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Per descrivere il rapporto tra Joe #Biden e lo speaker repubblicano della Camera #USA, Kevin #McCarthy, nessuna frase viene in aiuto più di quella pronunciata qualche giorno fa dal senatore Gop dello Stato del Mississippi, Roger Wicker: "Beh, aiuterebbe se McCarthy e Biden
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fossero compagni di golf, ma non lo sono. E non lo saranno mai".
In un'epoca segnata da una contrapposizione portata all'estremo fra Democratici e Repubblicani, il presidente americano ha più volte insistito sull'importanza di dialogare con i propri avversari. Ma cosa succede
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se, a pochi giorni da quella che il segretario del Tesoro Janet Yellen (non esattamente l'ultima arrivata) si spinge a definire "tempesta economica e finanziaria senza precedenti", sei costretto a trattare con qualcuno da cui non potresti essere più distante a livello
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personale ed ideologico?
Prima risposta: succede che ti chiedi cosa sarebbe stato se dall'altra parte del tavolo ci fosse stato non Kevin McCarthy, ma l'anziano leader dei Repubblicani al Senato, Mitch McConnell. Quante battaglie, quanti bracci di ferro infuocati ma, alla fine
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, l'abitudine a stringersi la mano, a siglare il deal.
No, la verità questa volta è che Joe Biden, di Kevin McCarthy, non si fida.
Lo reputa ostaggio dei repubblicani radicali che hanno mercanteggiato la sua elezione a leader della Camera, solo qualche mese fa. Crede che i 15
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round che gli sono serviti per ergersi a speaker rappresentino una condanna, che per arrivare al potere abbia ceduto il potere della carica. Dopotutto, riflette, un motivo ci sarà se uno spettacolo del genere, nella politica a stelle e strisce, non si vedeva da 164 anni, no?
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Ragazzacci repubblicani, allevati secondo un altro manuale politico (o forse senza averne studiato nemmeno uno), abituati a spingere sull'acceleratore non per ottenere il miglior compromesso possibile, ma l'ospitata più roboante nei programmi della sera. Impossibile,
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impossibile trattare con loro. Eppure indispensabile, per evitare il default del Paese, per scacciare lo spettro di una crisi interna che in un amen diventerebbe globale.
Tocca sforzarsi. Magari ricordarsi che loro, quei due, Biden e McCarthy, non sono proprio perfetti
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sconosciuti. Negli anni in cui uno è il numero due di Barack Obama, l'altro è un ambizioso deputato repubblicano con poca esperienza alle volte ospitato a pranzo all'Osservatorio Navale, la residenza del vicepresidente. Ma, come lo stesso Biden ha spesso modo di ricordare ai
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suoi assistenti, la politica è anche una questione personale. E tra i due oltre la cordialità non si riesce ad andare. Questione di feeling, avrebbe detto qualcuno.
A molti anni dai primi incontri, ritrovatisi entrambi ad occupare posizioni di vertice, è Biden stesso a
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riconoscere che bisognerà impegnarsi di più, sforzarsi di crearlo un rapporto vero. E qualche tentativo, in effetti, viene compiuto. Così succede che la Casa Bianca decida di invitare Kevin McCarthy e sua mamma Roberta alla cena di stato con il presidente francese Macron, lo
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scorso dicembre. E, ancora, che sia Biden a prendersi la briga di chiedere allo speaker frequenti aggiornamenti sul suo lavoro alla House e sulle sue priorità politiche.
Ma d'altra parte i Repubblicani replicano: quando si è trattato di trovare un accordo sul tetto del
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debito, Biden ha fatto passare ben 97 giorni tra il primo e il secondo incontro. Non la migliore delle tempistiche, in vista di una partita così complessa. Controreplica democratica: "Il presidente è sempre stato molto chiaro con lo speaker, in maniera rispettosa, 'sono
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pronto a conversare con te quando avrai un piano', ma il piano non c'era ancora". McCarthy non la prende bene, scorge nella strategia di Biden una sfida alla sua leadership, la volontà di mettere alla prova la sua capacità di tenere insieme una maggioranza tanto ristretta
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quanto rissosa. Così è un attimo che il californiano finisca per portare la questione su un piano prettamente personale, esibendosi in una serie di colpi sopra e sotto la cintura che irritano non poco la presidenza. Qualche esempio? Per ottenere un vertice, afferma McCarthy,
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è disponibile anche a portare alla Casa Bianca del "cibo morbido". Cosa sta dicendo? Semplice: che Biden è troppo anziano per il lavoro.
A proposito di gente esperta, un vecchio lupo di mare come Newt Gingrich, esalta le caratteristiche dei due contendenti: "Biden è in giro
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da molto tempo. Quando vuole può essere collaborativo e quando non vuole può essere odioso. Credo che la Casa Bianca credesse che urlare 'default' avrebbe funzionato e che alla fine Kevin McCarthy avrebbe dovuto cedere. E penso che gradualmente sia diventato chiaro che non
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avrebbere potuto bluffare con lui. Questo è un uomo che è sopravvissuto a 15 voti per diventare Presidente della Camera. È capace di essere molto paziente".
