C’è questa cosa che mi viene da dire sulla Resistenza e adesso ve lo dico e poi fate voi, anche perché classicamente io ho più domande che risposte, ché se avessi più risposte che domande oggi cambierei discorso che non è giornata.
Allora, prima di tutto c’è la complessità. La Resistenza non la schiacci facilmente su un solo asse: c’è la guerra civile, di classe, patriottica e poi gli scazzi personali, le bombe, ti sparavano per sbaglio oh. E ho imparato a diffidare da chi te la fa semplice, non lo è mai.
Poi c’è il conflitto con l’autorità. Come direbbe Pavone, è una questione morale, molto dirimente quando devi sparare a un Carabiniere, ribellarti all’Ordine Costituito. E ho imparato la sottile arte del ribelle a bassa intensità, temuto dai servi, incompreso da tutti gli altri.
E il difficile esercizio di essere pronto e vivo per quel momento, pregando che non arrivi mai.
Poi le Fosse Ardeatine. Che sono morti di tutte le classi, storie e peccati. Senza donne che erano altri tempi ma per loro testimoniano lacrime e capelli strappati. E ho imparato che operaio e Media Manager hanno il sangue dello stesso colore.
Come in montagna, lì le donne c’erano, dove ci si doveva sporcare le scarpette tutto assieme, vanga, tornio, penna e calamaio. Che le Classi esistono eccome, ma nelle altre c’è gente che è molto meglio di te, ma che ha avuto molte meno possibilità di te, ciccio.
E Remo Scappini fiammiferaio e operaio tiene testa a un Prussiano col sangue blu, a Genova, proprio oggi 73 anni fa. E Antonio Banfo, operaio della Fiat, diventa la voce di una intera città, anche da morto ammazzato. E ho imparato a sporcarmi le mani e gli scarponi.
E in questo paese le classi dirigenti son piccine e tremule, lo diceva anche Calamandrei. E sono arroccate e stitiche, son sempre gli stessi. Basta abbatterle e il paese rinasce e sogna Costituzioni. E ho imparato che sono forti, ma che prima o poi ci si riuscirà.
E poi il rapporto con la guerra, che non c’è giusto né sbagliato, se ci sei in mezzo fai cose schife, impiccati e fucilati sulla coscienza ce li hanno tutti. E ho imparato che bisogna fermarsi prima. E ho imparato che prima devi impiccare i tuoi.
Poi il fascismo, vabbè quello ogni epoca ha il suo, a noi ci tocca come a Tex il vaiolo nelle coperte, infido e nascosto. E ho imparato a riconoscerlo, prima di essere infettato.
E poi la sconfitta. Che questo paese è nata da battaglie perse e dalle macerie. Diceva quello, tutti sanno vincere una guerra, noi abbiamo saputo perderla con dignità e a costruirci su qualcosa di buono. E ho imparato a stare lontano dalla retorica e dai vincenti a ogni costo.
E che gli esseri umani si giudicano dalle battaglie che combattono, non da quelle che vincono. E scegliere sempre la compagnia giusta, che la strada è lunga e non è bello se ti sparano alla schiena.
E poi concludo. Dalla Resistenza non so cosa ho imparato. Forse a essere sempre presente a me stesso, a stare da una parte o dall’altra, senza pretese di essere nel giusto. Come si dice oggi, a essere partigiano. Che il sole lo si vede meglio, se stai sulla collina.
