Qualche riflessione sul discorso di #Macron. È il classico caso in cui si è sottovalutato “il politico” in favore dell’economico. Di fronte alle pressioni popolari il Presidente mette la marcia indietro e proclama lo “stato d’emergenza economico e sociale”. 1
Ciò significa che il programma di riforme “liberali” di Macron è licenziato in favore di una serie di provvedimenti “sociali”,molto più vicini a quelli delle forze populiste. Una correzione di rotta già vista altrove. Con buona pace delle policy prescritte da istituzioni globali.
Nel discorso non viene mai menzionata l’Unione Europa ne del programma di riforme (di fatto bocciata dagli altri paesi). Più volte si fa richiamo, invece, alla “nazione” e ovviamente alla “Republique”. L’europeismo tende a sparire sia nei fatti economici (deficit) che politici.
Cosa diranno gli “avvocati” del macronismo? Un pezzo (male informato) dell’opinione pubblica europea credeva di aver trovato il suo leader globale, che però ha cambiato strada sotto il peso degli eventi interni ed esterni.
Cosa implica questo per l’Unione Europea? Probabilmente un ulteriore indebolimento: il suo “uomo-simbolo” derogherà alle regole per le sue esigenze politiche. Chi ha difeso quel modello si troverà di fronte ad una magra figura con un ulteriore contraccolpo per europeismo.
Come sarà il futuro di Macron? Anche Renzi cercò di sterzare in corsa con policy più sociali e populiste. In quel caso risultato disastroso con riforme poco efficienti e consenso a picco. Qui le istituzioni repubblicane possono forse aiutarlo, ma risalire la china appare arduo.
Breve lezione: la logica della disciplina (economica) benché preponderante nel mondo di oggi non può mai sopprimere la logica del politico. Nemmeno quando un leader con una visione economica mainstream viene eletto perché la politica può sempre disordinare tutto.
In questo scenario Macron ha strambato in linea con la tradizione politica francese: mettendo in campo lo Stato. Aumentando la spesa, gli interventi, chiamando a gran voce una riforma di decentralizzazione verso le provincie, promettendo più servizi pubblici. Fine.
