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Ieri alla baracchina del rione, Gianna Sturzi commessa di origini siciliane discuteva con Bigio Storti serramentista bresciano leghista e lo Storti diceva che i negher non sono come noi, sono indietro come la coda del cane ed è meglio che se ne stiano a casa loro nella foresta.
Allora è intervenuto Franco Sandri, filosofo etilico, modenese, famoso per saper distinguere a naso i vitigni del Lambrusco, dice ieri ai giardinetti c’era un tizio nero come la tua anima fascia, tutto intabarrato per il freddo e voleva vendermi quei libretti di favole africane.
Al Sandri le favole africane onestamente piacciono poco ma qualche euro per un libro non si rifiutano mai e insomma fanno quattro chiacchiere e il nero si chiama Kamil ed è partito dal suo paese senza una palanca, saranno trent’anni ormai, forse più.
E Kamil diceva che si è spaccato la schiena ma piano piano qui si è fatto una vita, abita in una piccola casa decorosa con i figli, un piccolo giardinetto con una amaca e un rampicante, cose così.
E diceva che qui sta bene ci mancherebbe, ma ogni tanto se ci pensa vede il suo mare, i monti e la piazza del suo paese e allora gli si stringe il cuore.
Ogni tanto ripensa a quel grande albero dove c’era una lanterna che illuminava tutto il paese e i viaggiatori seguivano quella luce per non perdersi nella notte. E gli scogli dove finiva il fiume e si frangeva il suo mare.
E ogni tanto, continua, dice che gli piacerebbe andare a morire lì, dove sono i suoi vecchi e i suoi ricordi ma i figli, dove vuoi andare dicono, ormai fai parte di qua. E si fa una risata e sì scusa con Sandri per le chiacchiere e va via nel buio della sera fredda.
E il Sandri butta giù un quartino di rosso e guarda lo Storti che ora non parla più. E nel silenzio interviene Fabrizio Pautasso genovese, trasferitosi da quelle parti anni fa dietro alla Bruna, pugliese e dice mi hai ricordato una vecchia canzone che sentivo da ragazzo.
C’è la stessa malinconia, gli stessi ricordi, perché forse i negher non saranno come noi, ma sono le piccole cose a essere uguali, la fatica, le paure, le perdite e le sconfitte, la voglia di un piccolo giardino da curare, i legami. In fondo son sempre gli stessi, dice Pautasso.
E allora? Chiede un po’ brusco lo Storti. E allora niente, risponde il Pautasso. E allora niente. Ma se ci penso, allora... E si alza e anche lui se ne va, nel buio della sera fredda.
Per gli amanti dell’etnico la vecchia canzone sarebbe questa.
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