Spigolature dalla relazione di ieri a Bologna, su università fascismo, per la commemorazione del 90° anniversario del rifiuto del giuramento di fedeltà del 1931 da parte del clinico bolognese Bartolo Nigrisoli
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1) Nella legislazione fascista sull'università, l'imposizione del giuramento non è un fulmine a ciel sereno, ma ha un prima, un dopo e anche un durante. Da un lato, è il punto culminante di un percorso di crescente controllo governativo sulla vita degli atenei
Un percorso iniziato con la riforma Gentile del 1923, che di fatto annulla le conquiste della comunità accademica in termini di partecipazione all'elezione dei suoi rappresentanti e alle pratiche di reclutamento per tornare alle nomine ministeriali e alla centralizzazione
Per Gentile, il contrappeso a ciò era l'autonomia culturale garantita alle sedi, con la libertà di darsi percorsi di formazione originali, e ai singoli docenti. Ma appunto queste libertà vennero gradualmente erose e rimasero solo le costrizioni
Il giuramento, un atto che impegnava solennemente le coscienze di insegnanti e studiosi, era il dispositivo con cui essi accettavano il controllo personale della propria condotta, e non a caso nel giro di 2 anni venne imposto anche ai "precari" (allora non si diceva così)...
...insieme all'iscrizione al PNF, altro strumento di controllo diretto e intimo della condotta politica. Da lì non vi furono più limiti al controllo centrale, con De Vecchi e soprattutto con Bottai (promotore nel 1938 delle leggi razziali che tanto pesarono sugli atenei)
2) Alla dimensione dell'imposizione normativa va in parallelo il tentativo di ridisegnare su base ideologica i saperi accademici, con l'introduzione di materie come il diritto corporativo, la contrapposizione della formalistica Giurisprudenza ai corsi di Scienze politiche...
...più avanti l'introduzione degli studi razziali sul piano medico e antropologico. E' qui che la comunità accademica mostra quella che oggi si direbbe una certa "resilienza", perché laddove veniva meno la difesa della libertà sorgeva forte la difesa dei privilegi professionali
Nelle nuove materie si faticano a nominare titolari che non siano per chiara fama, i programmi degli esami di Stato alle professioni restano saldamente in mano ai vecchi giuristi, anche nei momenti di controllo governarivo più stretto sulle commissioni...
...i concorsi, pur rispondendo a esigenze politiche, sono scientificamente difendibili. Quegli aspetti per cui i docenti diventa(va)no a occhi profani "baroni", insomma, sono l'unica barriera di una quache efficacia contro la vocazione totalitaria del regime
3) Tant'è vero che il fascismo, quando deve cercare sostegno, guarda ad altre componenti accademiche. Gli studenti, che compressi nel numero negli anni '20 dalla rigida selettività gentiliana (tasse più alte, una maturità da psicanalisi...), negli anni '30 aumentano
Anzi, per la prima volta in un decennio raddoppiano, passando da 40 a 85mila, preludio al ritmo di crescita del dopoguerra. Merito dell'allentamento dei criteri di selezione, per strizzare l'occhio ai figli della piccola borghesia impiegatizia affamati di affermazione sociale
Da quei settori, del resto, derivava il nerbo del consenso al regime. Come dai ruoli non stabili, assistenti, incaricati, lettori, che di fronte a un numero di professori stagnante (sempre sui 1300) crescono da meno di 3000 a oltre 4000 in 10 anni
Sono facili da assumere e rimpiazzare, del resto, perché i singoli atenei possono fare per conto loro. Ma non sono stabilizzati, e hanno anch'essi fame di prospettive. Così per loro la legislazione di De Vecchi e Bottai è manna
Perché ai loro occhi l'aumento del controllo centrale vuol dire soprattutto aumento delle materie statutarie e quindi aumento delle cattedre, che iniziarono a essere distribuite nel 1938 e avrebbero continuato se la guerra non avesse condotto allo storno delle risorse
E anche l'allontanamento dei professori ebrei, in quell'anno, è guardato soprattutto nell'ottica dei posti che si liberavano: con questo intento gli assistenti "ariani" scrivevano lettere ai rettori perché si sbrigassero a dare corso alla normativa
Ed è in quest'ottica che le leggi razziali si possono leggere, nella loro applicazione, per quello che sono state per il regime: il più violento attacco alla borghesia professionale, che il fascismo sapeva di non avere conquistato e che nel professorato trovava il cuore pulsante
E in questo quadro a più livelli di analisi si possono cogliere meglio le conseguenze di lungo periodo della bufera del Ventennio nella secolare storia delle università italiane
Il fascismo lascia alla Repubblica democratica, certo, un'università più centralizzata e burocratica, che metterà decenni a trovare la sua autonomia e che forse non ha ancora oggi superato quel rapporto di sudditanza con l'amministrazione ministeriale
Ma lascerà anche una comunità di professori che per difendere la sua identità si è chiusa a riccio su se stessa, diventando per decenni un freno a ogni tentativo di riforma, anche quelle più necessarie per una democrazia compiuta e un paese sviluppato
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Mentre i libberali italiani e non si fanno le pippe con la storia della #cancelculture e dei suoi crimini (che generalmente gratti un po' e sono azioni disciplinari dovute contro atteggiamenti criminali), arrivano le minacce vere allo studio della storia negli USA 👇
Oggi l'@AHAhistorians, con un messaggio del suo executive director @JimGrossmanAHA, fa sapere ai suoi membri quanto segue: 👇
"In 27 states, legislators have introduced bills that seek to limit teaching the history of racism; eight of these proposals have already become law....
