Una vergogna invisibile solo per chi non vuole vederla.
Questa è la rotta balcanica, da cui arrivano testimonianze e foto delle terribili violenze e stenti di cui sono vittime i #migranti.
Al campo di #Bihac, in Bosnia, i referti registrano ferite sconvolgenti, stupri, ossa rotte, morsi dei cani dei soldati croati. Con la Slovenia e l'Italia che intercettano e rimandano indietro le persone: 4.400 solo nel 2020 secondo i dati della Questura di #Trieste.
Si chiamano, dice il Viminale stesso, "riammissioni senza formalità", e non tengono conto dei termini del Trattato di Dublino: anche chi avrebbe diritto all'asilo in Italia viene rimandato indietro, in virtù di un accordo tra Italia e Slovenia che risale agli anni '90.
In un visita a San Vittore, circa due anni fa, #LilianaSegre disse che gli unici gesti di umanità che ricevette prima della deportazione vennero dai detenuti.
I carcerati si affacciarono alle finestre, dando un ultimo gesto di solidarietà alle persone che venivano condotte dal carcere verso i campi di sterminio, in una Milano indifferente alla sorte di tante persone innocenti.
Questa settimana, la senatrice Segre ha presentato un'interrogazione parlamentare chiedendo che i detenuti siano tra i primi a essere vaccinati contro il Covid.
Io mi chiedo come possa venire in mente nel 2021 di fare una roba del genere: un calendario con dodici foto di donne con addosso soltanto una mascherina tricolore, e pure un concorso online per scegliere l'immagine più votata.
Persino la fotografa autrice degli scatti, Tiziana Luxardo, si è dissociata dal #Codacons, dicendo che "l'idea del concorso la boccio, non ne sapevo nulla e non c'entra niente con il mio lavoro, non mi appartiene."
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Mentre proprio in questi giorni si continua a discutere su senso e messaggio di programmi come Miss Italia, ancora una volta il corpo delle donne viene proposto in un contesto di competizione e valutazione da parte del pubblico.
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In questi giorni alcuni amici erano in vacanza a #Lampedusa.
Ho seguito sui social le loro storie, le foto e i video, le giornate in barca, i fondali delle diverse cale le passeggiate su quella terra scura e rocciosa che mi ha rapito il cuore. E, a seguire, i commenti entusiasti.
Poi guardo i servizi in Tv e sui giornali e sembra di assistere alll’apocalisse.
Il sindaco che parla di situazione insostenibile e minaccia lo sciopero dell’isola contro i #migranti, il Presidente #Musumeci che invoca un Consiglio dei Ministri straordinario...
... La onnipresente ex senatrice della Lega Angela Maraventano che organizza i suoi soliti show razzisti al porto.
Due realtà, quella vacanziera dei miei amici e quella riportata dei media, completamente opposte. Due mondi diversi, eppure Lampedusa non è certo grande.
#EbruTimtik è morta ieri in una prigione turca, al 238esimo giorno di sciopero della fame. Era un'avvocata per i #dirittiumani, faceva parte dell'associazione avvocati progressisti della #Turchia, che si batte per la libertà di espressione e le fasce più deboli della popolazione.
Il 14 agosto la Corte Costituzionale turca aveva respinto la richiesta di rilascio a scopo precauzionale per lei e #AytacUnsal, suo collega. "Non ci sono informazioni o reperti disponibili sull'emergere di un pericolo critico per la loro vita", avevano scritto.
Ora è morta.
Il presidente dell'associazione degli avvocati di Ankara, Erinç Sagkan, ha scritto: "coloro che le hanno voltato le spalle hanno massacrato la giustizia e la coscienza."
Una bambina di dieci anni. In #Brasile. Ripetutamente stuprata dallo zio, da quando ne aveva sei. Rimasta incinta. Ha deciso di abortire. L'hanno chiamata “assassina”. Il deputato conservatore Joel da Harpa ha cercato in ogni modo di entrare in ospedale per impedire la procedura.
Le leggi sull’interruzione di gravidanza in Brasile risalgono al 1930: l’aborto non è legale, ma nonostante questo un tribunale ha deciso che avrebbe potuto interrompere la gravidanza, poiché vittima di violenza sessuale.
Aveva seri problemi di salute per la gravidanza precoce, oltre a quelli psicologici.
L’ospedale di Vitória (Espírito Santo) si è rifiutato di fare la procedura. Si è messa in viaggio, con la nonna: 2000 chilometri, per effettuarla a Recife.
Avevo appena 13 anni quando gli Stati Uniti hanno fatto esplodere la prima bomba atomica sulla mia città, #Hiroshima. Lo ricordo ancora chiaramente: alle 8:15 ho visto un lampo accecante bianco-azzurrognolo dalla finestra. Ricordo la sensazione di essere come sospesa in aria.
Mentre riprendevo conoscenza nel silenzio e nell’oscurità, mi sono vista seppellita sotto un edificio crollato. Ho iniziato a distinguere i flebili lamenti dei miei compagni di classe: “Madre, aiutami. Dio, aiutami.”
Poi, all’improvviso, ho sentito una mano che toccava la mia spalla e un uomo che diceva: “Non arrenderti! Continua a spingere! Sto cercando di liberarti. La vedi la luce che filtra da quel varco? Striscia verso di essa più veloce che puoi.”