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“Pilotino” mi chiamavano. Rispetto ad oggi altro che pilotino. Provate a farli correre con la Maserati dei miei tempi. Con quel volante che mi stampava una mezza smorfia ogni volta che lo dovevo girare, con il cambio in mezzo alle gambe e con l’acceleratore e freno invertiti.
Come sono arrivata, una contessa che abitava nel Palazzo Bianco di Merigliano e con un papà ingegnere che aveva elettrificato l’irrigazione in Campania, su un circuito? Sinceramente non lo so. Io amavo i cavalli. Erano i miei fratelli che amavano correre.
Sono nata a Napoli l’11 novembre 1926. E proprio grazie alla passione di due dei miei quattro fratelli, vinsi proprio in provincia di Salerno la mia prima gara. Era il 1948 e su una Fiat Topolino 500 vinsi la 10 Km di Cava dé Tirreni. E tutto per una loro scommessa
Non immaginate cosa fu per me vincere quella volta. Io, una donna di quei tempi, in uno sport ritenuto prettamente maschile. Ci presi gusto e continuai a correre in varie gare sport con una Urania e poi una Giaur. Naturalmente superando tutti i miei avversari di quella categoria.
Per me, la contessa Maria Teresa De Filippis, diventò una sfida a quei maschi che sorridevano ogni volta che salivo su un’auto. Io quel sorrisini di sufficienza li volevo spegnere. Tutti tranne uno. Quello del grande pilota Luigi Musso. Mi innamorai di lui.
Non fu facile correre per una donna come me. Per i motivi più assurdi. Prendete il Giro di Sicilia del 1950. Avevo corso per undici ore sotto la pioggia concludendo al 4° posto. Poi squalificata, perché la mia vettura in partenza era stata messa in moto a spinta.
Fu un mio collega a protestare.
“Ma come potete squalificare qualcuno dopo aver corso per più di mille chilometri in quelle condizioni. E’ una grave scorrettezza”.
Era presente alla gara e mi difese.
Tazio Nuvolari si chiamava.
Non mi importava del loro trattamento. Alcuni, per non rischiare di essere sconfitti da una donna, a volte nemmeno si presentavano sulla linea di partenza. Io nel frattempo continuavo a vincere. Nel 1953 debuttando nella categoria 1100 su una Osca preparata dai fratelli Maserati.
Otto vittorie di classe, su 22 gare disputate, quattro secondi e due terzi posti, risultando, alla fine del 1954, terza nel Campionato Italiano Sport Classe 1100. Nel 1956 mi feci notare. Nella corsa di contorno al Gp di Napoli F1 (fuori campionato) mi aggiudicai il 2° posto.
E poi, nel 1958, l’esordio in F1. La Maserati era in amministrazione controllata. Ritirata dalle corse e costretta a vendere le macchine che avevano vinto il campionato del mondo del 1957. Acquistai personalmente una Maserati 250 F, appartenuta a Scarlatti.
Il debutto al Gran Premio di Siracusa, gara non valida per il Campionato. Arrivai quinta. Non qualificata a Montecarlo, decima in Belgio, a Spa Francochamps, ritirata in Portogallo e a Monza, a sei giri dal termine, quando ero quinta. Unico pilota italiano rimasto in gara.
Del Gran premio di Francia a Reims meglio sorvolare. Il direttore di gara non accettò la mia iscrizione perché “l’unico casco adatto a una donna è quello del parrucchiere” disse. Fu allora che da “pilotino” diventai “la diavola”. Ma guarda te.
Quel 1958 fu il mio primo anno in F1.
E l’ultimo. Troppi incidenti. Il mio amore Luigi Musso era già morto in un incidente al gran premio di Francia il 6 luglio del 1958. E il 1° agosto del 1959, perse la vita anche il mio amico Berha sul circuito dell’Avus, presso Berlino.
Erano morti Luigi Musso il mio amore, primo pilota Ferrari a morire, l’amico Berha, ma molti altri amici. Come Eugenio Castellotti, Alfonso De Portago, Peter Collins. Decisi quel giorno che non sarei più salita su una macchina da corsa. E così avvenne.
Maria Teresa De Filippis, laureata in ingegneria, sposò Thomas, ingegnere austriaco trapiantato a Bergamo. Si è spenta l’8 gennaio 2016, all’età di 89 anni, nella sua abitazione sulle colline di Scanzorosciate nel bergamasco.
Grazie a @giovanni_barba per avermi suggerito di raccontare la storia di Maria Teresa De Filippis che tutti chiamavano “pilotino”. Una donna troppo veloce, troppo libera e tremendamente in anticipo con i tempi. Una donna da non dimenticare.
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