#Renzi continua a puntare a un governo che *non* è guidato da Conte e *non* è ristretto a questa maggioranza. Per questo è prevedibile che punti ad allungare la crisi, a dire che sì su alcune cose si può lavorare, ma su altre non ci siamo. #crisidigoverno corriere.it/politica/21_ge…
Renzi si è esposto molto e se chiude ri-accettando #Conte con qualche modifica al programma indubbiamente non ci fa una bella figura. Mentre se riesce a imporre un nuovo presidente, nuovi ministri, un profilo di governo completamente nuovo, ne esce vincitore.
Il problema è che ci sono gli altri partiti, che già stanno pagando un prezzo in termini di consenso e coesione interna *per il solo fatto* di aver accettato di parlare di nuovo con Renzi dopo quello che ha fatto. Quanto potranno concedergli?
Ma, tornando a Renzi, ci sono reali possibilità di arrivare al governo che ha in mente? Oppure sta solo rilanciando senza avere carte in mano? Il suo atteggiamento mi ricorda molto quello teorizzato da Downs e Rocke in questo articolo del 1994. jstor.org/stable/2111408…
L'articolo teorizza in maniera formale gli incentivi per un capo di governo democratico che deve decidere quando iniziare e quando finire una guerra. Renzi non è un capo di governo, ma di certo ha dato inizio a questa crisi.
Una delle conclusioni più interessanti del pezzo è il fenomeno che gli autori chiamano "gambling for resurrection". In sostanza, quando la guerra si mette male e sarebbe razionale tornare sui propri passi, il capo di governo può avere comunque un incentivo a continuarla.
Questo perché se la terminasse probabilmente verrebbe rimosso (è entrato in guerra e non è andata come diceva), mentre finché la continua non viene rimosso, e può sempre sperare in un colpo di fortuna che faccia girare la sorte dalla sua parte.
Ecco, mi sembra che questa situazione rispecchi molto l'attuale stato di Renzi. Ha iniziato la crisi sperando di portarla al governo di larghe intese. Il governo di larghe intese per ora non si materializza;
anzi, Mattarella ha chiesto di vedere se è possibile trovare un accordo tra le forze che già sostenevano Conte. Se Renzi "firmasse la pace", ammetterebbe di essere entrato in guerra inutilmente. Per cui ha interesse a che la "guerra" continui.
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Uno dei mantra più ricorrenti di chi sostiene #Renzi è che non sia mai stato accettato nel Pd, che gli abbiano fatto la guerra perché considerato un corpo estraneo. Ma mettiamo in fila qualche fatto. #crisidigoverno
Renzi diventa segretario alla fine del 2013. I gruppi parlamentari sono prevalentemente stati scelti da #Bersani che era segretario al tempo delle elezioni.
Questi eletti di Bersani lo ostacolano talmente tanto che, passate poche settimane dalla sua elezione a segretario, promuovono l'avvicendamento con Enrico Letta e lo fanno direttamente presidente del consiglio.
Con il ballon d'essai di #Renzi del "#Conte non ora, prima incarico esplorativo, poi vediamo" entriamo nella fase "kick the can down the road" di questa #crisidigoverno.
Mattarella si trova M5s, Pd e Leu che dicono "Conte". Se Renzi non poneva veti su Conte, Mattarella avrebbe reincaricato l'attuale presidente del consiglio, che poi sarebbe andato a trattare con tutti. Questo sarebbe stato lo sbocco "lineare" della crisi.
Il problema di Renzi è che se mette un veto a Conte perde qualche senatore e rischia che il governo prosegua senza di lui; se apre a Conte fa la figura del fesso, e quindi è costretto all'ennesimo equilibrismo (chiudo ma non chiudo, apro ma non apro).
Questo punto meriterebbe una disamina a parte. Che lo faccia il M5s è abbastanza comprensibile, ma perché il Pd si è schierato sull'#avanticonConte? Secondo me per due ragioni. #crisidigoverno
La prima è che Conte è popolare, e questo fa gioco nell’immediato (buttare giù il politico più popolare d’Italia non contribuisce alla popolarità di chi lo fa, è evidente) ma anche se le cose deragliassero e si andasse a votare.
La seconda è che, nonostante ci sia una narrativa che dipinge IV e PD come “pappa e ciccia”, l’attuale maggioranza del PD sta sfruttando l’occasione per regolare un po’ di conti con #Renzi.
Non sono un retroscenista, e non ho accesso a informazioni riservate. Questo è semplicemente quello che credo di aver capito finora sulla #crisidigoverno.
1/N
1) #Renzi ha fatto la crisi (sì lo so, l’ho già scritto altre volte, ma repetita iuvant) per provare a “scomporre” l’attuale coalizione di governo (l’alleanza Pd-M5s in particolare) e “ricomporre”. Il suo problema? Non era chiaro cosa volesse ricomporre.
2/N
Un altro governo con Conte? Un altro governo (stessa maggioranza) senza Conte? Un governo che coinvolgesse anche pezzi della destra? La verità è che a #Renzi andava bene tutto. La sua scommessa? Tanto nessuno vuole votare, quindi qualcosa salta fuori.
3/N
Visto che secondo Salvini e Meloni l'attuale governo mette in atto un "tradimento" degli interessi nazionali solo perché dà il suo consenso a una linea di credito senza condizioni all'interno di un organo (il #MES) che esiste già da 8 anni, è il caso di fare un piccolo riassunto.
Un piccolo riassunto di come è avvenuta, nel corso degli anni, l'adesione dell'Italia ai vari fondi europei di stabilizzazione finanziaria, di cui il #MES non è altro che la versione consolidata e definitiva.
Il primo fondo di questo tipo viene istituito nel maggio 2010, con una decisione del Consiglio Europeo Affari Economici (consilium.europa.eu/uedocs/cms_dat…). Per l'Italia partecipa (e vota a favore) il ministro @Giulio_Tremonti.
Debito europeo esiste già, gli eurobond non sarebbero qualcosa di "nuovo", ma un ulteriore fattispecie di debito europeo.
Il problema, per Regling, è temporale. Per creare una nuova istituzione e metterla in grado di emettere titoli di debito, ci vuole tempo. Regling ricorda che l'EFSF, nel 2010, ci mise sette mesi, e fu un "record mondiale".