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Sono contento che l'opinione pubblica e i media si siano accorti dei terroristi latitanti ancora all'estero. Non è la prima volta e non sarà l'ultima. Detto comunque che sarà difficile, se non impossibile.
Forse per alcuni, se cambiano le condizioni nel paese in cui si trovano.
Naturalmente di questi latitanti vi avevo spesso raccontato con le mie storie. Oggi ve ne ripropongo una che ha colpito la mia città, Bergamo, tanti anni fa.
Giuseppe è nato a Monghidoro (BO) il 15/02/1929. Si è arruolato nell’Arma nel 1950 diventando appuntato nel 1959.
Dal 1972 è in servizio al Comando Gruppo di Bergamo.
#MdT 13/03/1979 – Giuseppe ha concluso la sua giornata di lavoro nella caserma di Via Masone a Bergamo. Deve correre a casa perché deve accompagnare il figlio Mauro dal dottore. Non si toglie nemmeno l’uniforme.
Mauro ha 13 anni e ha una tosse forte.
Il dott. Piersandro Gualteroni, medico del carcere, ha lo studio al civico 9 di via Donizetti, in Città Alta. L’ambulatorio è pieno. Giuseppe fa accomodare il figlio ed esce in cortile a fumare una sigaretta.
#MdT 13/03/1979 – Ore 19.20 Due uomini col passamontagna sono appena entrati nel cortile. Gli ordinano di entrare nello studio. Giuseppe reagisce e affronta l’uomo con la pistola nel tentativo di disarmarlo e immobilizzarlo.
E’ quasi riuscito nel suo intento, lo ha bloccato e sta per estrarre la pistola, ma il malvivente con uno strattone si libera. E spara.
Tre colpi al petto di Giuseppe, che muore sul colpo.
Dopo aver esploso altri due colpi in aria gli uomini fuggono su una Vespa.
Richiamato dalle urla e dal trambusto, un istante dopo, esce in cortile il figlio Mauro. Il papà è a terra. Il piccolo Mauro è impietrito e terrorizzato, accanto alla salma del padre. Poco dopo mani pietose lo riaccompagnano a casa dalla madre.
#MdT 14/03/1979 – Ore 01.00 Una telefonata anonima anonima al centralino de L’Eco di Bergamo. La voce è di un bergamasco.
Fu Dalla Chiesa in persona a dirigere le indagini sulla morte dell’appuntato Giuseppe Gurrieri. Nei mesi successivi ci furono 230 perquisizioni che portarono al “Processone di Via Gleno”
Per l’omicidio di Giuseppe furono condannati Narciso Manenti (ergastolo, aveva sparato lui), ed Enea Guarinoni (25 anni).
Guarinoni si dissociò subito e uscì dopo pochi anni.
Narcisio Manenti fuggì a Parigi. Dove si trova ancora oggi.
Vive a Châlette-sur-Loing con moglie e tre figli gestendo un'impresa di servizi a domicilio.
Erano anni in cui potevi morire in ogni momento e in ogni luogo. Persino accompagnando semplicemente un figlio dal dottore. E come tutti gli altri, non era stato Giuseppe, ma i suoi assassini, a trovarsi nel luogo sbagliato nel momento sbagliato.
Nel 2013, uno dei difensori del Processone disse: "le cose cattive vanno dimenticate, e il terrorismo si può derubricare a cronaca, non è storia". Non è possibile dimenticare. Al figlio di Giuseppe lo ricorda ogni anno la messa in ricordo del suo papà.
In questi giorni ho sentito delle autentiche fesserie. Per esempio che nessun governo ha mai provato a riportare a casa questi latitanti. Naturalmente è falso. Tutti ci hanno provato. e ci provarono anche con Narcisio Manenti
Ma la Chambre d’accusation, della Corte d’appello di Parigi, con una sentenza espresse parere negativo alla richiesta di estradare il terrorista che il nostro Paese aveva avanzato.
Ci siamo arresi? No. Perchè in questo Paese c'è ancora qualcuno che lavora in silenzio.
La Procura di Bergamo è tornata alla carica. Esattamente il l 17 maggio 2017 quando il pm della Procura di Bergamo Gianluigi Dettori ha emesso un mandato di arresto europeo nei suoi confronti.
Con una novità. A differenza di altre volte, l'Autorità giudiziaria francese ha chiesto un supplemento di atti ai magistrati bergamaschi. Che sono stati forniti.
Ora sono in attesa.
Forse qualcosa si sta muovendo.
Questo per dirvi di non credere a tutte le bugie che vi raccontano. Magari un giorno Manenti arriverà in Italia e qualche ministro organizzerà la solita festa di propaganda.
Ma noi continueremo a ringraziare chi, ogni giorno, lavora in silenzio e senza tanto clamore.
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