La mia risposta è sempre la stessa: quello che piace e le lingue straniere (al plurale, almeno due).
Non date retta a chi vi dice che occorre studiare solo quello che chiede il mercato.
Ogni conoscenza trova il suo posto.
Il mercato evolve e nei prossimi anni nasceranno mille nuovi lavori. Lavori che ora nemmeno immaginiamo.
Anche per questo servono le lingue.
Sia chiaro: la libertà di scelta nello studio è una grande opportunità. E ogni opportunità prevede rischi e contropartite.
Se ti specializzi in egittologia (meraviglia!), non puoi pretendere di lavorare a Fosdinovo, in una posizione che valorizzi il tuo campo.
Che poi anche un fisico o un matematico mediocri servono a poco. Così come un ragioniere incapace.
Certo, se studi solo per il tuo piacere, puoi permetterti di essere mediocre.
La società della conoscenza necessita e sempre più necessiterà di tutte le conoscenze. Ma che siano tali, non pezzi di carta presi
Infine, il "quello che piace" prevede anche il non andare all'università, il trovarsi un mestiere, una professione che appaghi.
Prevede scuole professionali competitive e serie, quelle sì legate al mercato, anche locale. Ma qui si entra nel discorso di come
Concludo tornando sulle lingue. Vuoi fare il fornaio? Lavoro affascinante, faticoso ma che dà soddisfazione. Benissimo, ma studia lo stesso le lingue.
Quelle ti aprono la mente. E poi vuoi mettere il poter
(Senza contare che rimorchi di più)