.
Era il saluto delle madri spartane quando un figlio partiva per andare a combattere.
Morire in battaglia, l’onore più grande»
I 300 di Leonida alle Termopili sono l’esempio più alto. Abbiamo parlato degli spartiati, circa 10.000 e degli iloti circa 100.000. Esisteva una terza classe sociale. “Il ceto medio”. I Perieci.
50/60.000 uomini liberi che non potevano però partecipare alla vita politica.
«Senza poter votare, dovevano solo servire gli spartiati nel prepararsi alla guerra.
Potevano guadagnare, quello sì.
Erano commercianti, artigiani, fabbricanti di armi.
Il vero motore di Sparta.
Che permetteva agli spartiati di concentrarsi sulla guerra, senza lavorare»
Qualcosa da ridire?
Dai, il popolo aveva la possibilità di deliberare sulle proposte avanzate dagli anziani e dai re.
Non potevano presentarne di loro, ma potevano aggiungere, togliere e modificare quelle proposte.
Era comunque una bella cosa, non credi?
«Talmente bella che i re Polidoro e Teopompo, stanchi di tutte quelle discussioni che portavano solo a modifiche peggiorative, distorcendo ogni proposta, tolsero questa possibilità al popolo.
Torniamo a noi.Ieri hai raccontato la tua prima riforma. La distribuzione della terra»
Quando sono arrivato a Sparta c’era una terribile disuguaglianza. La ricchezza in mano a pochi. C’era ricchezza e povertà. La criminalità imperversava, e poi c’era un male della società come l’invidia. Convinsi il popolo a mettere la terra a disposizione di tutti in parti uguali.
«Fatto questo pensasti di spartire pure i beni mobili.
E qui le cose si complicarono.
Pensavi con questo di eliminare del tutto le disuguaglianze, ma agli spartani non andava giù di farsi espropriare il frutto del loro lavoro.
Ma tu avesti un’idea. Spiegala tu»
La gente non “donava” spontaneamente, così misi fuori corso tutte le monete d’oro e d’argento, obbligando tutti a usare monete di ferro. Assegnando “un valore piccolo in rapporto a un peso e volumi grandi”. Nessuno teneva in casa monete. Serviva una stanza enorme per sole 10 mine
«E un carro trainato di buoi per spostarle.
In un attimo sparì ogni tipo di delinquenza.
I ladri dovettero trasferirsi lontano.
Con una moneta simile non c’era nemmeno bisogno di mettere al bando determinati mestieri.
Certi prodotti non avevano smercio»
Nessuno in Grecia voleva quella moneta.
E nessuno riuscì più a vendere prodotti stranieri a Sparta. Sparirono indovini e sfruttatori di prostitute. Soprattutto quelli che odiavo di più, gli esperti in chiacchiere.
Quelli che con le parole ti fregano i soldi. La mia riforma n.2
«Dopo aver eliminato la ricchezza e il lusso arrivò la terza riforma. I pasti in comune.
Basta con quelle mangiate senza controllo nelle proprie case. Sdraiati ad abbuffarsi per poi mettersi a letto gonfi come una botte.
Meglio tutti insieme a mangiare pasti uguali e definiti»
Vero. Basta con l’ostentazione di tavole imbandite di ogni ben di dio.
Tutti insieme. Mangiare poco, sano e nutriente.
Chi provava a mangiare prima a casa e poi insieme veniva sgamato subito e ritenuto una persona “schifiltosa del cibo comune”.
«Ai ricchi avevi tolto la terra e loro avevano accettato. Avevi tolto le monete e loro avevano mandato giù il rospo.
Reagirono in modo diverso quando togliesti loro cibo e bevande. Ti hanno ricorso fino al tempio e un giovane, tale Alcandro, ti cavò un occhio con una bastonata»
Solo allora, vedendomi sanguinante, la gente si fermò. Vergognandosi del loro comportamento.
Li lasciai tornare a casa senza reagire. Senza punirli.
E i pasti in comune diventarono la regola.
Pasti ai quali erano invitati anche i ragazzi.
Con alcune regole da rispettare.
«Potevano fare scherzi di ogni genere, dire qualsiasi cosa, ma se uno non tollerava gli scherzi o non sopportava certe frasi bastava che chiedesse di smettere e tutti ubbidivano.
A Sparta tutto era stabilito e le leggi venivano rispettate da tutti.
