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Johannes Bückler @JohannesBuckler
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A Selvino, sulle Prealpi bergamasche, c’è una struttura in disuso. Dichiarata nel 2015 dal Ministero dei beni culturali di notevole interesse storico e architettonico.
Si cerca di recuperarla come “luogo di accoglienza, di speranza e di ritorno alla vita”.
Vediamo il perchè.
L’edificio fu costruito nel 1933 durante il fascismo come luogo di villeggiatura per i ragazzi della elìte del regime. Venne chiamata “Sciesopoli”, dal nome di un eroe nazionale, il calzolaio Amatore Sciesa l’eroe del “Tiremm innanz! (Andiamo avanti!).”
Perché vi parlo di un edificio in disuso ex colonia per bambini?
Perché è necessario salvaguardare la memoria di Sciesopoli portando la sua storia anche nelle scuole.
Per quello che ha rappresentato alle fine della guerra.
Un luogo sicuro per centinaia di bambini.
#MdT 1945 – La guerra è finita. L’Europa è attraversata da una moltitudine di profughi alla ricerca di una sistemazione qualsiasi. La maggior parte di loro è sopravvissuta ai lager nazisti.
Tragedia nella tragedia, molti di loro non possono tornare alla loro casa.
Tra questi profughi ci sono migliaia di bambini. Scheletriti, malati, molto spesso orfani. I più fortunati trovano rifugio in conventi o istituti religiosi.
I bambini sono sì bisognosi di cure, ma ancor di più è per loro necessario ricostruire la fiducia nell’umanità.
Il CNL concede alla Comunità Ebraica di Milano l’uso del Palazzo Odescalchi a Milano. Con l’aiuto della Brigata Ebraica, la Comunità si impegna nell’accoglienza dei piccoli sopravvissuti alla Shoah, provenienti dell’est Europa.
Gli spazi risultano però insufficienti. Raffaele Cantoni, presidente della Comunità ebraica, contatta il biologo Luigi Gorini, che gestisce una sorta di sanatorio per i bambini gracili della città, la Sciesopoli di Selvino.
All’inizio furono una ventina gli ospiti, ma piano piano il numero andò aumentando. Gli istruttori erano volontari della Comunità ebraica e della Brigata ebraica.
I bambini erano passati attraverso orrori più grandi di loro. Ma la vita a Sciesopoli aveva delle regole perché tutti dovevano contribuire al buon funzionamento. I più grandi seguivano i più piccoli. Non fu facile per bambini (passati attraverso i lager) accettare quelle regole.
I ragazzi apprendevano un mestiere, calzolaio, falegname e sarto. E poi spazio per la scuola e per il gioco. I ragazzi erano educati alla tradizione e alla cultura ebraiche, in preparazione per il loro successivo ritorno a casa.
La colonia funzionava come un kibbutz formativo
Furono circa 800 i “bambini di Selvino” che a “Sciesopoli” trovarono nuovo senso alle loro vite.
I "bambini di Selvino" furono una storia di solidarietà e speranza.
Solidarietà e speranza che in questo Paese non sono mai mancate.
E non mancheranno mai. Malgrado tutto.
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