Tragicommedia all’italiana.
Nel nuovo CTS uno dei membri sarà Alberto Gerli.
Quello per cui dopo 17 giorni di misure la pandemia farà il suo corso, non servono misure più forti e in 40 giorni le infezioni “si sgonfiano da sole”.
Mettetevi comodi, è una storia bellissima.
È il 2 aprile 2020 quando Gerli, imprenditore e startupper, scrive (su Twitter) all’allora Presidente del Consiglio @GiuseppeConteIT e a @zaiapresidente, Presidente della Regione Veneto.
Qui c’è il mio modello, scrive Gerli. “Vi tornano i numeri?”.
Temendo (a ragione) che il tweet a Conte e Zaia possa cadere nel vuoto, a pochi minuti di distanza Gerli scrive a @Fedez e a @ChiaraFerragni.
Target più plausibili.
Ho fatto un modello per prevedere la pandemia, scrive Gerli. “Mi aiutate a diffonderlo?”.
Il giorno dopo, inascoltato, scende a più miti consigli.
Contatta @elencomelli (Corriere, Sole 24 Ore): “ti ricordi di me? Illuminazione stradale a LED dai telescopi?”.
Con queste credenziali, come non rispondergli.
E così inizia la nuova avventura.
Ma di quale “modello predittivo” si parla?
Di una cosa insieme banale e campata in aria.
Però sostiene che un lockdown duro in quel momento non serva. E i giornali, in fase “riapertura”, ne hanno bisogno come dell’ossigeno.
Perché quando si è in lockdown *costante* è facile prevedere che le infezioni piegheranno e si arresteranno dopo un certo numero di giorni.
Lo dice qualsiasi modello epidemiologico, non ne serve nessuno di speciale.
Di certo non serve qualcuno che usi i dati delle infezioni *durante un lockdown costante* per sostenere che la forza successiva del lockdown non incida sulla curva epidemiologica.
Esempio: Svizzera. Il modello ci azzecca.
Ma semplicemente perché le misure restano identiche.
Il modello è campato in aria perché mette insieme una serie di curve, spezzettate, per approssimare i dati e prevedere il futuro.
Si chiama "overfitting": produce risultati ottimi su dati su cui è stato calibrato, ma si perde in un bicchiere d’acqua quando gliene dai di nuovi.
Sarà forse anche per questo che le predizioni che ne escono sono praticamente sempre sbagliate.
Il 4 aprile Gerli scrive a Cuomo, Governatore dello Stato di New York in piena pandemia.
Prevede 130.000 contagi al 30 giugno.
La realtà sarà appena diversa: 420.000 infezioni.
Insomma, malgrado abbia un vantaggio stratosferico (lavorare con numeri che piegano già, con misure di contenimento *costanti*) il modello non funziona praticamente mai.
Provatelo, finché siete in tempo e non lo tirano giù: predictcovid19.com
All’epoca ne scrissi subito, spiegando perché il modello di Gerli e altri fosse "falso e pericoloso".
Qui uno splendido thread di Fabio Sabatini che spiegava perché @Corriere avesse pubblicato "un pezzo intriso di fallacie logiche che giunge a conclusioni inaffidabili e fuorvianti".
Vi ricordate cosa diceva il modello? Bastano 17 giorni di dati per prevedere dove finirà la pandemia, a prescindere dalla forza delle misure di contenimento dopo.
Non importa che sia un'affermazione infondata e ascientifica.
17 giorni, e conosceremo il futuro.
Il numero 17 sembra magico.
Ancora tre giorni fa, Gerli spiegava al @Giornale:
“Ormai sappiamo che le curve dell’epidemia durano 40 giorni, e che se si vuole contenere la crescita bisogna farlo nei primi 17 giorni. Altrimenti, le curve seguiranno il loro corso naturale”.
Capito? Agire in 17 giorni, o le curve pandemiche andranno al loro picco e si "sgonfieranno da sole".
Dunque non importa che, in Italia, l'allentamento repentino delle zone colorate di inizio dicembre sia arrivato subito prima di quella mini-ondata a gennaio.
Giusto?
E poco importa che, ancora oggi, Gerli non ne stia azzeccando una.
Predizioni di fine gennaio, subito prima della terza ondata: "In Lombardia a marzo un quarto dei contagi".
Al 16 marzo, dunque, intorno a 300.
Dati a ieri? 5.849 nuovi casi.
Ma c'è "l'incognita varianti"!
Ancora Gerli, 30 gennaio 2021: "A fine febbraio il Veneto zona bianca".
8 marzo: Veneto in zona arancione.
15 marzo: Veneto in zona rossa.
A volte Gerli sbaglia addirittura per difetto.
“Nei prossimi giorni i contagi in Italia aumenteranno ancora, toccando anche i 35-40mila casi verso il 20 marzo".
35mila è possibile, 40mila altamente improbabile.
Stiamo a vedere.
Ma, nello stesso articolo, Gerli ripete il suo mantra.
