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Si tende ancor oggi a voler far credere che il razzismo fascista non sia esistito, se non come un atto di ossequio all’alleato tedesco, compiuto di malavoglia, se non addirittura a forza, e comunque soltanto a partire dal 1938. Al contrario, il razzismo è stato un tema centrale >
di tutta la politica fascista e mussoliniana, fin dagli anni Venti, dapprima sotto la forma di politica popolazionista (il numero è forza), e di rigenerazione della razza (eugenica positiva) per creare una razza italica capace di competere con le altre e dominarle, e infine >
come politica razziale rivolta specificamente contro le popolazioni indigene delle colonie africane italiane e contro gli ebrei in madrepatria.
Il razzismo fascista in sintesi si fondava sul concetto di etnia piuttosto che su quello di razza e propugnava un atteggiamento >
“spiritualistico” che era anche più accettabile per i cattolici e la Chiesa, e come tale fu effettivamente accettato. La razza italica non era definita tanto per la purezza di certe caratteristiche biologiche e genetiche, quanto per un complesso di caratteristiche somatiche, >
culturali, spirituali e persino determinate dal clima, dall’ambiente e dall’alimentazione. Si pretendeva che queste caratteristiche si fossero stabilizzate in una razza italica di elevato livello e di cui era necessario preservare la purezza.
Di qui la necessità di proibire >
matrimoni e mescolanze di sorta (anche culturali e nella vita comune) con ebrei, negri e altri popoli "inferiori". Queste proibizioni vennero codificate nelle leggi razziali, che non furono uno scherzo fatto per omaggiare Hitler, ma un imponente complesso legislativo che >
investiva ogni aspetto della vita degli ebrei, isolandoli dal resto della popolazione. Non si propugnava il loro sterminio, ma l’isolamento e la pratica espulsione da ogni aspetto della vita civile, che avrebbe dovuto indurre gli ebrei - anche per la difficoltà di lavorare, se >
non fra loro – a emigrare. Naturalmente, i soliti giustificazionisti ne hanno tratto spunto per dire che il fascismo “discriminò ma non perseguitò” gli ebrei. Come se essere espulsi dalle scuole, dalle università, dagli uffici pubblici, non poter frequentare certi luoghi ed >
essere privati del lavoro, se non fra ebrei, e così via, non fosse una persecuzione.
Le leggi razziali italiane si rivolsero in primo luogo contro la scuola e l’Università. La loro applicazione fu delegata agli scherani del regime (come Bottai e Buffarini-Guidi) e fece conto, >
non senza fondamento, sullo zelo che la comunità accademica e culturale di pura razza italica avrebbe posto nel realizzare la pulizia etnica. Invero tale zelo fu talmente acceso, nell’evidente intento di accaparrarsi le cattedre lasciate libere dalla cacciata degli scienziati >
ebrei, che persino alcuni organi della stampa fascista lo disapprovarono temendo un rapido decadimento dell’università. Di fatto, fu quel che accadde. In alcuni settori (come matematica, fisica, biologia e medicina) la presenza ebraica era molto elevata e l’espulsione degli >
scienziati ebrei ebbe conseguenze molto gravi. In particolare, la scuola di fisica italiana, con l’emigrazione di Fermi (la cui moglie era ebrea), di Emilio Segré, di Bruno Rossi, di Bruno Pontecorvo e di molti altri, fu praticamente distrutta e, malgrado i generosi sforzi di >
Edoardo Amaldi per restituirle dignità nel dopoguerra, non raggiunse mai più il livello precedente. Anche in biologia, la scuola di Giuseppe Levi fu dissolta e, nel campo medico, la perdita di illustri maestri come Mario Donati e Mario Camis ebbe effetti devastanti. Per quanto >
riguarda l’atteggiamento di #Mussolini, al riguardo, egli non diede segno di preoccuparsi delle conseguenze dell’epurazione razziale sulla scienza. Probabile abbia creduto a quegli scienziati che, dando sfoggio di servile adulazione, ripetevano nei discorsi pubblici che il >
“luminoso cammino ascendente” della scienza italica non si sarebbe fermato a causa della perdita di alcuni “cultori di razza ebraica”. Mussolini non era certamente un uomo capace di riflessioni approfondite e coerenti: è quindi assai probabile che abbia sottovalutato le >
conseguenze del colpo inferto alla comunità scientifica con le leggi razziali”.

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