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Spesso leggo accuse di scarsa voglia di studiare e migliorarsi rivolte alle persone con un basso titolo di studio, come se si trattasse solo di mancanza di volontà. Garantisco che non è così, a volte la vita fa di tutto per mettere i bastoni fra le ruote. #thread [1/14]
Non tutti hanno una famiglia alle spalle che li possa supportare, soprattutto dal punto di vista economico, permettendo loro di mantenersi agli studi senza problemi e pensando solo (o quasi) alla propria formazione. [2/14]
Chi per svariati motivi già lavora e decide di tornare a studiare, non sempre può ridurre/adattare il proprio orario di servizio, piuttosto che chiedere aspettativa senza stipendio (nessuna entrata economica, considerevoli uscite, in aggiunta al contributo universitario). [3/14]
Magari fra questi studenti lavoratori può perfino esserci chi non ha colleghe/i, superiori, dirigenti disponibili a strutturare orari di lavoro compatibili con la frequenza ai corsi, talvolta obbligatoria e “rigida” nella sua formulazione. [4/14]
Alcuni devono fare i conti con difficoltà nella fruizione di mezzi disponibili per lo spostamento (pubblici, privati, condivisi), sia per il costo che per gli orari/durata del viaggio, o con la possibilità di trovare strutture per trattenersi a dormire. [5/14]
Pochi sanno che ho deciso di prendere una seconda specializzazione professionale, per poter insegnare come docente di sostegno anche alla Scuola dell’Infanzia (sono iscritta come soprannumerario, avendo superato a suo tempo la selezione anche per questo grado scolastico). [6/14]
Se venerdì mattina ero ancora nella fase “ma chi me l’ha fatto fare?”, una notizia giunta poi nel pomeriggio mi ha spinta a questa breve riflessione, su quelle piccole e grandi difficoltà che può trovarsi ad affrontare chiunque si approcci a studi di livello superiore. [7/14]
Io sono in una posizione “privilegiata”, ho un contratto a tempo indeterminato (statale) che mi tutela dal punto di vista dei permessi necessari per la frequenza delle lezioni, sulla eventuale richiesta di aspettativa senza stipendio e nelle entrate/uscite economiche. [8/14]
Detto ancor più chiaramente, io non rischio il licenziamento per aver deciso di acquisire nuove competenze personali/professionali, anche qualora fossero completamente slegate dal mio ambito di lavoro, e ho uno stipendio fisso. [9/14]
Gran parte delle mie compagne di corso non ha questo genere di sicurezze sociali e professionali. Devono quotidianamente fare i conti con difficoltà economiche, familiari, di compatibilità lavorativa, tempo, ritardi/mancanza nei mezzi per spostarsi o possibilità di farlo. [10/14]
Sono di pochi giorni fa le inutili polemiche circa il titolo di studio posseduto da @TeresaBellanova, a cui lei ha risposto in maniera magistrale, mostrando competenze che tanti si sognano e ribadendo che l’importante è studiare, aggiornarsi, migliorarsi. [11/14]
Ancora in troppi sono costretti a scegliere se continuare gli studi sulla base di motivazioni che esulano dalla semplice volontà o dalla scelta di un corso nell’ambito che più piace approfondire. Questo a mio avviso è uno dei punti su cui è fondamentale agire. [12/14]
Perché per il bene della nostra società non può essere la condizione economica di partenza a stabilire a quale grado di istruzione si possa ambire nella vita, costringendo i più capaci a scegliere se mangiare o studiare (l’art. 3 della Costituzione su ciò è ben chiaro). [13/14]
Un’ultima cosa. Prima di generalizzare, mettendosi sul metaforico piedistallo, insinuando sia solo “fatica” ad imparare e disprezzo per la cultura, pensateci bene, perché per molti questo è l’ultimo dei pensieri, o non esiste proprio. [14/14]
#ventidue09FR #diffondoConsapevolezza
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