Thread by @dariodangelo91

🚨Lo scenario nei #Balcani, il ruolo dell'#Italia e la sfida #USA-#Russia

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Gli ultimi sviluppi della crisi in #Kosovo raccontano fondamentalmente due cose.
La prima: allarmati dalla prospettiva di una guerra nei Balcani, gli americani hanno fatto il loro ingresso ufficiale

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nella partita.
La seconda: è concreto il rischio che sia comunque troppo tardi per ricacciare il genio all'interno della lampada.
Per comprendere la preoccupazione di Washington basta leggere le dichiarazioni rilasciate nelle scorse ore dall'inviato speciale USA per i Balcani

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occidentali, Gabriel Escobar, giunto a Pristina per incontrare il premier #Kurti e ribadire il sostegno americano allo stato kosovaro. Alla vigilia dell'incontro con il presidente serbo #Vucic, in procinto di presentare domanda ufficiale alla #NATO per consentire all'esercito

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e alla polizia serba di dispiegare le sue forze nel nord del Paese, Escobar ha così riassunto la posizione americana:
"Siamo categoricamente contrari all'idea, la rifiutiamo categoricamente, non la sosteniamo affatto". Repetita iuvant.
A dedicarsi alla materia kosovara è

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stato nelle ultime ore anche il più importante geopolitico al mondo, George #Friedman, segnale non solo del fatto che questo Blog non sbaglia ad occuparsi (quasi in solitaria nello Stivale) della crisi balcanica, ma pure della considerazione che questo tema sta conquistando a

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livello internazionale. A Friedman occorrono poche righe per spiegare i Balcani: "Ciò che sembrerebbe banale per altri, non lo è qui. Nei Balcani la memoria è lunga e non perdona. I Balcani influenzano tutto ciò che li circonda. La Prima guerra mondiale è iniziata in Bosnia.

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Ma per quanto riguarda il nostro tempo, la conclusione della guerra del Kosovo ha generato una profonda sfiducia della Russia nei confronti degli Stati Uniti".
Quello di Friedman è un riferimento storico: 12 giugno 1999, aeroporto "Slatina" di Pristina.

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I russi, decisi a rivendicare un ruolo nella gestione di Serbia e Kosovo al termine dei bombardamenti NATO, sparigliano prendendo alla sprovvista il contingente occidentale. Circa 300 soldati di Mosca assumono così il controllo dello scalo. Il generale americano Wesley Clark

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ordina di "sopraffare" le truppe russe, ma il generale inglese Mike Jackson, suo sottoposto, prende in mano la situazione, rifiuta lo scontro aperto e scandisce: "Io non inizierò la Terza Guerra Mondiale per te". Risultato: la NATO non spara, ma circonda i russi e li

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costringe a sgomberare l'aeroporto. Questo evento, afferma Friedman, "ha influenzato molto l'ascesa di Vladimir #Putin e la sua sfiducia negli Stati Uniti. Lo convinse che gli USA volevano schiacciare la Russia, e salì alla presidenza con la promessa di non permettere che la

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Russia fosse trattata con disdegno in futuro".
Ma se Mark Twain aveva ragione, se è vero che la storia non si ripete ma qualche volta fa rima con se stessa, nei Balcani questo concetto vale ancora di più. In Ucraina, scrive Friedman, "c'è una guerra che coinvolge Russia e

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USA. Finora non sta andando bene per la Russia. Quando si combatte una guerra, costringere il nemico a distogliere la sua attenzione è fondamentale, soprattutto quando c'è - nella migliore delle ipotesi per la Russia - una situazione di stallo. Hanno cercato altri modi per

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distrarre gli ucraini, ma sono gli americani che devono essere distratti. La Serbia è vicina alla Russia, come lo è stata per molto tempo. Gli Stati Uniti hanno una storia profonda nella regione. Un altro conflitto tra Serbia e Kosovo non cambierebbe di per sé il corso della

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guerra ucraina, ma potrebbe, a basso costo, indurre gli americani a perdere un po' di concentrazione se dovessero dirottare le forze per proteggere il Kosovo, una sorta di obbligo che risale agli anni Novanta. In ogni caso, la Russia non ha molto da perdere e la Serbia è

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sempre pronta a fare i conti con il Kosovo. Siamo partiti da una piccola sparatoria tra Serbia e Kosovo per questioni troppo banali per essere credute. Si tenga conto che il motivo dello scontro a fuoco non ha nulla a che fare con questioni banali, ma con il tentativo di

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ricreare la guerra del Kosovo. Se i russi volevano un diversivo a basso costo e a basso rischio, avevano molte fiches da mettere in gioco sulla Serbia. Certo, ci sono stati scontri prima di questo, ma gli scontri ci sono sempre. La questione non è come iniziano, ma a cosa

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portano. Per questo motivo, potrebbe essere utile tenere d'occhio il confine tra Serbia e Kosovo".
Questo Blog lo sta tenendo d'occhio. E dalle informazioni raccolte nelle ultime ore lo sta facendo anche l'Italia.
Ogni anno il comando della missione NATO #Kfor viene

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rinnovato. Negli ultimi dieci anni, per nove volte la guida delle forze Alleate è stata assegnata ad un italiano. Fonti ben informate sussurranno che sul ruolo oggi occupato dal generale #Ristuccia avrebbe messo gli occhi la #Turchia. Roma non è intenzionata a cedere il

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passo. Ieri è stato il ministro #Crosetto a parlare del Kosovo come di un "altro fronte drammatico che si sta aprendo in Europa, tra Kosovo e Serbia, perché ci sono fuochi che non si spengono, braci che continuano ad ardere sotto le ceneri, anche quando sembrano spente". E a

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ricordare che "non è un caso che sia i serbi che i kosovari ci chiedano in questo momento nel nord del Kosovo di schierare le forze di Kfor comandate da un italiano, perché sono garanzia per tutti e due gli schieramenti".
Ma perseguire la propria strategia (i Balcani sono

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per l'Italia una questione di sicurezza nazionale), a maggior ragione considerando il rischio che Mosca si inserisca nella partita, comporterà dei rischi.
Siamo pronti a correrli? L'opinione pubblica è preparata ad uno scenario simile?
Io, purtroppo, non credo.

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