Thread by @dottorpax

Le misure più o meno draconiane prese dal Governo, anche se con ritardo, erano necessarie per evitare che la situazione sfuggisse di mano. Bravi.
Ora quello che tutti ci auguriamo è che stiano approntando una strategia per il dopo.

Lasciatemi essere pessimista, sulla base dei dati storici: non lo stanno facendo. Spero fortemente di soffrire di bias storico però, e di essere contraddetto dai fatti. Amo sbagliarmi su certe cose.

È chiaro a tutti che non si può mettere un paese in (quasi-) quarantena per mesi, ancora di più se i nostri vicini entrano in situazioni simili e non possono aiutarci. E se pure si potesse, ignorando gli effetti economici (ipotizziamo non ci interessino), ci sono altre cose

da considerare. Ne cito tre, tutte legate a quella che in teoria è nota come compensazione del rischio. Comincio dall'effetto Pelzman.
In una serie di lavori, partendo dall'analisi dell'industria automobilistica, Pelzman ha notato che ogni regolamentazione volta ad aumentare

la sicurezza produce effetti inferiori alle attese, perché le persone reagiscono alle nuove regole adattandosi. Paradossalmente (e mediamente), se so di indossare la cintura di sicurezza, tenderò a guidare in modo più azzardato, perché mi sentirò più sicuro.

Se la mia macchina è coperta dall'assicurazione, darò meno peso ai piccoli incidenti (quindi implicitamente abbasso il livello di guardia), perché so che non dovrò pagare direttamente i danni. E ricordate che molti grossi incidenti sono piccoli incidenti andati male.

Questo si lega anche all'azzardo morale che gli economisti conoscono bene, anche se la prospettiva è un'altra, più contrattualistica. Se vi interessa, qui il lavoro originale di Pelzman: jstor.org/stable/1830396

Concetto collegato, ma non sovrapposto, è quello di omeostasi del rischio, proposto da Gerald Wilde (e.g. ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/P…). Ognuno di noi ha un livello di rischio ritenuto accettabile, che tenderà a mantenere. Per cui, se si introducono regole volte ad aumentare

la sicurezza, e io percepisco questa sicurezza come eccessiva (per me), sarò (stupidamente o razionalmente, non discutiamo questo ora) propenso ad aumentare i miei comportamenti rischiosi, per riportare la rischiosità percepita al mio livello naturale.

Lo abbiamo già visto con quelli che rifiutavano di stare a casa prima dell'obbligo di legge.
Se gli altri stanno in casa IO posso uscire, perché è più sicuro di prima. Perché IO non sono infetto, IO sono forte e in salute, IO non ho paura, IO non abdico all'apericena, IO...🚑

L'omeostasi del rischio si lega bene anche a un fenomeno che tutti conosciamo, quello dell'assuefazione. Se non si è abituati ai bombardamenti, un botto ci spaventa.
I bambini in Siria, ahinoi, giocano sotto le bombe, perché ormai sono la loro normalità.

Eppure, per loro, il rischio di morire è purtroppo molto superiore al nostro. Ma noi umani siamo animali che si adattano facilmente, per questo abbiamo colonizzato il globo.
Per questo siamo a volte facili e a volte difficilissimi da predire nei comportamenti.

L'adattamento, l'assuefazione e il cambiamento di percezione del rischio (ci sono le regole che mi proteggono, sono più sicuro!), ci portano poi a un concetto a me molto caro, quello del paradosso della ringhiera (#fenceparadox).

A riguardo, se vi va, trovate qualcosa qui (con @carloalberto) ilfoglio.it/cronache/2018/… e qui: pasqualecirillo.eu/resources/fenc…

Tutto quello che ho scritto può essere tradotto in modo formale, sia con un approccio assiomatico alla teoria del rischio (usando anche le vituperate funzioni di utilità), sia definettianamente, imponendo solo minimi requisiti di coerenza nelle scelte.
Buona domenica.

E se non amate l'inglese, ma solo per la mia piccola parte, trovate qualcosa qui: pianoinclinato.it/ringhiera-para…