Anche se non erano scritte»
E’ vero. Non ho messo per iscritto nessuna legge.
Molto meglio instillarle nei costumi e nelle abitudini della gente. In questo modo sono durature.
Un po’ come l’educazione per i figli.
Niente leggi scritte quindi, solo norme generali chiamate “retre”.
«Ti occupasti anche delle donne spartane. Essendo i mariti sempre lontani per le frequenti spedizioni militari erano praticamente le “padrone” di Sparta. Potevano fare, come gli uomini, corse, lotte, lanci del peso. Potevano andare nude alle processioni. Danzare. E cantare»
Sì, le donne spartane non erano trattate come le altre donne della Grecia.
Per loro era normale essere partecipi, come gli uomini, alla vita quotidiana di Sparta.
Una donna straniera provò a dire qualcosa al riguardo a Gorgo, la moglie di Leonida.
La risposta fu esemplare.
«”Voi sole spartane comandate gli uomini” le disse.
“Noi sole infatti generiamo uomini”, rispose la regina.
E’ stata una bella chiacchierata Licurgo. Ma di fronte a tutto quello che sappiamo di Sparta e della sua legislazione, una domanda sorge spontanea.
Ne è valsa la pena?»
Cos’è che non ti torna Johannes?
La società oligarchica?
Il senso del dovere degli abitanti di Sparta che alcuni di voi scambiano ancora oggi per una mancanza di libertà?
La cultura militaristica?
Dimmi Johannes.
«Vada per la società oligarchica, talmente peculiare da non poter essere esportata. Ma quale futuro poteva avere quella rigida autarchia? Dal VI secolo a.C. nessun scambio commerciale su vasta scala. Nessun contatto con le popolazioni dell’Egeo. Niente ingressi per gli stranieri»
E niente espatrio per gli spartani se non per motivi politici. In quel modo nessun nemico riuscì mai a ricattarci con un blocco economico.
Per “ne è valsa la pena”, intendi il sacrificio dei nostri soldati?
Sai che Atene non riuscì mai a portare un proprio esercito in Laconia?
«Vero. Ma Atene è riuscita, pur con molte ombre, a essere un esempio di cultura e arte per il mondo intero. Invece cosa avete lasciato voi, e la vostra società perfetta?
Certo, la democrazia è ancora oggi imperfetta, ma sempre meglio di un ordine senza libertà, non credi?»
Guarda che il nostro sistema era invidiato da tutti in Grecia.
Tutti quelli che vedevano un pericolo, in quella che tu chiami “democrazia”, rivolgevano lo sguardo a noi. Adoravano le leggi e l’ordine di Sparta.
Dove tutto era definito.
Seppur con una libertà limitata.
«Sarà, ma Sparta fu incapace di adattarsi ai mutamenti del tempo.
Di introdurre leggi che nuovi usi e nuovi costumi imponevano.
Sotto una campana di vetro, con tutto programmato, è andata verso un’estinzione prevedibile.
Sbaglierò, ma posso dire un addio senza rimpianti?»
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“Brodo nero”. Sorrido pensando che vuoi raccontare la mia storia iniziando da un intingolo.
Precisamente da una carne di cinghiale cotta nel suo sangue con l’aggiunta di sale e aceto.
Posso dire che sei strano forte? Chi racconterebbe la storia di Sparta iniziando da un piatto.
«Caro Licurgo, non era un semplice piatto, dai.
Era la pietanza più apprezzata a Sparta.
Tanto che un re del Ponto fece venire alla sua reggia un cuoco spartano affinché cucinasse quella prelibatezza.
Pensava fosse una leccornia.
Invece…»
Te lo immagini un re del Ponto che inizia a sputare quella roba nel piatto?
In realtà, e il cuoco lo aveva detto chiaramente al re, per apprezzare quel piatto dovevi essere stato bagnato nell’Eurota, il fiume che attraversava Sparta.
Essere un vero spartano quindi.
Anno 1919.
Trentasei anni, quasi calvo, abitava in quegli anni a Milano, all’ultimo piano di un appartamento di Foro Buonaparte.
Diceva in giro di essere povero.
Che se sei un politico, alla gente fa sempre un bell’effetto.
Naturalmente non era vero.
Sposato in municipio, viveva in quell’appartamento con i suoi tre figli, la suocera e una domestica.
