Lottare per il “diritto di disconnessione”. C’ho messo un po’ per capire. @RiccardoMancuso di Riders Union #Bologna ha 26 anni e mi fa vedere l’app maledetta e il suo incasso di ieri: 5,17 euro in tre ore. Due consegne. Tre euro lorde a consegna. 
«Spesso ti mandano dall’altra parte della città e ci vuole un sacco, ed è sempre colpa tua se fai tardi». Ma Riccardo alla fine non si lamenta per quello, anche, ma il punto è un altro: il diritto “a disconnettersi”.
A non dover restare connesso sempre per il terrore/certezza che se non lo fai, se non rispondi scendi, “scali” dice lui, nella statistica. E la statistica è quella dell’app che ti sostituisce con un altro appena non ci sei.
E va chiarito: Riccardo non chiede di lavorare meno o di non lavorare.
Riccardo chiede il diritto di non lavorare “soltanto”, chiede un tempo liberato dall’app senza doverne pagarne le conseguenze.
Riccardo chiede il diritto di non lavorare “soltanto”, chiede un tempo liberato dall’app senza doverne pagarne le conseguenze.
Riccardo deve discutere la sua tesi in Storia Contemporanea e ha bisogno di disconnettersi. Però ha bisogno di lavorare. Non mi dice che non vuole fare quel lavoro, mi dice che vorrebbe che diventasse un “#lavoro”. Perché così non lo è. Così è pericoloso, è sfruttamento.
È vendersi il tempo e la vita nel nome di una falsa libertà, quella che ti lascerebbe l’”intermezzo digitale neutro”, come gli dicono le aziende. L’algoritmo efficiente.
A me chiede poco Riccardo, le battaglie se l'è fatte tutte da solo, insieme ai suoi colleghi hanno ottenuto che alcune aziende firmassero una Carta dei diritti, e io mi sento quasi male.
Mi dice: potresti rivolgerti all'osservatorio sicurezza sul lavoro per ottenere un ufficio competente che monitori le piattaforme come Deliveroo, Glovo, Just eat. Nel frattempo lui si batte per contratti migliori e per il suo diritto a disconnettersi senza paura.
