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Il primo dicembre del 1941 lo Standartenführer delle SS Karl Jager spedì da Kaunas a Berlino, col sigillo di "segreto di stato", un rapporto di nove pagine, nel quale, dopo un calco meticoloso dei fucilati per un totale di 137.346 persone,
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Karl Jager poteva concludere lapidario:"Oggi, sono in grado di assicurare che il nostro obiettivo, risolvere in Lituania la questione ebraica, è stato pienamente raggiunto dall'Einsatzkommando 3. La Lituania è ripulita dagli ebrei."
I tedeschi avevano spezzato il giogo bolscevico! MaHitler non fece che portare a termine l'opera incominciata daStalin. Fu un bagno di sangue. La maggioranza degli ebrei fu portata nei boschi per essere fucilata dentro a fosse comuni che le vittime stesse si dovettero scavare.
Zvi Kolitz tutto questo lo ricorda bene, era nato ad Alytus, una cittadina tra Grodno e Kaunas, sulle rive del Njemen. "Ci vivevano seimila ebrei" ricorda "e non c'è n'era uno che non fosse poco istruito. Tutti studiavano."
Continua Kolitz:"Dopo decenni, ho ancora nelle orecchie la musica del loro canto, i salmi che intonavano il sabato di preghiera. Noi abitavamo in una casa di legno proprio accanto alla Sinagoga, un enorme edificio in mattoni rossi."
Zvi era dunque un ebreo lituano, un cosiddetto litvak. La popolazione ebraica lituana prima della seconda guerra mondiale ammontava a circa 220.000 persone. E la Lituania ebraica era un mondo a parte.
"Lithuania" un mondo basato sulla cultura, sulla pace, come ricorderà Kolitz decenni dopo durante un'intervista tramite un gioco di parole:"Lithuania was not a state but a state of mind." Sì, questo paese non era propriamente uno Stato, bensì uno stato mentale. Unico in Europa.
Per settecento anni gli ebrei avevano vissuto in Lituania senza subire, come accaduto in tutti gli stati confinanti, nessuna forma di pogrom. Era uno spazio vitale, unico, talmente sacro e protetto che in questo lungo tempo di pace e benessere,
vi era cresciuto un gruppo di persone considerato l'aristocrazia intellettuale e spirituale della comunità ebraica e europea. In queste terra, l'alfabeto era diventato sacro quanto la preghiera. La mappa della Lituania pareva un firmamento cosparso di fiorenti comunità.
L'illuminismo ebraico, che era nato in Germania e da Varsavia a Londra aveva allontanato tantissimi dalla fede dei genitori, in Lituania diede alla cultura un impulso straordinario, senza precedenti. In pratica, non si contava nel paese un solo ebreo incolto.
In Lituania si poteva leggere e studiare tutti i classici della letteratura mondiale: Omero, Dante, Shakespeare, Goethe, Puskin, Hegel, Dostoevskij, Kafka, Cechov, Nietzsche, l'intera cultura moderna. Da nessun'altra parte del mondo le comunità erano così ricche di cultura.
Kolitz si formò e crebbe in questo ambiente, all'ombra dell'albero paterno, un rabbino e talmudista molto apprezzato nella comunità. Attraverso questa educazione egli imparò, senza timori, a trattare alla pari con Dio e il Mondo che è il suo riflesso.
Quando parla della morte di suo padre, che avvenne il ventiduesimo giorno di tevet, Kolitz ricorda le ultime parole del rabbino ai familiari, ai vicini e ai membri della comunità commossi attorno al suo capezzale:"Serbate intatto il patrimonio d'amore che vi lascio."
L'uomo, il padre, il rabbino aveva modellato come cera lo smarrito ragazzino seduto ai piedi del letto e di fronte alla morte che chiude il cerchio dell'esistenza. "He was a prince of a man" scriveva Zvi, che aveva superato di trenta anni l'età del padre al momento dell'addio.
"Ho avuto una giovinezza felice" continua, ricordando anche la madre, che veniva dal confine con la Prussia, e anche se in casa si parla yiddish e ebraico lei aveva insegnato a lui e ai suoi fratelli poesie tedesche. "Poesie che ancora oggi non riesco a togliere dalla mente."
Non fu un caso, niente è un caso, se più tardi Emanuel Lévinas nello sconosciuto autore di Yossl Rakover subito riconobbe un fratello spirituale. Perché, ricordiamolo, anche Lévinas era un litvak.

[Qui, l'inizio della sua introduzione al testo di Kolitz.] Image
Tra i pochi superstiti del genocidio vorrei ricordare, monsieur Chouchani, il misterioso maestro di Lévinas, anche egli era un litvak. L'uomo che a Parigi chiamavano il 'Mozart della Torah' e che leggenda vuole, fece perdere le proprie tracce in sud America, a Montevideo.
Questo filo di parole è dedicato a Zvi Kolitz nei cento anni dalla sua nascita. Ma anche a tutti i litvak che non ci sono più e che hanno lasciato un vuoto immane nell'evoluzione culturale europea e mondiale. Image
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