Gestivo con la famiglia un piccolo albergo, l’hotel “Riva Smeralda”, che si affacciava sul mare di Villagrazia di Carini, a pochi chilometri dall'aeroporto di Palermo.
Ad aiutarmi la mia bellissima famiglia.
Una famiglia serena e felice
Sorrisi, simpatia, cordialità e disponibilità erano alla base del mio lavoro.
Erano tutti contenti di soggiornare da me.
Poi arrivò quel giorno.
Quel giorno di agosto del 1980.
Erano francesi, di Marsiglia.
Ma non erano turisti venuti in Sicilia per ammirare le bellezze dell’isola.
Con una richiesta.
Poter infiltrare tra il personale dell’albergo alcuni poliziotti facenti funzione di camerieri e portieri d’albergo.
Per spiare quei tre francesi.
Era chiaro quindi che le raffinerie di droga si trovavano nel territorio di Palermo. Probabilmente vicino all’albergo.
La polizia voleva scoprire dove.
Che avrei dovuto fare? Ditemi, che avrei dovuto fare?
Se la mafia uccide, ma il silenzio e l’indifferenza pure, io potevo tirarmi indietro?
In quel momento la più grande operazione antidroga dipendeva da me.
Acconsentii.
Il 24 agosto 1980 la polizia aveva fatto irruzione in due raffinerie di Carini e Trabia arrestando non solo i tre francesi, ma anche il boss Gerlando Alberti, meglio conosciuto come "U Paccarè" (l'imperturbabile)
Tutto è bene quel che finisce bene, direte voi.
Non proprio. Anzi, per niente.
La polizia, nell’arrestare i tre francesi e il boss Gerlando Alberti, aveva commesso un errore imperdonabile.
A volto scoperto.
Non ci volle molto all’Alberti per capire quale ruolo avessi avuto nell'operazione.
Lo scoprii quattro giorni dopo.
Quando fu chiara la verità, i giornali si "dimenticarono" però di rettificare.
Tanto ormai la gente mi aveva già dimenticato pensarono.
A nulla sono valse per anni suppliche e richieste da parte della mia famiglia per il conferimento della medaglia d'oro al merito civile. Mai nessuna risposta
Per la mafia “un esempio da non imitare”.
Per tutti noi, un vero eroe.
Per non dimenticare.
Un abbraccio alle figlie Liliana, Monica e Roberta @robertaianni.