Sul Financial Times, @MESandbu intervista @rodrikdani, che smonta pezzo per pezzo l'armamentario ideologico del "Washington consensus". Merita un riassunto, quantomeno dei punti principali:
Rodrik dice "I democratici di Clinton, il New Labour, l'SPD, i socialisti francesi negli anni 1990 erano così affascinati dal modello neoliberale da averlo essenzialmente adottato, e addolcito con un po' più di attenzione ai poveri".
Ancora: "Viviamo in un mondo dove il problema è che, per via di diverse tendenze (cambiamenti tecnologici e globalizzazione dei mercati) abbiamo una penuria cronica di buoni lavori. Penso che la scomparsa di buoni lavori stia alla base della crescita dei populisti di destra".
Cosa si può fare per creare posti di lavoro di migliore qualità? Secondo Rodrik, 1) migliorare le "politiche attive del mercato del lavoro, facendo in modo che forniscano competenze di cui gli imprenditori hanno bisogno";
2) usare la politica industriale per creare buoni lavori, invece di perseguire la vecchia ricetta di "attrarre investimenti di capitali, essere più competitivi, più innovativi, etc.";
3) "ripensare le nostre politiche di innovazione. Al momento non stiamo facendo niente per investire in tecnologie che migliorano il lavoro piuttosto che rimpiazzarlo";
4) a livello internazionale, dobbiamo "dare spazio ai paesi per mettere in atto queste politiche, senza essere sopraffatti da forze di arbitraggio internazionale".
Rodrik dice anche che i lavoratori dovrebbero avere più potere sul posto di lavoro, così che possano influenzare la discussione su quali tecnologie le loro aziende necessitano realmente.
Non dobbiamo dare per scontato che la tecnologia, mentre distrugge un lavoro, nei crei di migliori. È la stessa illusione, dice Rodrik, che molti avevano nei confronti della globalizzazione. Che, nel complesso, avrebbe migliorato le condizioni di tutti.
"La tecnologia sarà uno shock molto più grande della globalizzazione. Se tante persone finiscono in questi lavori a chiamata, con poca autonomia, precarietà, e a beneficiarne sono solo una piccola parte di professionisti... le conseguenze sociali e politiche saranno preoccupanti"
Rodrik riflette anche sul fatto che le sue idee, che sembravano eretiche 15 anni fa, sono oggi mainstream. Quali idee sono cambiate?
Un esempio è "l'inviolabilità del libero movimento dei capitali. Intellettualmente, è andata. Non è scomparsa come pratica, ma la motivazione originaria si è persa".
Altro esempio, "l'idea di una politica industriale. Tutti la vogliono oggi. L'idea che le politiche commerciali abbiano forti conseguenze redistributive che devono essere gestite".
Rodrik dice anche che "c'è tensione fra il volere rimpiazzare tutto questo con un nuovo consenso e le incertezze di non avere niente a cui aggrapparsi. Molti colleghi mi rispondono 'mostrami che evidenza hai delle politiche che proponi, mostrami che hanno funzionato!'."
"Ma questo non è adeguato per i tempi. È come dire che Roosevelt avrebbe dovuto adottare solo politiche per cui c'era evidenza. È una ricetta per non provare mai niente di nuovo, mentre Roosevelt diceva che quello era un tempo per sperimentare".
Sulla Cina: "Dobbiamo capire che è impossibile separare l'economia cinese da quelle occidentali senza pagare un prezzo economico molto alto. E la capacità dell'occidente di influenzare la politica cinese con regole commerciali o di investimento è estremamente limitata".
Ovviamente ho dimenticato di mettere il link al pezzo originale (per chi può leggerlo): ft.com/content/bf7601…
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Cosa ci dice la scienza politica su come si costruiscono le coalizioni e che performance ci possiamo aspettare da coalizioni più o meno larghe? #GovernoDraghi
La teoria dei poteri di veto di George Tsebelis (riassunta nel suo libro del 2002 "Veto players: how political institutions work") ci dice che in un governo multi-partito ogni partito è "veto player", cioè può opporsi a politiche che sono troppo lontane dalle proprie preferenze.
