Qui scrivo delle campagne politico-mediatiche contro i tecnici. Ora sotto attacco è il dg del Tesoro Alessandro Rivera, accusato d'essere il perfido "superburocrate" che senza motivo impedisce al governo di dare liquidità alla imprese. È solo l'ultimo. 1/n ilfoglio.it/politica/2020/…
Prima di lui è toccato ad altri. È una strategia collaudata in epoca gialloverde, utilizzata per far saltare teste non allineate: Daniele Franco, Tito Boeri, Mario Nava, Roberto Garofoli. Era la famosa “megavendetta” contro i “pezzi di merda del Mef” di Rocco Casalalino. 2/n
"Abbiamo bisogno di persone di fiducia, non di vipere in posti chiave del Mef e della Ragioneria”, disse il M5s quando Di Maio accusava la fantomatica “manina”. Sul banco degli imputati c’era il Ragioniere dello Stato Daniele Franco, ora direttore generale di Banca d’Italia. 3/n
Una delle prime vittime fu Tito Boeri, allora presidente dell’Inps, accusato di infedeltà istituzionale e di “fare politica” perché diffondeva dati sgraditi al governo. Al posto di Boeri Di Maio non mise uno "più indipendente", ma un suo fedele consigliere: Pasquale Tridico. 4/n
Poi è toccato a Mario Nava, presidente di Consob, accusato di non essere indipendente perché aveva avuto il distacco anziché l’aspettativa dalla Commissione Ue. Nava si dimise. Al suo posto non fu messo un "indipendente", ma un esponente del governo: il ministro Paolo Savona. 5/n
Ma la storia più grave, che voglio spiegare in dettaglio perché emblematica, è quella di Roberto Garofoli, ex Capo gabinetto del Mef con Pier Carlo Padoan e poi confermato da Giovanni Tria. Anche lui portato a dimettersi dopo una campagna politico-mediatica senza precedenti. 6/n
Nell’autunno 2018, nelle tese settimane della manovra gialloverde, quando nelle istituzioni c’era chi resisteva alla “strategia del balcone” del M5s, sul Fatto quotidiano parte una campagna contro il Capo di gabinetto del Mef: la testa che il M5s aveva deciso di far rotolare. 7/n
In poche settimane il giornale vicino al M5S dedica decine di articoli e diverse violente prime pagine a Garofoli. Una character assassination sistematica e prolungata, fatta anche di incursioni nella vita privata, con un martellante gioco di sponda tra giornale e partito. 8/n 
Garofoli era accusato di essere la "manina" che aveva inserito nel decreto fiscale una norma a favore della Croce Rossa in conflitto d’interessi (cioè come scambio per uno sconto su una casa) e anche di aver fatto lavorare in nero una persona nella casa editrice di famiglia. 9/n
Sulla base delle accuse nate sull'asse Fatto quotidiano-Palazzo Chigi, il M5s scatenò una feroce campagna contro il Capo di Gabinetto del Mef che, nonostante la difesa del ministro Tria, portò alle dimissioni di Garofoli (a dicembre dopo la chiusura della legge di Bilancio). 10/n
Cosa resta di quelle accuse? Dopo oltre due anni è lo stesso Fatto quotidiano ad ammettere che erano false. Pochi giorni fa, come parte di un accordo extragiudiziale, il giornale di Travaglio ha pubblicato un comunicato in cui riconoscere l'infondatezza della sua campagna. 11/n
Garofoli non c'entrava nulla con l'erogazione alla Croce Rossa. E il collaboratore della casa editrice non era "in nero". Dopo tante prime pagine, la verità in un box nello spazio delle lettere (a pag. 12). Ma cosa importa della verità? L'obiettivo politico è stato raggiunto. N/n
