E’ passato un secolo dalla prima occupazione della fabbrica dove poi avrei lavorato. Esattamente un secolo fa, nel marzo del 1919.
Dopo la prima guerra mondiale la Dalmine era in una situazione problematica dopo che la proprietà tedesca l’aveva ceduta alla Franchi-Gregorini.
La nuova strategia della proprietà italiana era di privilegiare le altre fabbriche del gruppo.
A Dalmine erano previsti anche licenziamenti.
C’erano parecchie tensioni tra la proprietà e i lavoratori.
A febbraio le prime richieste, tutte rifiutate dall’azienda.
Riduzione dell’orario di lavoro da 48 a 44 ore settimanali, il sabato pomeriggio libero, l’aumento dei salari e le richieste del parere operaio sui miglioramenti tecnici da apportare allo stabilimento.
Tutto rifiutato dalla proprietà.
E il 17 marzo 1919 era scattata l’occupazione.
Occupazione senza interrompere il lavoro, naturalmente.
Potevano andare a casa solo i vedovi con figli.
Tutto finì il 20 marzo.
Con la proprietà che accettò solo di riconoscere l’organizzazione sindacale.
Nulla più.
E fu proprio il 20 marzo che arrivò lui.
Parlò davanti a un migliaio di lavoratori nella sede della cooperativa sociale della Uil.
Ringraziando i lavoratori per la loro azione che definì “uno sciopero creativo”.
Lui, il “compagno” Mussolini.
Già. Il caro Benito tentava di tenersi aperte, politicamente parlando, piu' vie che gli potessero essere utili in futuro.

Chi sono io? Mi chiamo Natale Betelli Giorgio, nato a Sforzatica (Bg) il 20 dicembre 1905 in una numerosa famiglia di lavoratori.
Fu dopo aver frequentato la scuola elementare del paese, e dopo un periodo di apprendistato, che venni assunto alla Dalmine.
Dopo il 25 luglio 1943 mi iscrissi al partito Comunista sezione di Dalmine.
Collaborando attivamente con il fronte clandestino di Liberazione.
C’ero io alla testa nel primo comitato di agitazione alla Dalmine dopo l’8 settembre.
Ero anche uno dei principali organizzatore dei sabotaggi, che rallentavano la produzione bellica.
Fu dopo lo sciopero del novembre ‘44 che venni inserito dai fascisti nella lista dei ricercati
E mi arrestarono.
Esattamente il 2 marzo 1944.
Gli uomini di Mussolini (che non era più un "compagno" da tempo), mi portarono prima alla caserma della Gnr di Osio Sotto, poi assieme ad altri tre, a quella di Treviglio.
Quei fascisti li comandava il tenente Palazzolo.
Mi seviziarono e mi torturarono barbaramente per tutta la notte.
Volevano estorcermi informazioni sull’attività antifascista nella Dalmine e, in particolare, del ruolo avuto dai sei giovani incarcerati a Milano.
Dalla mia bocca non uscì una sola parola.
L’ultima cosa che ricordo?
Mentre ero a terra sanguinante e dissi quella parole: “me la pagherete”.
Poi più niente.
I fascisti mi tapparono la bocca a scarpate. Per sempre. Non mi pento. Meglio la morte che tradire i miei compagni.
Anziché consegnare il corpo alla mia famiglia preferirono farmi sparire.
Alla Dalmine girò la voce: “ È inutile che cerchiamo il Betelli…”, a Treviglio c’era la saponaia… dove facevano il sapone… l’hanno buttato nella soda caustica, hanno fatto il sapone con il Betelli!”
Non andò proprio così.
Per nascondere il misfatto i fascisti organizzarono da prima un falso attacco partigiano e poi mi gettarono in un affluente del fiume Adda.
Niente tomba, niente fiori dalla mia famiglia.
Perché il mio corpo non fu mai ritrovato.
Dopo la Liberazione gli assassini di Natale furono processati e condannati all’ergastolo, pena che dopo i vari condoni e amnistie si ridusse a pochi anni.

Natale Betelli nel 2012 è stato insignito della medaglia d’oro al valore civile dal Presidente Giorgio Napolitano.
Grazie a @koalacurioso per avermi suggerito la storia di Natale Betelli, un lavoratore della Dalmine e un partigiano che preferì morire piuttosto che tradire i suoi compagni.
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