Intuitivamente, al crescere del numero dei partiti, si restringe il numero di politiche in cui i partiti possono trovare compromessi. Tsebelis rappresenta i possibili punti d'incontro dei partiti graficamente così:
Poi, quando la polvere si sarà depositata e il governo di salvezza nazionale sarà partito, spero potremo ragionare con calma di quanto anomalo sia stato che il capo dello stato abbia buttato un nome in mezzo senza consultare i partiti, 1/6 #Draghi
senza certezze su chi l'avrebbe sostenuto, senza uno straccio di prospettiva politica (anzi dicendo che il governo non avrebbe dovuto identificarsi "con alcuna formula politica"), niente.
2/6
Ora i partiti non devono solo posizionarsi, ma ovviamente devono pensare a che coalizione costruiscono (o rompono), che punti programmatici possono portare a Draghi, con chi possono farli avanzare. E tutto questo in un paio di giorni, perché signora mia bisogna far presto.
3/6
Uno dei mantra più ricorrenti di chi sostiene #Renzi è che non sia mai stato accettato nel Pd, che gli abbiano fatto la guerra perché considerato un corpo estraneo. Ma mettiamo in fila qualche fatto. #crisidigoverno
Renzi diventa segretario alla fine del 2013. I gruppi parlamentari sono prevalentemente stati scelti da #Bersani che era segretario al tempo delle elezioni.
Questi eletti di Bersani lo ostacolano talmente tanto che, passate poche settimane dalla sua elezione a segretario, promuovono l'avvicendamento con Enrico Letta e lo fanno direttamente presidente del consiglio.
#Renzi continua a puntare a un governo che *non* è guidato da Conte e *non* è ristretto a questa maggioranza. Per questo è prevedibile che punti ad allungare la crisi, a dire che sì su alcune cose si può lavorare, ma su altre non ci siamo. #crisidigoverno corriere.it/politica/21_ge…
Renzi si è esposto molto e se chiude ri-accettando #Conte con qualche modifica al programma indubbiamente non ci fa una bella figura. Mentre se riesce a imporre un nuovo presidente, nuovi ministri, un profilo di governo completamente nuovo, ne esce vincitore.
Il problema è che ci sono gli altri partiti, che già stanno pagando un prezzo in termini di consenso e coesione interna *per il solo fatto* di aver accettato di parlare di nuovo con Renzi dopo quello che ha fatto. Quanto potranno concedergli?
Con il ballon d'essai di #Renzi del "#Conte non ora, prima incarico esplorativo, poi vediamo" entriamo nella fase "kick the can down the road" di questa #crisidigoverno.
Mattarella si trova M5s, Pd e Leu che dicono "Conte". Se Renzi non poneva veti su Conte, Mattarella avrebbe reincaricato l'attuale presidente del consiglio, che poi sarebbe andato a trattare con tutti. Questo sarebbe stato lo sbocco "lineare" della crisi.
Il problema di Renzi è che se mette un veto a Conte perde qualche senatore e rischia che il governo prosegua senza di lui; se apre a Conte fa la figura del fesso, e quindi è costretto all'ennesimo equilibrismo (chiudo ma non chiudo, apro ma non apro).
Questo punto meriterebbe una disamina a parte. Che lo faccia il M5s è abbastanza comprensibile, ma perché il Pd si è schierato sull'#avanticonConte? Secondo me per due ragioni. #crisidigoverno
La prima è che Conte è popolare, e questo fa gioco nell’immediato (buttare giù il politico più popolare d’Italia non contribuisce alla popolarità di chi lo fa, è evidente) ma anche se le cose deragliassero e si andasse a votare.
La seconda è che, nonostante ci sia una narrativa che dipinge IV e PD come “pappa e ciccia”, l’attuale maggioranza del PD sta sfruttando l’occasione per regolare un po’ di conti con #Renzi.