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#MdT 23/06/1978 – Seregno, via Ballerini, pochi passi dal centro della città. All’improvviso, sul lato della scuola elementare Umberto Primo, un boato. Un’esplosione, le fiamme, le urla.
E poi fumo, tanto fumo.
Un giovane è avvolto dalle fiamme mentre i suoi due compagni a terra si lamentano colpiti dai frammenti del recipiente metallico che conteneva l'esplosivo.
Vengono caricati e portati al centro grandi ustionati del Niguarda.
Chi sono i tre ragazzi?
I giovani sono tutti di Seregno.
Il più grave è Rossano Barbiere 15 anni. Gli altri due sono Roberto Cocozza, 17 anni e Roberto Girondi, 17 anni.
Sono riusciti solo per un attimo a dire che avevano visto per strada un involucro. Incuriositi si erano avvicinati. Poi l'esplosione
Si fa presto a dire “lo abbiamo trovato in terra mentre stavamo passeggiando”. Per gli inquirenti fu subito chiaro: “I tre ragazzi stavano preparando un attentato. Qualcosa era andato storto ed erano saltati in aria”.
L'opinione pubblica fu ancora più dura con gli "attentatori"
"Se lo sono meritato" pensò la gente. Per gli inquirenti, i giornali, l’opinione pubblica i tre avevano piazzato la bomba.
Per giorni interi, i tre ragazzi furono per tutti i terroristi saltati in aria mentre preparavano un attentato. Il motivo ignoto.
In fondo era chiaro.
Prendi il Roberto Cocozza. Senza madre, il padre in un ospizio a Napoli.
Era venuto al Nord da piccolo con la sorella e fin dalle elementari faceva ammattire tutti. Troppo irrequieto.
Chiaro che sarebbe finito a fare il terrorista.
E Rossano Barbiere? Buono quello. Quindici anni e già senza voglia di lavorare. Frequentava il Cocozza quindi era chiaro. Dall’emarginazione, ai piccoli furti e da lì al terrorismo.
Chiaro, chiarissimo.
E infine il Girondi Roberto, il biondino. Il “personaggio chiave” dell’attentato. Lui non veniva dalla periferia, lui era un borghese.
Il padre direttore di stabilimento e "poi quella madre ancora giovane, a cui piaceva vestirsi bene."
Insomma, un potenziale terrorista.
Nella Seregno, appena sfiorata dalla crisi, i ragazzi cattivi venivano identificati subito. E condannati. Sbrigativamente. Senza appello. Nei bar, nei quartieri, come al S. Ambrogio, come al Lazzaretto.
Una condanna unanime.
Invece non era vero niente. NIENTE.
I tre avevano effettivamente trovato l’involucro per caso ed erano saltati in aria. Dopo giorni di calunnie nei loro confronti si scoprì che gli inquirenti si erano sbagliati.
Qualcun altro aveva messo l’esplosivo presso la casa del sindaco.
Tutte le testimonianze confermarono l’innocenza dei tre ragazzi.
Loro avevano detto la verità. Con l’attentato non c’entravano niente. Erano soltanto vittime. Non solo del terrorismo delle bombe, ma anche del terrorismo mediatico.
L'opinione pubblica li aveva condannati.
#MdT 30/06/1978 - Bene, direte voi. Tutto è bene quel che finisce bene. Già. Ma la storia non è ancora finita. La tragedia non ancora conclusa.
Ricordate “il biondino” accusato di essere il capo?
Girondi Roberto di 17 anni non ce la fece. Morì a causa delle ferite riportate
Nessuno aveva creduto a quei tre ragazzi mentre giuravano e spergiuravano di essere innocenti.
Mentre ripetevano che loro quel sacchetto lo avevano solo trovato, la macchina gettava secchiate di fango su di loro e sulle loro famiglie.
E Roberto ora è morto.
Come gli altri due amici, Roberto era innocente.
Ed era morto da innocente mentre chiedeva al suo avvocato rassicurazioni. Non era un terrorista, anche se lo avevano scritto i giornali.
Anche se lo era per l'opinione pubblica.
Anche se aveva una madre, che amava vestirsi bene.
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