Quando i contagi inizieranno a calare "non sarà merito delle zone rosse (...), ma saranno conseguenza del fatto che la curva inizierà a scendere da sola. E lo avrebbe fatto anche senza ulteriori restrizioni".
A poco vale che @SecolodItalia1 mi accomuni a Gerli, solo perché ho espresso dubbi sulla forza attuale delle misure per l'Italia.
L'ho fatto nella profonda consapevolezza che le misure di contenimento (incluse le zone colorate) *funzionino*.
Ne ho scritto moltissimo e per mesi.
Non è cabala, è scienza.
Ma ne siamo sicuri?
In fondo, sapete quanti giorni trascorrono tra quando Gerli contatta @elencomelli su Twitter (3 aprile) a e quando l’articolo compare su @Corriere (19 aprile)?
QUASI DICIASSETTE.
Un caso? Io non credo.
Conclusione triste.
È il 14 marzo, piena pandemia in Italia. Gerli contatta @zaiapresidente per un'informazione di massima importanza.
"Ho ricevuto da un'azienda cinese disponibilità per quantità importanti di mascherine. Vuole che le giri l'email?".
Chi non ne avrebbe bisogno.
🇮🇹🦠Ieri ho ricevuto la prima dose di #AstraZeneca.
Ho 37 anni, ma sono uno dei fortunati: ho un contratto con un'università.
L'ho fatto per responsabilità: non trovo giusto ostacolare la campagna vaccinale, e #OgniDoseConta.
Ma quella dose non avrei dovuto riceverla.
Un thread.
Ho riflettuto fino all'ultimo se fare o meno il vaccino.
Come sapete l'utilità marginale di questa vaccinazione per me e per l'Italia, oggi, è bassa.
Con poche dosi a disposizione dovrebbero essere vaccinate per prime le persone anziane e fragili. ispionline.it/it/pubblicazio…
Non che la vaccinazione delle persone over-80 stia andando malissimo.
Dal 19 febbraio al 15 marzo le persone ultraottantenni che avevano ricevuto almeno la prima dose di vaccino in Italia sono cresciute dal 6% al 37%.
Prendete dicembre. Guardate la distanza tra riga gialla e azzurra, sopra, e l'altezza della riga rossa, sotto. Sembra quasi che l'eccesso sopra sia *meno* dei decessi #COVID19 ufficiali.
Ma non è così: semplicemente, negli anni passati l'inverno era il periodo dell'influenza.
Come mostra la sorveglianza settimanale di @istsupsan, quest'anno l'influenza l'abbiamo praticamente eradicata.
Questo ci dà la misura di quanto sia *forte* #COVID, malgrado le nostre misure di contenimento.
Ma ci dice anche che fare la differenza con 2015-2019 è sbagliato.
🦠🇮🇹 Mentre continuiamo ad azzuffarci su #AstraZeneca e #Pfizer, la nostra strategia vaccinale ci ha fatto perdere due mesi di tempo.
La riduzione di letalità di #COVID19 che raggiungeremo a fine marzo (-21%) la avremmo potuta raggiungere a inizio febbraio.
Ve lo spiego.
Ve ne parlo da mesi: la strategia vaccinale italiana si è concentrata molto sui sanitari, poco sui grandi anziani.
Ancora al 20 febbraio, mentre grandi paesi europei come Francia e Germania avevano vaccinato con prima dose più del 20% degli over-80, noi eravamo fermi al 6%.
Risultato? Dopo oltre due mesi di campagna vaccinale contro #COVID e milioni di dosi somministrate, la letalità della malattia si era ridotta di meno del 10%.
Per un mese e mezzo, la riduzione è stata inferiore al 5%.
Praticamente nulla.
E intanto arrivava la terza ondata.
🦠🇮🇹 Non solo @Cartabellotta ha ragione a mettere in guardia sulla terza ondata di #COVID19 in Italia, ma la situazione è persino più grave di come la descrive.
Nino usa i dati dei ricoverati in terapia intensiva, ma il numero da seguire è quello dei nuovi ingressi.
Un thread.
Innanzitutto, è ovvio, le terapie intensive (TI) sono un numero che cambia in ritardo rispetto all'evoluzione dei contagi.
Ma precedono di diversi giorni i decessi.
E sono più robuste dei contagi, perché non risentono delle politiche di testing.
Giusto osservare quelle.
C'è un problema, però: i ricoveri gravi di un'ondata di #COVID hanno una "coda lunga".
Tante persone restano ricoverate in TI per settimane, creando uno stock di persone che esce dalle TI (perché migliorate o perché, purtroppo, decedute) piuttosto lentamente.
🇮🇹🦠 #COVID19 e vaccini in Italia: bene ma non benissimo.
Il numero di dosi di #VaccinoAntiCovid consegnate ma non ancora somministrate continua a crescere.
Da qualche giorno siamo stabilmente sopra ai due milioni (!).