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Intro/1 Lo Stato italiano spende ogni anno in ricerca di
base €6 MLD e in ricerca applicata €3 MLD - in tutto lo
0,5% del PIL - che è la metà di quello che spendono i
Paesi del Nord Europa #UgoAmaldi
Intro/2 Ciò ha conseguenze deleterie sulla nostra
competitività perché la ricerca pubblica è il motore
dell’innovazione tecnologica e dell’introduzione di
nuove forme di lavoro #UgoAmaldi
Intro/3 Il dopo-pandemia è il momento opportuno per
colmare il ritardo italiano nella ricerca pubblica
cominciando con l’aggiungere €1,5 MLD al bilancio 2021
della ricerca pubblica e continuando negli anni
successivi in modo da raggiungere l’1,1% del PIL nel
2026 #UgoAmaldi
Intro/4 I fondi post-pandemia investiti nella ricerca pubblica saranno molto ben utilizzati: in media, ogni ricercatore italiano produce più lavori scientifici di alto livello di collega tedesco (vantaggio 20%) o francese (vantaggio 30%)
#UgoAmaldi
1/ Thread: il testo completo dell’articolo del Prof. #UgoAmaldi che vi propongo di seguito si trova pubblicato anche all’interno del report “Pandemia e Resilienza” sul sito della Consulta Scientifica – Corte dei Gentili:

cortiledeigentili.com/la-risposta-al…
2/ << Innumerevoli studi, in particolare dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (#OCSE) hanno dimostrato che la ricerca scientifica di base è, nel lungo periodo, il motore dell’innovazione tecnologica.
3/ Senza ricerca non sarà possibile trasformare l’Italia in una “società della conoscenza” che sia resiliente, più dematerializzata, circolare e parca nell’uso di risorse naturali ed affrontare il problema del #ClimateChange (attualmente dimenticato ma non cancellato).
4/ Investiamo in ricerca di base la metà di Paesi, in EU e nel mondo, con peso economico simile. Il dopo-pandemia è il tempo opportuno per cambiare investendo per il lungo termine una frazione dei fondi disponibili per il rilancio a breve termine dell’economia.
5/ Il momento è opportuno perché in questi mesi gran parte dell’opinione pubblica ha capito che i risultati della ricerca scientifica sono essenziali non soltanto per far fronte a situazioni sanitarie emergenziali, ma anche per indirizzare le azioni delle istituzioni.
6/ Questa comprensione si innesta sull’andamento positivo dell’alfabetizzazione scientifica degli italiani: tra il 2011 e il 2019 è cresciuta dal 68% all’81% la frazione di cittadini che pensano che i benefici della scienza superino i potenziali effetti negativi.
7/ Secondo l’#OCSE “è definibile ricerca di base ogni attività sperimentale o teorica svolta primariamente per acquisire nuove conoscenze sui fondamenti dei fenomeni e dei fatti osservati, senza una particolare applicazione o un uso in vista”.
8/ In modo complementare “è ricerca applicata ogni attività di indagine originale svolta per acquisire nuove conoscenze e principalmente indirizzata verso uno scopo o obiettivo specifico e pratico”.
9/ Le conoscenze acquisite con queste due attività sono all’origine dello “sviluppo che attinge alle conoscenze ottenute dalla ricerca di base o applicata per produrre conoscenza, creare nuovi prodotti o processi o migliorare i prodotti e i processi esistenti”.
10/ La somma delle componenti, che formano il settore Ricerca & Sviluppo, è di solito citata con “R&D” in inglese e la relativa spesa con l’acronimo GERD (Gross Domestic Expenditure on R&D). In Italia la ricerca di base è finanziata essenzialmente da Stato e Unione Europea.
11/ Le imprese finanziano lo sviluppo sperimentale di prodotti e processi mentre la ricerca applicata è competenza sia della mano pubblica sia delle imprese. Quindi, l’aumento degli investimenti in ricerca di base, qui proposto, è di competenza dello Stato.
12/ Secondo l’#OCSE fanno parte del settore ricerca non soltanto le scienze naturali, la matematica, l’ingegneria, le tecnologie, la medicina e le scienze dell’agricoltura e della veterinaria ma anche le scienze sociali, le discipline umanistiche e l’arte.
13/ I canali attraverso cui la ricerca scientifica di base porta benefici alla società sono quattro: (1) nuova conoscenza acquisita, (2) persone preparate ad affrontare le complessità del mondo in cui viviamo, (3) nuove tecnologie e (4) metodi innovativi.
14/ Considerando il primo canale, va sottolineato che, di solito, passano decenni tra una scoperta di scienza ‘pura’ e la diffusione nella società di una sua applicazione pratica. Tuttavia vi sono diverse eccezioni.
15/ Infatti alcune applicazioni sono molto più rapide: la scoperta dei raggi X, da parte di Rutherford nel 1895 portò nel giro di 3 mesi, a Liverpool, ad una prima radiografia per visualizzare la pallottola conficcata nella mano di un ragazzo.