Meglio chiarire che l'attacco di gente come Ricolfi e Mastrocola non è alla scuola pubblica in quanto tale.
Forse è peggio ancora
MiniTRHEAD👇👇👇
La scuola che in Italia respingere l'80% degli studenti dopo la primaria (e qualcuno anche prima) era statale, in larga maggioranza, almeno dagli anni '90 dell'800.
Del resto, da Casati a Gentile, l'impegno pubblico nella scuola secondaria nasceva in prospettiva prima secolarizzatrice che egualitaria, e questo fino al secondo dopoguerra non era vero solo qui
Sergio Mattarella ieri, al conferimento della laurea honoris causa in Relazioni internazionali a Parma:
"La rete delle università è riuscita tuttavia a rimanere fitta quasi ovunque, pur se si è fatta strada l’idea insidiosa che soltanto il perseguimento dell’eccellenza...
...possa rappresentare il futuro dell’alta formazione; talvolta con la spinta a concentrare le risorse su pochi Atenei, rischiando di riprodurre implicitamente un modello di formazione destinata soltanto ad alcuni....
Per le università... il metodo migliore resta, invece, la costante ricerca della connessione tra la selezione e la valorizzazione delle eccellenze da un lato, e l’impegno continuo per l’ampliamento e la diffusione delle conoscenze dall’altro....
Nell'ossessione anti-#smartworking c'è tutta la cultura di una classe dirigente politica ed economica allergica al rischio (vuoi mica che gli investimenti fatti pensando al passato vadano male per un cambiamento socio-culturale che favorirà altri attori?)...
...incapace di distinguere l'interesse generale dagli interessi costituiti che ha materialmente sotto gli occhi (locali del centro, che per definizione vanno coccolati più di quelli non in centro, immobiliare...)...
...priva di una visione dinamica di una società che per questo, e per colpa sua, non cresce da almeno trent'anni (l'economia "gira" nei consumi immediati e obbligati, non in strutturati investimenti migliorativi)...
Quanto poco basta a fare fessa la gente. Tipo lamentarsi che le cose vanno esattamente come vuoi tu, con l'unica differenza che tu dovresti essere piantata in un ufficio tecnico del ministero, non in mezzo a quelli che vorresti impalare
tweet come questo servono apposta a sfondare i confini del proprio pubblico. La lamentela (per quanto poco centrata, perché non descrive lo standard dei contratti di docenza) è legittima, fatta da un'altra persona sarebbe un contributo accettabile alla discussione...
...di una gestione che effettivamente fa acqua come ripetiamo da anni. Ma la fa lei, in media l'utente di Twitter non la conosce, vede che altre persone che non la conoscono, come @tomasomontanari, la retwitta per sensibilizzare su un tema reale...
Parlare di Bourdieu mi ha fatto venire in mente questo studio di un allievo di Charle e Karady (e quindi piena scuola Bourdieu) che ci dice molto sulla mobilità accademica, e perciò sulla formazione della classe dirigente, nell'800
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Di quel periodo conoscevamo già bene la mobilità verso la Mecca della "nuova" università di ricerca ottocentesca, la Germania prima ancora che diventasse Reich. Da tutta Europa ci andavano laureati giovani s meno giovani per imparare come si studiava e si faceva ricerca
Al punto che questo movimento divenne istituzionalizzato: tutti i maggiori governi, compreso il nostro dal 1861, finanziano borse di ricerca per la Germania, instaurando contatti formali con atenei e governi