Usava il “tassì”, ma amava le automobili.
Quando prenderà la patente (tardi) la sua prima auto sarà una Bianchi.
Per passare poi a un'Alfa Romeo.
Continuando a usare il “tassì”.
D’estate tutta la famiglia al mare
Rigorosamente a Senigallia.
Teatro? Quasi tutte le sere. Ma non lirica, perché lo faceva dormire.
La cosa che amava di più? I fuochi artificiale, quelli che alla fine facevano il botto.
Dove prendeva i soldi?
Il New York Times mi ha dedicato un bellissimo necrologio, scrivendo alla fine “una modesta casalinga che non ha mai pensato di aver fatto qualcosa di straordinario". Effettivamente è così. Mai pensato. Fino all’ultimo giorno della mia vita, il 2 maggio 2008. Maledetta polmonite
Avevo 68 anni, ma a dire il vero la mia vita era già terminata quel giorno, il 22 luglio 1975, quando un camion guidato da un ubriaco ci aveva travolti uccidendo sul colpo il mio Richard.
Aveva solo 41 anni, sapete?
Io 36.
Viva, ma da quel giorno senza un occhio.
“Loving v. Virginia 388 U.S. 1967”, non vi dice niente? Tranquilli, è normale.
Oggi per voi molte cose sono scontate.
Non era così a miei tempi, nel 1958.
In Virginia non era scontato per un uomo nemmeno innamorarsi e sposare una donna.
Perché dipendeva dal tipo di donna.
Finalmente tocca a me Johannes.
Sono rimasto seduto tranquillo lasciando che Giulio Cesare raccontasse la sua versione.
Che non sta in piedi.
Lui ha raccontato di essere stato tradito, pugnalato (in effetti questo è vero), pur essendo stato un benefattore nei nostri confronti.
«I lettori valuteranno.
Con Cesare non siamo riusciti, stante lo spazio, a rispondere alla domanda: “cosa hai ottenuto, tu Bruto e gli altri congiurati, con la sua morte?
Visti i risultati è stata del tutto inutile agli scopi che si prefiggeva.
Quindi politicamente sbagliata»
Perché sbagliata? Ma hai idea di cosa fosse diventato Giulio Cesare negli ultimi anni? Sempre più autoritario. Tra i sessanta senatori della congiura c’erano anche dei cesariani moderati contrari alla svolta autocratica di Cesare. Che mai avrebbe restaurato lo Stato repubblicano.
Vuoi parlare un’altra volta con me, Johannes?
Non è che nei thread precedenti mi hai trattato bene.
Tra tutte le mie conquiste hai voluto raccontare l’unico mio errore, l’assedio in Alessandria.
E poi hai parlato pure di Cleopatra.
Ricorda che io sono Gaio Giulio Cesare.
«Gaio il praenomem, Giulio la gente di appartenenza, nel tuo caso la gens Giulia, Cesarem il cognomen, dalla famiglia.
Volevo parlare con te della tua morte.
Lo so, “tra tutte le conquiste …”, l’hai già detto.
Ma vedi. Penso che vada raccontata.
Erano senatori Gaio».
E mi hanno pugnalato ventitré volte quei vigliacchi. Senatori, persone rispettabili, che nascondevano un pugnale sotto la toga, per uccidere uno del loro rango.
Chi è che si sta avvicinando?
Johannes, io quello non lo voglio vedere dopo quello che mi ha fatto.
«No Cleopatra, Cesare non c’è. Abbiamo chiacchierato per un paio di thread e ho avuto come l’impressione che non volesse sentir parlare di te. Ha ripetuto “storia finita”, nulla più. Non ha risposto nemmeno alla domanda se fosse finito nella trappola di Alessandria per amore tuo»
Hai raccontato come ci siamo incontrati? Giulio Cesare era l’unica possibilità di riconquistare il trono e per sfuggire agli uomini di mio fratello un servitore mi portò nel palazzo nascosta in un sacco per tappeti.
Perché quella faccia Johannes? Hai scritto “dentro un tappeto?”
«Ho sbagliato, scusa.
Un’errata traduzione degli storici. Era un sacco per tappeti. Conquistare i favori di Cesare non ti fu difficile. Eri bellissima, colta, elegante e soprattutto seducente. E giovane. A Cesare, in su con gli anni, non parve vero di avere accanto una come te»