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Jules Védrines, famoso pilota dell’epoca, mi fece fare un giro sul suo aereo.
Sì, proprio lui, che nel 1919 vincerà 25.000 franchi atterrando con un Caudron G III sul tetto delle gallerie Lafayette del Boulevard Haussmann (una terrazza di 28 metri per 12 metri).
Decisi allora che sarei diventato un aviatore.
Avevo solo dodici anni.
Ero nato nel 1900 da una famiglia nobiliare.
Un fallimento il tentativo di entrare nella Scuola Navale, poi le Belle Arti, infine la mia passione: la meccanica e gli aeroplani.
Nel 1921 il servizio militare nel 2° Reggimento dell’aviazione a Strasburgo e l’anno successivo il brevetto di pilota militare. Assegnato al 37° Reggimento d’aviazione a Casablanca, conseguii anche il brevetto di pilota civile.
Il mio sogno era volare sul deserto, ma nel 1923 ebbi il primo incidente.
Il primo di una lunga serie. Frattura del cranio.
Mi smobilitarono.
E io accettai, anche per fare contenta la mia fidanzata Louise che voleva una vita tranquilla.
Diventai un impiegato. A vendere camion
Non era certo la vita che avevo in mente.
Stare dietro ad una scrivania non era per me.
Ruppi con Louise e tornai a volare. Come pilota civile.
Per collegamenti postali.
Prima sulla rotta Tolosa-Dakar.
Fu così che iniziai la vera avventura.
Dakar, Agadir, il Sahara, e le tribù che sparavano al mio aereo credendo forse un trasporto di armi.
E poi i continui incidenti.
Come quando un guasto al motore mi costrinse a scendere nel deserto.
Impossibile ripartire.
Avevo tre barattoli di carne di manzo, qualche litro d’acqua nel radiatore e due pistole.
Per fortuna riuscirono a trovarmi e a recuperarmi.
Non subito.
La prima volta caricarono la maggior parte dei sacchi della posta.
Io rimasi a guardia del resto.
Prima il lavoro.
E poi il collegamento con l’Argentina, con il Cile, con il Brasile. Un’avventura dietro l’altra come quando riuscii a recuperare il mio amico Guillaumet caduto col suo aereo sulle Ande.
"E’ ormai morto" mi dissero.
Io decollai, attraversai tempeste di neve, e lo ritrovai. Vivo.
Sposai una vedova sudamericana.
Consuelo era diversa da Louise.
Lei era piena di umorismo e gioia di vivere, anticonformista, disordinata, scoppiettante, esuberante.
Io un pazzo.
Almeno quando tentai il record di velocità sulla tratta Parigi-Saigon.
Un disastro.
Sul deserto egiziano un atterraggio forzato e aereo distrutto. Io malconcio per cinque gironi in marcia nel deserto senza acqua, con febbre alta.
Fui salvato da beduini di passaggio.
Non avrei più volato, se non fosse scoppiata la guerra.
E in guerra mi feci valere.
Guadagnando una Croce di Guerra.
Malgrado una spalla quasi paralizzata e diverse fratture.
E poi l’arrivo degli alleati.
Imparai a pilotare i velocissimi Lightning, gli aerei più veloci al mondo.
E gli scontri con gli aerei tedeschi.
Era il 31 luglio 1944. Aeroporto di Borgo Porretta (Bastia). Avevo 44 anni. Troppi per volare.
Ed ero malridotto.
I miei superiori mi avevano detto che quella sarebbe stata la mia ultima missione.
Decollai con un F-5, una versione da ricognizione del Lockheed P-38 Lightning
44 anni anni erano troppi per volare. Pochi per morire. Precipitando in mare.
Gettando nello sconforto i miei lettori.
Da “L’aviatore” scritto nel 1926, al “Volo di notte” del 1931.
E poi "Terra degli uomini" del 1939, e molti altri.
E poi quel libro, pubblicato nel 1943.
Un libro dedicato ai bambini aveva chiesto l'editore, con mie illustrazioni.
Nel 2017 ha superato le 300 traduzioni in lingue e dialetti diversi. Il testo più tradotto se si escludono quelli religiosi.
Un libro per bambini che fa riflettere gli adulti.
“Il piccolo Principe”.
Già. Mi chiamo Antoine Jean Baptiste Marie Roger de Saint-Exupéry.
Voi mi conoscete come Antoine de Saint-Exupéry.
Perché “Il piccolo Principe”?
Perché “Tutti i grandi sono stati piccoli, ma pochi di essi se ne ricordano”.
Alla mia Louise, che amava la vita tranquilla, un giorno scrissi: “Tu sei fatta per abitare nei fondi marini dove nessun movimento disturba il cristallo”.

Io invece ero fatto per vibrare nei cieli, volteggiare, muoversi, compiere imprese e vivere avventure.
E ora ditemi.
Voi siete per abitare nei fondi marini o per vibrare nei cieli?
E se abitate nei fondi marini, desiderando il cielo infinito, cosa aspettate a prendere il volo?
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