Tutto rifiutato dalla proprietà.
Ero anche uno dei principali organizzatore dei sabotaggi, che rallentavano la produzione bellica.
Fu dopo lo sciopero del novembre ‘44 che venni inserito dai fascisti nella lista dei ricercati
Volevano estorcermi informazioni sull’attività antifascista nella Dalmine e, in particolare, del ruolo avuto dai sei giovani incarcerati a Milano.
Dalla mia bocca non uscì una sola parola.
Mentre ero a terra sanguinante e dissi quella parole: “me la pagherete”.
Poi più niente.
I fascisti mi tapparono la bocca a scarpate. Per sempre. Non mi pento. Meglio la morte che tradire i miei compagni.
Per nascondere il misfatto i fascisti organizzarono da prima un falso attacco partigiano e poi mi gettarono in un affluente del fiume Adda.
Niente tomba, niente fiori dalla mia famiglia.
Perché il mio corpo non fu mai ritrovato.