Thread by @beabri

È una storia incredibile, di quelle storie incredibili che però sono vere, da scoprire se non le si conosce, e di cui andare fieri.

È la storia di 128 persone che 40 anni scappavano dal #Vietnam, costretti a mettersi in viaggio, in mare, su zattere e scialuppe.

128 persone che per giorni, in mare aperto, furono sbattuti tra onde altissime, senza alcuna misura di sicurezza, esposte a qualunque tipo di pericolo: onde, tempeste, pirati.

Soprattutto i pirati, che avevano fiutato prede facili, fin troppo, e non si erano fatti alcuno scrupolo nell’andare a prendere – con la violenza, altra violenza, dopo quella che avevano subito – quel poco che avevano.

Una storia incredibile, che incredibilmente si protrasse per mesi: nessun governo era disposto ad accogliere i “boat people”, così venivano chiamati.
Nessun paese si stava mobilitando per andare a prendere quelle persone, prima che morissero di malattia o di inedia.

Ma è la storia anche di una missione, voluta dall’Italia, e di una nave, l’Andrea Doria.

È la storia di una telefonata, quella fatta da Sandro Pertini all'allora Presidente del Consiglio Giulio Andreotti. Poche parole: "salvate quelle persone". E allora salviamole.

È la storia di Domenico Nguyen-Hun-Phuoc, uno studente vietnamita dell’Università di Trieste, che quel giorno ricevette una chiamata dei Carabinieri.

Avevano sfogliato i registri dell’Università, avevano trovato il suo nome, e no, non aveva fatto niente di male, ma avevano bisogno di un interprete, ché in quegli anni nessuno parlava vietnamita, in Italia, e trovare un interprete non era così facile.

E poi è la storia di un equipaggio, che stava per tornare dalle loro famiglie quando fu richiamato indietro: ancora una missione, la più difficile di tutte, forse: andarli a prendere. 2.000 miglia da fare, 250.000 chilometri quadrati di mare da pattugliare.

Un equipaggio che dopo essersi preparato per settimane, in viaggio, per impostare delle regole di ingaggio, per evitare ogni pericolo, ogni rischio, per evitare contagi di malattie, dimenticò ogni tipo di preparazione, quando si trovò davanti alla situazione di quella nave.

Dimenticò le regole di ingaggio, dimenticò le protezioni e pensò solo ad accogliere quelle persone, il più velocemente possibile, perché quelle condizioni non si possono raccontare, uno deve vederle per poterle capire.

È la storia di un viaggio di ritorno, dei 1000 pasti al giorno da preparare, del rapporto tra chi aveva accolto e chi era stato salvato, perché una nave è un mondo intero e tra cittadini del mondo ci si riconosce, prima di conoscersi.

E, infine, è la storia di un rapporto umano che continua ancora oggi. Con l'equipaggio dell'Andrea Doria che periodicamente incontra i rifugiati, per salutarsi e ricordarla insieme, questa storia.

L'ha raccontata, qualche mese fa, in un bellissimo articolo su Termometro Politico, Nicolò Zuliani.

termometropolitico.it/1466291_a-cena…

La racconto oggi perché, per la prima volta, a 40 anni dal salvataggio, i rifugiati e i loro discendenti sono risaliti a bordo dell'Andrea Doria.

ansa.it/sito/notizie/t…

È una storia incredibile, di quelle vere. Da raccontare, quando è il momento, e da conservare nella memoria.