A 10 giorni dal possibile #default, quello che va in scena è ciò che il Washington Post definisce un "pericoloso
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gioco del pollo". Ma in cosa consiste questo gioco? Due piloti alla guida di una macchina guidano diretti l'uno contro l'altro. Se uno dei due non sterza prima dell'impatto, entrambi possono morire nello schianto, ma se uno dei due cede alla paura e l'altro no, quello che ha
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sterzato sarà chiamato dall'altro "pollo", codardo.
Eppure, per capire come la più grande superpotenza mondiale si sia ritrovata a rischiare l'osso del collo in un braccio di ferro psicologico fra due politici di primo piano, bisogna tornare indietro di quasi 3 mesi,
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spostandosi idealmente all'interno dell'hotel J.W. Marriott di Orlando, distante più di 1300 km dai corridoi del Campidoglio.
È in occasione di una conferenza che mette insieme quasi 200 esponenti repubblicani che il Gop inizia ad interrogarsi: qual è la moneta di scambio
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da giocare per acconsentire all'innalzamento del tetto del debito? C'è chi propone di ripensare programmi iconici come Medicare, chi chiede di tagliare sussidi di diversa natura, chi punta a minare l'agenda democratica andando a colpire i programmi governativi contro il
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cambiamento climatico. A dettare la linea sono soprattutto gli esponenti del Freedom Caucus, il gruppo più estremista del Gop. E in quelle ore c'è già chi sperimenta una sensazione di déjà-vu. La mente corre al 2011, al braccio di ferro tra Obama e i membri del Tea Party,
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alla volta in cui gli Stati Uniti più sono stati vicini al default. All'inizio di aprile, McCarthy presenta il suo piano: ok all'innalzamento del tetto del debito fino al prossimo anno, ma allo stesso tempo oltre 3000 miliardi di dollari di tagli per quanto riguarda la spesa
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federale del prossimo decennio. La Camera approva, nonostante Biden minacci di porre il veto, e i Democratici del Congresso insorgono, recriminando che dal Partito Repubblicano mai erano arrivate richieste simili durante la presidenza Trump, neanche quando il Gop aveva
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ripetutamente alzato il tetto del debito per portare avanti le sue politiche. Ma è il 9 maggio, nel primo incontro a porte chiuse dopo quasi 100 giorni di messaggi al vetriolo a mezzo stampa, che le tensioni vengono a galla in maniera preoccupante. Secondo quanto
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ricostruito dal Washington Post sulla base di interviste a venti persone aventi familiarità con l'accordo - da parlamentari e funzionari della Casa Bianca che hanno partecipato ai colloqui e che hanno richiesto l'anonimato - è in questa circostanza che il leader dei
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Democratici al Senato, il newyorchese Chuck Schumer, chiede a tutti i presenti di dichiarare, una volta per tutte, se nel loro ventaglio di opzioni è presente anche quella che prevede un default degli Stati Uniti. "No", risponde prontamente Biden, sostenendo che i
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parlamentari debbano aumentare il tetto del debito senza condizioni o ritardi. "No", si aggiunge Hakeem Jeffries, leader di minoranza dem alla Camera, riflettendo sul fatto che i costi dell'inazione sono troppo elevati. Ma quando arriva il turno di McCarthy, la risposta non
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è quella che Schumer spererebbe di sentire. Lo speaker chiarisce che non è sua intenzione andare incontro ad una catastrofe, ma nemmeno esclude in maniera esplicita il default, snocciolando rabbiosamente una lista di richieste che, assicura, se non verranno esaudite
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porteranno al fallimento dei negoziati. L'aria, a quel punto, diventa pesante.
I retroscena di una trattativa unica nel suo genere, per quanto riguarda la politica americana (e non), proseguono nel pezzo a disposizione degli iscritti al Blog:dangelodario.it/2023/06/05/ret…
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Dietro un pezzo del genere ci sono due giorni e mezzo di lavoro (ebbene sì).
Per avere completo accesso al Blog e - se li apprezzi -per premiare i miei sforzi: iscriviti ora. Ti ringrazio.
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Nel tempo di sua permanenza al governo, l'accusa più subdola fra le molte infondate mosse a Mario #Draghi recitava più o meno così: "Sarà anche uno stimato economista" - "sarà", certo - "ma non è un politico".
