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Mi chiamo Luigi Corsi, maggiore commendatore, specializzato in opere di artiglieria per la Regia Marina Borbonica.
Vedo che non mi avete dedicato nemmeno una pagina su Wikipedia.
Sinceramente la cosa non mi stupisce.
Eppure sono tante le onorificenze ricevute.
Croce di cavaliere di Francesco I di 1a classe; commenda di 1a classe; commenda del Pontefice Pio IX; croce con Crochot di Carlo III di Spagna; croce di cavaliere di 1a classe di S. Valdimiro di Russia; croce di cavaliere di S. Ludovico di Parma; croce dei SS. Maurizio e Lazzaro.
Mi chiamo Luigi Corsi e sono arrabbiato. Ma non per Wikipedia.
E neppure perché qualcuno ha tolto la mia epigrafe dalla statua.
Sono arrabbiato perché la fabbrica che guidavo fin dalla sua nascita (1840), ero il punto di riferimento del comparto metallurgico delle Due Sicilie.
Era una fabbrica che ci invidiava il mondo intero.
Producevamo ruote per navi a vapore, macchine per le fonderia di Napoli, macchine e strumenti per gli stabilimenti napoletani, decine di macchine motrici, le strumentazioni per la fabbrica d’armi di Torre Annunziata.
Costruivamo nuove locomotive a ruote accoppiate, in grado di affrontare salite impervie. E poi statue di bronzo e ferro, elmi, sciabole, baionette, cannoni, proiettili, letti per ospedali e realizzavamo lavori per Regge di Caserta e Napoli. Riparavamo piroscafi e locomotive.
Venivano da tutto il mondo a visitare la fabbrica di Pietrarsa che dirigevo.

Lo zar di Russia, Nicola I, che manifestò l'intenzione di prenderla a modello per il complesso ferroviario di Kronštadt e nel 1849 ricevemmo pure la visita di papa Pio IX.
Nel 1860, quando ci visitò Garibaldi, la fabbrica occupava 1125 persone, 850 operai stabili più operai occasionali.
Eravamo la maggiore fabbrica metalmeccanica italiana.
Eravamo.
Almeno fino al 1861. Fino all’'Unità d'Italia,
Con l’Unità d’Italia era due gli stabilimenti che offrivano affidabilità al Governo: l'Ansaldo a Genova (legata ai Savoia) e la mia fabbrica di Pietrarsa.
Rattazzi doveva decidere quale delle due doveva diventare un’azienda di Stato. In realtà lo aveva deciso da tempo.
Nominò un ingegnere di Nizza, Sebastiano Grandis, amico dei Savoia.
Fu la nostra fine.
Scrisse una relazione dipingendo negativamente l'attività e la redditività della nostra fabbrica consigliandone la vendita o la demolizione.
Era falso. Ma così la fabbrica passò ai privati.
A tale imprenditore Jacopo Bozza, con fama di sfruttatore. Per 30 anni e quattro soldi. E le sue intenzioni furono subito chiare.
Chiuse la scuola di formazione, aumentò le ore di lavoro riducendo il personale. Rimasero ben presto solo 458 operai, sfruttati e quasi mai pagati.
E arrivò quel 6 agosto 1863. I lavoratori di Pietrarsa si erano riuniti nel piazzale dell’azienda. Arrivò la polizia, ma essendo gli animi troppo agitati chiesero l’intervento dei bersaglieri e carabinieri. Arrivarono e attaccarono gli scioperanti a colpi di fucile.
Luigi Fabbricini, Aniello Marino, Domenico Del Grosso e Aniello Olivieri rimasero sul selciato.
Lo so, voi festeggiate la festa del lavoro per un fatto accaduto dall’altra parte dell’oceano anni dopo.
Spiegatemi il perché.
L’episodio fu messo a tacere. I licenziamenti no.
Ve lo giuro.
Pietrarsa era un esempio ammirato all'estero per la formazione, per la qualità della produzione e per essere riuscita a ridurre il gap tecnologico che il Regno stesso aveva nei confronti dell'Inghilterra e degli altri Stati più industrializzati.
Nei due anni che precedettero la svendita di Pietrarsa fu incredibile il lavoro di deprezzamenti, speculazioni, manovre basse per svilire lo stabilimento.
Il giornale di Milano, il Pungolo, in testa.
In una lettera bollò la fabbrica “Un peso per lo stato, praticamente inutile”
Non potevo stare zitto e “ “In confutazione delle dicerie sopra la vendita di esso Stabilimento” ribattei punto su punto le stupidaggini di quel giornale. Non servì a niente.
Fine della storia. L’ennesima storia che avete dimenticato.

bit.ly/2Zf327e
Ansaldo contava la metà degli operai di Pietrarsa.
Raddoppiò il personale dopo che le commesse, fino a quel momento appannaggio di Pietrarsa, furono girate all’Ansaldo.
E’ così che oggi Pietrarsa è soltanto un museo.
“Tutte le volte che la storia ha imposto scelte economiche-finanziarie alternative, il Meridione è stato di fatto sacrificato a vantaggio del Nord” mi disse un giorno l'amico Gianfranco Miglio.
Vero.
Andò proprio così.
Con o senza Wikipedia.
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