Ero con lei quando si laureò in Scienze naturali il 1º luglio 1914 con una tesi "Sul comportamento del condrioma nel pancreas e nelle ghiandole salivari del riccio durante il letargo invernale e l'attività estiva".
Con Enrica passammo giorni stupendi incontrando geologi, naturalisti, antropologi.
Ricordo che le scrissi una lettera “E’ brutta la guerra, ma insieme a tante brutalità… fa emergere anche bei sentimenti."
Nel maggio del 1916 capii il significato di “inutile strage”.
Non era vero.
Il suo posto era ambito dal conte Lodovico Di Caporiacco, fascista convinto della prima ora.
In realtà fu costretta ad andarsene.
E poi arrivò la guerra, vissuta tra Firenze e Gallo Bolognese.
La mia Enrica poteva fuggire in Svizzera, sapete?
Ma non lo fece. Per non abbandonare i suoi studenti.
Dimenticata dagli ambienti che aveva frequentato, dimenticata dalle scuole, dagli atenei, dalle associazioni per la ricerca, arrestata e trasferita nell’ex convento di Santa Verdiana diventato un carcere.
Non so perché la mia Enrica ingerì, il 18 gennaio 1944, proprio quel veleno.
Due giorni di agonia tra atroci tormenti, prima di morire il 20 gennaio 1944.
Non lo so. Sinceramente, non lo so.
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