16/ A Lione, fu irradiato il seno di una donna affetta da tumore. Oggi, più di un secolo dopo, ogni anno 170000 cittadini italiani, portatori di un tumore solido, sono irradiati con fasci di raggi X d’alta energia per un periodo di 5-6 settimane.
17/ Una scoperta più recente – che probabilmente avrà, nel lungo periodo, conseguenze ancora più rilevanti – risale al 1987 quando ricercatori giapponesi osservarono che nel #DNA di alcuni batteri vi sono delle brevi sequenze ripetute poi dette #CRISPR.
18/ Venticinque anni dopo fu osservato che la proteina #Cas9, combinandosi con la sequenza #CRISPR, può essere usata per tagliare specifiche sequenze di #DNA nel genoma di una cellula vegetale o animale.
19/ Oggi il sistema #CRISPR_Cas9 è impiegato come correttore genomico per far avanzare la ricerca applicata nella cura dell’AIDS e dei tumori, nel miglioramento dei rendimenti in agricoltura e dei biocarburanti e nella lotta alle zanzare che causano la malaria.
20/ Come sovente accade, quando si passa dalla ricerca
di base alla ricerca applicata, molte di queste ricadute
sollevano problemi etici e, allo stesso tempo, hanno
importanti implicazioni economiche.
21/ Passando alla fisica delle particelle, la scoperta
del bosone di #Higgs, che ha reso noto il @CERN al
grande pubblico, forse non avrà applicazioni dirette. Ma
i benefici sulla società delle attività legate a questa
scoperta sono altrettanto importanti.
22/ Infatti questi benefici passano attraverso altri
canali come la formazione delle persone: 1/3 dei
giovani che lasciano il laboratorio va a lavorare nel
privato creando spesso start-up innovative; un 5% di
loro è assunto persino dagli uffici studi delle banche.
23/ Per risolvere i problemi scientifici posti dalla
fisica delle particelle è stato necessario sviluppare
nuove tecnologie che hanno applicazioni pratiche,quali
la superconduttività su grande scala, che sarà
utilizzata per il trasporto d’energia elettrica su
lunghe distanze.
24/ Quaranta anni fa, la richiesta di comunicazioni
rapide ed efficienti tra scienziati – localizzati in
laboratori sparsi su tutti i continenti – ha portato
all’invenzione, volutamente non brevettata dal @CERN
di Ginevra, del Web con il protocollo #HTTP ed i suoi
ipertesti.
25/ Il #WorldWideWeb è un metodo che utilizza
l’infrastruttura fisica di Internet, preesistente ma
accessibile fino a quel momento soltanto agli
esperti. Web e Internet contribuiscono al PIL italiano
con €100 MLD (più dell’agricoltura ed il doppio delle costruzioni).
26/ In Italia, negli ultimi dodici anni il Web e le
comunicazioni via Internet hanno permesso la creazione
di più di un milione di posti di lavoro e hanno giocato
un ruolo fondamentale nell’affrontare la crisi dovuta a
#Covid-19 rendendo possibile lo #smartworking.
27/ Tuttavia, la ricerca italiana nel quadro internazionale ha molte ombre e poche luci. Gli investimenti pubblici sono solo lo 0,50% del PIL di cui lo 0,32% è speso in ricerca di base e 0,18% è dedicato alla ricerca applicata: investimenti che stanno nel rapporto 2 a 1.
28/ Una società resiliente richiede invece maggiori finanziamenti in ricerca di base. L’Italia spende in ricerca (di base e applicata) solo lo 0,50% del PIL mentre la Francia lo 0,8%. Danimarca, Finlandia e Germania spendono in media l’1%, il doppio dell’Italia.
29/ Differenze altrettanto grandi si riscontrano negli investimenti delle imprese in Ricerca & Sviluppo sperimentale, che sono lo solo 0,9% del PIL in Italia contro l’1,4% in Francia e il 2,1% in Germania.
30/ Come per la ricerca anche per lo sviluppo la Germania spende il doppio dell’Italia (2,1% invece di 0,9%), ma questo è spiegabile perché il tessuto industriale italiano è fatto di piccole e medie imprese che poco investono in ricerca applicata e sviluppo.
31/ Poiché questo è un dato di fatto non modificabile, per costruire il futuro è necessario che la mano pubblica compensi i ritardi delle imprese facendo crescere la frazione di PIL dedicata alla ricerca dallo 0,50% a più dell’1% della Germania odierna.
32/ La scarsezza degli investimenti in ricerca e sviluppo dell’Italia e degli altri paesi del Sud Europa è ancora più evidente quando si considerano gli Stati che spendono in ricerca ancora di più della Germania.
33/ Spesa totale in R&D:
Corea del Sud 4,5% del PIL
Svizzera 3,3%
Svezia 3,3%
Giappone 3,3%
Germania 3,1%
USA 2,8%
Francia 2,2%
Italia 1,4%
Spagna 1,2%
Grecia 1,2%.