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Draghi mescola serietà e humour vagamente british, com'è nel suo stile. Dice che gli anni di studio al MIT di Boston lo hanno cambiato, ma attenzione: "Non dirò com'ero prima!". Eppure è enormemente serio quando definisce il suo valore aggiunto nei ruoli di responsabilità che… twitter.com/i/web/status/1…
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Bob Pozen, figlio di quella Miriam cui il premio è intitolato, chiarisce con una battuta che Draghi ha chiesto di intervenire su alcuni "argomenti molto ristretti: guerra, inflazione, Europa". Ma la platea non riesce probabilmente a cogliere l'assenza dell'Italia tra i temi di… twitter.com/i/web/status/1…
🚨🇺🇦🇷🇺 La diga di #NovaKakhovka, nella regione ucraina di #Kherson, è stata fatta saltare in aria. Siamo dinanzi ad un atto di terrorismo che metterà a rischio la vita di migliaia di persone. La mole d'acqua contenuta dalla diga è in grado di provocare inondazioni in molte città… twitter.com/i/web/status/1…
"Terroristi russi. La distruzione della diga della centrale idroelettrica di #Kakhovka non fa che confermare al mondo intero che devono essere espulsi da ogni angolo del territorio ucraino. Non un solo metro dovrebbe essere… twitter.com/i/web/status/1…
🚨🇺🇦🇷🇺Ecco una simulazione degli effetti che il danneggiamento della centrale idroelettrica di Nova Kakhovka comporterà secondo il ministero dell'Interno ucraino. Un disastro senza precedenti.
Nel Nord del #Kosovo la tensione non accenna a scemare, anzi, va surriscaldandosi. Cosa sta succedendo? Semplice: si riaprono ferite mai chiuse, si fanno i conti con la Storia.
2/n Venerdì la forze di sicurezza del Kosovo hanno fatto irruzione nei municipi dei comuni del nord del Paese, quelli a maggioranza serba, per consentire l'ingresso dei nuovi sindaci di etnia albanese eletti nelle ultime consultazioni locali.
Qual è il problema? Semplice, che
3/n l'unico motivo per cui sindaci albanesi sono risultati vincitori in quelle aree è che le elezioni sono state boicottate dal 97% degli aventi diritto, in segno di protesta per la mancata creazione dell'agognata Comunità delle Municipalità serbe. La situazione più tesa si
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Adesso ci siamo davvero: il tanto atteso ballottaggio delle presidenziali in Turchia è finalmente arrivato. Si decide il futuro del Paese per i prossimi cinque anni. O forse per molto di più.
2/n Sono 64 milioni gli elettori turchi – su un totale di 83 milioni di abitanti – chiamati ad esprimere la propria preferenza. Prevista un’affluenza record, non lontana dall’88% registrato al primo turno. Numeri da capogiro, soprattutto se rapportati a quelli di molte democrazie… twitter.com/i/web/status/1…
3/n Sinan Ogan, il terzo incomodo che appoggia Erdogan
Chi è Sinan Ogan? È il terzo incomodo, è un politico nazionalista, un conservatore intransigente. La scelta di sostenere Erdogan, anziché Kilicdaroglu, è coerente dal punto di vista della piattaforma politica, meno di quella… twitter.com/i/web/status/1…
🚨🇷🇸🇽🇰 Attenzione in queste ore a quanto potrà accadere fra #Serbia e #Kosovo. Il presidente serbo #Vucic ha firmato poco fa l'ordine che pone l'esercito nazionale nello stato di massima prontezza al combattimento.
Dettagli a breve.
2/n Situazione esplosiva in Kosovo. La mossa del leader di Belgrado arriva in risposta agli scontri avvenuti nel nord del Paese tra la popolazione serba e la polizia kosovara nel comune di Zvecan.
Gli agenti stavano tentando di aiutare il nuovo sindaco eletto, di etinia albanese,
3/n ad insediarsi nel palazzo comunale. Da quanto risulta, decine di persone di etnia serba si sono frapposte tra l'edificio e gli agenti per impedire l'ingresso del primo cittadino. Ricordiamo che il nord del Kosovo è un'area a maggioranza serba. La stessa popolazione locale
L'ALTRA VITA DELL'ALTRO BORIS.
JOHNSON E LE CONFERENZE NEGLI USA (GRATIS) PER SOSTENERE L'UCRAINA 🇺🇦
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Capisco che possa apparire fuorimoda, slegato dalla contingenza, addirittura poco corretto. Comprendo che possa sembrare tempo perso, suscitare domande, provocare sconcerto.
2/n Prevedo che porterà a chiedersi – e a chiedermi – del perché dedicare, nel giro di una settimana, ben due approfondimenti ad un ex primo ministro non solo decaduto, ma persino caduto in rovina. Prendetevela con voi stessi, risponderei – e risponderò – insomma con tutti meno
3/n che col sottoscritto: se un blogger può godere di una comunità di lettori curiosa, oserei dire affamata, di personaggi e storie, per niente obnubilata da algoritmi di varia conformazione e cronaca spicciola, non vedo perché non dovrebbe approfittarne. Né trovo sinceramente