Vorrei riprendere l’argomento dell’ottimo @giudefilippi per capire che ne pensate.
In democrazia rappresentativa, quando è razionale giudicare positivamente le dichiarazioni -in spregio al principio di non contraddizione- di politici, solo perché convergono con le proprie idee?
Ci sono casi in cui è perfettamente razionale rallegrarsi del voto favorevole di chi ieri era nemico dichiarato e oggi si dice d’accordo: singoli atti legislativi, norme costituzionali, scelte internazionali a difesa dell’interesse nazionale. Qui vale il voto, più che l’idea.
Sono casi in cui non è necessario indagare sull’eziologia, ma basta accettare opportunisticamente la fenomenologia dell’atto politico. Nessuna verifica di coerenza né richiesta di spiegazioni è necessaria, e nemmeno opportuna. Gli incentivi reciproci convergono come nel mercato.
In generale, ogni forma di convergenza sul metodo -come per le norme costituzionali- prescinde dalla condivisione delle motivazioni della scelta di controparte, che possono essere legittimamente soggettive e perfino contraddittorie nelle cause, purché coincidano negli effetti.
Poi ci sono accordi di puro scambio: la lottizzazione di cariche pubbliche è il caso più frequente. Anche qui, non c’è ragione razionale per pretendere spiegazioni convincenti dell’agire di controparte. Basta ottenere un equilibrio soddisfacente, superiore o inferiore che sia.
Opposto è il caso degli atti programmatici, come le scelte discrezionali di politica economica e sociale o, supremamente, la fiducia a un progetto di governo. Poiché l’oggetto dell’atto è relativo a un futuro incerto, è richiesto un chiaro e permanente committment organizzativo.
La credibilità di tale essenziale commitment è funzione eziologica ineludibile. In altre parole, l’impegno deve esplicitare i nessi causali sottesi e rispettare il principio di non contraddizione. Chi ha cambiato idea, deve ammettere l’errore e spiegare perché in modo convincente
L’assenza di convincente e documentata revisione critica delle precedenti convinzioni e/o azioni compromette ogni credibilità del commitment e azzera il valore segnalatorio dell’impegno. Chi darebbe credito a un opportunista, mentitore sistematico, senza ricevere spiegazioni?
In sintesi, quando la politica si occupa di regole o di scambi di “mercato”, non è richiesta la coerenza delle motivazioni. Quando invece si occupa di programmi di governo, ovvero di un processo organizzativo, è indispensabile un commitment logico e credibile di lungo termine.
Solo gli stupidi non cambiano mai idea. Ma, per chi rappresenta la nazione in democrazia parlamentare, cambiare idea di 180º senza sentirsi in dovere di ammettere l’errore e giustificare credibilmente la nuova posizione è un atto di opportunismo cinico, indegno e irresponsabile.
• • •
Missing some Tweet in this thread? You can try to
force a refresh
Letizia #Moratti ha gettato - maldestramente - il sasso in uno stagno di ipocriti.
Da mesi scienziati e comitati etici discutono sui criteri di distribuzione dei vaccini. Se c’è un fatto certo, è che essi, a livello globale, sono stati finora allocati in base al... #PIL. /1
A livello subnazionale, invece, i criteri di distribuzione sono stati finora diversi. L’Italia, diversamente dalla Germania che ha vaccinato in maggioranza anziani, ha privilegiato criteri di esternalità e di organizzazione, dando priorità al personale sanitario. Chi ha ragione?
In termini di massimizzazione del social welfare, l’Italia ha fatto una scelta più razionale. Vaccinare prima i sanitari infatti, preserva il funzionamento di un’organizzazione utile alla società, con effetti esponenziali sulla preservazione di vite umane ed economia nazionale.
Fermi tutti. Sembra che la fonte delle citazioni non sia disponibile. Quindi meglio verificare che cosa davvero dicono sulla stampa internazionale. Cominciamo con la #FAZ: faz.net/aktuell/politi…
"Non c'è invece bisogno di piangere per il secondo gabinetto Conte fatto cadere da Renzi. I partner ineguali della coalizione del movimento populista 5 stelle hanno continuamente litigato e si sono paralizzati a vicenda da quando sono entrati in carica".
Proteggere #Trump da #Twitter? La sfida delle democrazie liberali è semmai il contrario: difendere gli strumenti che favoriscono libertà di espressione dall’interferenza dell’autocrate di turno. @claudiocerasa
I social media sono stati uno straordinario strumento di inclusione e partecipazione, nato nelle democrazie liberali e tuttora osteggiato dai regimi autoritari. Chi ama la libertà deve sforzarsi di garantirne il pluralismo e la trasparenza, contrastando gli abusi monopolistici.
Ma come il diritto pubblico deve prevenire l’abuso di posizioni dominanti, il diritto privato va applicato nei casi di abuso dei termini di servizio da parte di utilizzatori che attentino alle stesse regole democratiche che hanno consentito la nascita dei social media.
Domani in UK inizia la vaccinazione autorizzata da MHRA. La Germania sarà pronta dal 15/12, se EMA anticipasse l’OK, previsto “al massimo entro il 29/12” (link). L’Italia forse partirà a fine gennaio. Un mese e mezzo di ritardo, migliaia di vite a rischio. ema.europa.eu/en/news/ema-re…
Insufficiente, incompleto, tardivo.
Lo scarno piano del Governo sulla vaccinazione propone solo linee guida, senza un preciso GANTT con tempi e risorse. Un ritardo che costerà migliaia di vite. Ma intanto le opposizioni sbraitano sul pranzo di Natale.
Incongruenza o ammissione di incapacità? Sarebbe colpevole e drammatica.
I dati del “piano di vaccinazione” del Governo: le dosi attese nel 1Q21 sono 28,3ml (in alcuni casi serve doppia dose), ma il piano prevede di trattare solo il 5% della popolazione nello stesso periodo.
Prima il Governo nomina commissari alla salute del tutto inadeguati, poi, svergognato sulla televisione pubblica, li licenzia sbrigativamente via Twitter.
Ora è conclamato. Il lockdown in Calabria non è determinato dall'andamento del contagio, ma dall'incapacità del Governo.
Parafrasando Conte, gli italiani tutti "meritano subito qualcuno pienamente capace di affrontare la complessa e impegnativa sfida della sanità".
Un discorso ufficiale così clamorosamente eversivo da un Presidente americano non si era mai sentito.
Per favore, non chiamatelo più Presidente degli Stati Uniti d’America. È solo uno sfigato, patetico loser.
Vorrei leggere un commento, uno solo, che riesca a giustificare l’indegnità, l’irresponsabile mistificazione, l’orrendo spregio delle istituzioni democratiche che trasudava dai rantoli di un uomo senza più vergogna né ritegno. Un vulnus profondo e purulento nella storia americana