Nella Giornata Internazionale del #Gatto, leggete la storia del gatto Oscar, l’inaffondabile.
L’ha raccontata @JohannesBuckler, in “Non esistono piccole storie”, che puoi acquistare sul nostro sito: bit.ly/johannesbuckler
Già. Mi chiamarono l’inaffondabile. E questa è la mia storia. Mi imbarcai per il mio primo viaggio sulla nave da battaglia Bismarck nel maggio del 1941. Era una nave tedesca della Seconda guerra mondiale, così battezzata in onore del celebre cancelliere.
Gli inglesi ci avevano dato la caccia. E ci avevano affondato. Erano le 10.36 del 27 maggio 1941, quando la Bismarck affondò. Fui tra i pochi a salvarmi. Venni ritrovato dall’equipaggio del cacciatorpediniere britannico Cossack, appollaiato su di un’asse galleggiante
Già. Il cacciatorpediniere Cossack. Un cacciatorpediniere classe Tribal della Royal Navy, una nave da guerra britannica. Non seppi mai perché da quel giorno cominciarono a chiamarmi Oscar. Io non mi chiamavo Oscar. Almeno credo.
Era il 24 ottobre 1941 quando il Cossack venne intercettato dall’U-Boot tedesco U-563 durante una missione di scorta a un convoglio da Gibilterra al Regno Unito. Affondammo tre giorni dopo, il 27 ottobre. Ma io mi salvai, anche quella volta.
Insieme all’equipaggio del Cossack, fummo recuperati da una nave inglese, la Legion, e trasferiti sulla portaerei hms Ark Royal. La Legion, proprio lei. Quella che aveva partecipato all’affondamento della Bismarck.
Tutto è bene quel che finisce bene, quindi. Insomma. Non proprio. Sulla strada del ritorno, verso Gibilterra, la portaerei hms Ark Royal, con me a bordo, venne colpita da un siluro lanciato dal sommergibile tedesco U-81. Un disastro.
Il 14 novembre 1941 ci capovolgemmo verso destra. E affondammo. Fui recuperato, aggrappato anche questa volta a un’asse di legno, «arrabbiato, ma abbastanza in salute». Sulla portaerei mi avevano dato l’appellativo di “Unsinkable Sam”. Forse avevano ragione. Ero inaffondabile.
Dopo il naufragio dell’Ark Royal venni rimpatriato nel Regno Unito. Vissi con un marinaio di Belfast fino alla mia morte, avvenuta nel 1955.
Sinceramente, non ho mai capito tutti quegli onori. Del resto, su ogni nave avevo fatto solo il mio dovere. Combattere i roditori, in quanto gatto, era una consuetudine diffusa persino sulle navi fenicie. Certo, sempre in salvo. Noi gatti non abbiamo forse sette vite?
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"A me, mio padre, mi era simpatico, anche se mi faceva alzare presto. La mattina apriva tutte le finestre, anche a meno dieci gradi. Non amava il buio. Mi svegliava con ordini gutturali: Achtung, gema, raus, auf. E ogni tanto gli scivolava via un po’ di tedesco.
Spazieren, Essen, Kartoffel, Brot, Abort... che significa ‘latrina’. L’aveva imparato a Ebensee, ed era una lingua brutta, fatta di abbai e ordini, perfetta per svegliare un adolescente.
Mio padre mi era simpatico, ma la mattina alle 6 quando mi urlava addosso in tedesco, mi urtava, parecchio. Soprattutto la domenica, quando in teoria si può dormire, e lui mi svegliava, o il 25 aprile che mi svegliava per portare corone d’alloro ai cippi di via Sette Martiri.
Franca Viola era nata ad Alcamo, in Sicilia, in una famiglia di agricoltori. Eravamo coetanei, compaesani e amici d’infanzia. Direi, più che amici, fidanzatini. Franca era la ragazza più bella di Alcamo. Aveva diciassette anni e undici mesi, quel giorno.
Filippo Melodia, nipote di un boss, la voleva per sé. Dopo il suo rifiuto, aveva bruciato la vigna del padre. Ma non si era fermato lì.
Il 26 dicembre 1965, alle ore 9, con l’aiuto di dodici amici, era entrato in casa della famiglia Viola.
#Porrajmos, “grande divoramento”, è la parola con cui Rom e Sinti definiscono lo sterminio che ha inghiottito centinaia di migliaia di persone provenienti da tutta Europa, all’interno dei ghetti, nei campi di concentramento e sterminio, nelle fosse comuni. #2agosto#Thread
I Rom e Sinti residenti in Germania sono i primi a partire sui treni diretti verso la Polonia: censiti e catalogati all’interno di un registro creato appositamente – sotto la supervisione del“Centro per la Ricerca sull’Igiene Razziale e la Biologia Demografica”.
Nel maggio 1940 sono in mille, radunati alla Fiera di Deutz, arrivati là da Colonia e dintorni, con i bambini e i violini e i sacchi impilati a terra. Solo bagagli di piccole dimensioni, quello che potevano trasportare, come era stato ordinato loro.
"A me, mio padre, mi era simpatico, anche se mi faceva alzare presto. La mattina apriva tutte le finestre, anche a meno dieci gradi. Non amava il buio. Mi svegliava con ordini gutturali: Achtung, gema, raus, auf.
E ogni tanto gli scappava un po' di tedesco: spazieren, Essen, Kartoffel, Brot, Abort... che significa ‘latrina’. L’aveva imparato a Ebensee, ed era una lingua brutta, fatta di abbai e ordini, perfetta per svegliare un adolescente.
Mio padre mi era simpatico, ma la mattina alle 6 quando mi urlava addosso in tedesco, mi urtava. Soprattutto la domenica, quando in teoria si può dormire, e lui mi svegliava lo stesso, o il #25aprile che mi svegliava per portare corone d’alloro ai cippi di via Sette Martiri.
"Perché non ho ricevuto il Premio Nobel per le mie scoperte? Una lunga storia. Storia di misoginia, di avversione verso il lavoro di noi donne. Iniziata fin dai 16 anni, quando dissi a mio padre che da grande avrei voluto fare una cosa sola: la scienziata. #WomeninScienceDay 1/7
Per questo mi ero iscritta al Newnham College di Cambridge. Mio padre non la prese bene.
Le donne, secondo lui, potevano al massimo dedicarsi alle opere di beneficenza. Che volete fare, nel 1936 era così. 2/7
Chi sono? Rosalind Elsie Franklin, anche se mi chiamavano “dark lady”, solo perché «all’età di 31 anni vestivo con la fantasia di un’occhialuta liceale».
Più volte mi fecero capire che una femminista non era gradita in quel laboratorio. Ma io non mi arresi. Mai. 3/7
Una bellissima notizia: è stata scarcerata ieri #LoujainAlhathloul, attivista per i diritti delle donne in #Arabia#Saudita. Era in prigione da più di mille giorni, colpevole di "aver minato la sicurezza e la stabilità del regno e dell'unità nazionale." bit.ly/stessalotta
Aveva rivendicato un ruolo da protagonista nella fine del divieto di guida per le donne e nell'attenuazione della figura del "tutore", il maschio di casa che fino a poco tempo fa prendeva tutte le decisioni al posto delle sue familiari.
Nel 2013, ripresa da una telecamera, guidò dall'aeroporto di Riad fino a casa, l'anno dopo andò in macchina fino alla frontiera con gli Emirati Arabi Uniti, cercando di attraversare il confine. Anche allora due mesi e due settimane in carcere.