34/ L’Italia si colloca tra le ultime nazioni, vicino a Spagna e Grecia. La Corea del Sud – non a caso, era il Paese meglio preparato ad affrontare la pandemia – è al primo posto nella spesa per ricerca e sviluppo.
35/ La scarsezza dei finanziamenti ha una prima grave conseguenza: su 1000 lavoratori, i ricercatori pubblici e privati impegnati in progetti di R&D sono 5,6 in Italia, 10,9 in Francia e 9,7 in Germania.
36/ Analogamente, nel 2016 i detentori di un titolo di dottorato di ricerca (calcolati su 1000 persone di età compresa tra 25 e 64 anni) erano in Italia lo 0,4%, da confrontare con lo 0,8% in Francia e l’1,3% in Germania.
37/ l’Italia, tuttavia, ha anche un primato positivo: il 47% dei ricercatori che lavorano per il settore pubblico sono donne, da confrontare con il 35% di Francia e Germania.
38/ In questa fase, il futuro della ricerca italiana è in pericolo: negli ultimi 10 anni il numero dei dottorandi di ricerca, malpagati, è diminuito: meno di 9000 completano ogni anno gli studi, mentre in Francia e in Germania sono, rispettivamente, 15000 e 28000.
39/ Inoltre, scarsi finanziamenti e bassi stipendi fanno sì che molti di questi (pochi) dottori di ricerca spesso si trasferiscano all’estero non per una specializzazione temporanea, ma per stabilirvisi definitivamente.
40/ Come risultato di tutte queste manchevolezze, il sistema industriale italiano è molto poco competitivo, come è provato quantitativamente dall’indice di competitività del World Economic Forum:
Usa 83,7 (max)
Germania 81
Francia 78,8
Italia 71,5
Seychelles 59,6.
41/ Su questa scala di competitività, l’Italia è a metà strada tra le Seychelles e gli Stati Uniti mentre la Germania è al 92%. Malgrado fondi insufficienti e pochi ricercatori, sovente in fuga, la produzione scientifica italiana è in miglioramento ed è ottima.
42/ Infatti, se si considera la distribuzione di tutti i lavori scientifici di alto livello (max 10% delle citazioni) tra il 2000-2014 la frazione mondiale dovuta a Francia e Germania è scesa dall’11,1% all’8,9%, mentre quella italiana è aumentata dal 2,6% al 3,1%.
43/ Inoltre, dividendo le percentuali del 2014 per il numero di ricercatori pubblici, si ricava che ogni ricercatore italiano è, in media, del 20% più produttivo di un collega tedesco e del 30% più produttivo di un collega francese.
44/ Tuttavia ricordiamo ancora una volta che la mano pubblica italiana investe soltanto €9 MLD all’anno in ricerca e sviluppo, di cui circa €6 MLD in ricerca di base e €3 MLD in ricerca applicata.
45/ Nei prossimi anni, oltre a indebitarsi pesantemente per la ricostruzione economica, lo Stato dovrà assumersi il compito di preparare le tecnologie necessarie ad affrontare gli effetti del #ClimateChange.
46/ Lo Stato dovrà anche assumersi in compito di costruire, nel lungo periodo, una società più resiliente e circolare gettando, contemporaneamente, le basi per la creazione di nuove imprese e nuovi lavori, oggi impensabili.
47/ L’Italia è in grave ritardo e quindi è necessario cogliere ora l’opportunità aumentando drasticamente, nei prossimi 6 anni, i fondi per la ricerca pubblica per arrivare nel 2026 una spesa pari all’1,1% del PIL, a partire dall’attuale 0,50%.
48/ Per centrare questo obiettivo lo Stato deve aggiungere al bilancio 2021 €1,5 MLD di euro: €1 MLD per la ricerca di base e €0,5 MLD per quella applicata, per mantenere il rapporto 2:1.
49/ L’investimento in ricerca va quindi aumentato del 14% all’anno in 5 anni. In questo modo, tra 3 anni il rapporto tra le spese in ricerca e il PIL sarà quasi uguale a quello 0,8% che la Francia ha già oggi.
50/ Nei prossimi 6 anni, insieme con i finanziamenti, dovranno crescere il numero di borse di studio per i dottorati di ricerca e gli organici degli Atenei e degli Enti di Ricerca, privilegiando i gruppi di ricerca scientificamente più produttivi.
51/ Le competenze degli scienziati italiani e la dimostrata capacità di ben competere a livello internazionale sono migliore garanzia dell’efficacia dell’aumento dei finanziamenti e dei posti, se attribuiti ai più capaci.
52/ È interessante notare che nel 2019, il Comité National de la Recherche Scientifique (CNRS) ha chiesto al governo francese €6 MLD di fondi in più in 3 anni con l’argomento che nel 2016 la Francia è stata sorpassata dall’Italia nel numero di pubblicazioni scientifiche!
53/ Se la richiesta del CNRS francese sarà accolta, alla fine dei 3 anni la Francia passerà per gli investimenti in ricerca dall’attuale 0,8% del PIL all’1% della Germania odierna. #UgoAmaldi >>
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