I dirigenti apostrofati come “bastardi” al servizio di un sistema di sfruttamento della classe operaia. Firmato. Brigate Rosse
E l’invito ad agire.
Queste persone «devono essere colpite dalla vendetta proletaria».
Saa, Scuola di Amministrazione Aziendale, prima business school italiana, fondata a Torino negli anni ’50 specializzata nella formazione manageriale.
E poi gli allievi del master intenti a sostenere un esame.
Erano le 15.15.
E stava per iniziare la mezz’ora più difficile la mia vita.
Avevano pure un AK 47.
“State calmi e niente scherzi. Siamo qui per una dimostrazione proletaria” urlò il giovane mentre altri giovani armati entravano nell’aula. E poi quella ragazza salì sulla cattedra.
Capimmo solo alcuni passi.
"Voi non dovete più venire in questa scuola, guai a voi se non obbedirete. Qui si formano i quadri dirigenti per le multinazionali, non fate più questi studi"
“Non dico che tu debba fare come noi, ma qui non devi più venire” gli rispose la donna.
Cinque erano docenti.
Diego Pannoni, Vittorio Musso, Lorenzo Uasone, Angelo Scordo e Paolo Turin.
E cinque studenti.
Renzo Poser, Pietro Tangari, Tommaso Prete e Giuliano Dall’Occhio. E il sottoscritto.
Non so perché mi scelsero e sinceramente la cosa non mi ha mai interessato.
Quel pomeriggio non avevo lezione.
Mi trovavo con alcuni compagni di classe in un'aula a preparare i bigliettini di Natale.
E quelle corde di nylon nero con cui ci legarono i polsi tappandoci la bocca con del nastro per pacchi.
Poi ci misero seduti per terra con la testa verso muro, nel corridoio dei bagni.
La cosa più brutta? Essere l’ultimo della fila.
Ma sentivo tutto.
Il rumore degli spari regolare: due colpi ciascuno, a distanza ravvicinata.
2, 4, 6, 8, 10, 12........
Aspettavo il mio turno. E quando toccò a me scoprii con sorpresa che se ti sparano da così vicino senti meno dolore
Sui terroristi di quegli anni si è scritto molto, trascurando spesso le vittime coinvolte.
Come chi rimase ferito in un corridoio di una scuola.
Ridotto a macelleria umana.