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Sinceramente non credo di aver fatto niente di straordinario. No, non penso di essere un eroe. Certo, mi fece un enorme piacere quando, il 14 dicembre del 1956, mi diedero a Roma quell’attestato di benemerenza per quello che avevo fatto.
Tutto era cominciato dopo l’8 settembre 1943. Allora gestivo la Pensione Savoia a Bellaria. Credo fosse l’11 settembre quando arrivarono quelle 27 persone. Erano in massima parte donne, vecchi e bambini. Allungare la stagione ormai agli sgoccioli mi avrebbe fatto comodo, pensai.
Una volta ospitati mi raccontarono la loro storia. Erano jugoslavi originari di Zagabria e stavano fuggendo dal 1941. Prima gli Ustachi, poi la fuga a Spalato. E qui i fascisti li avevano presi. E la scelta. Essere internati in un Campo nelle isole dalmate oppure in Italia.
Passando per Trieste e Treviso, erano stati portati nel Campo di internamento per prigionieri civili ad Asolo. Dopo l’8 settembre la fuga dal campo per tentare di arrivare nel Sud Italia. Ed erano arrivati a Bellaria.
Perché quella fuga? Perché erano semplicemente ebrei.
Ospitare ebrei voleva dire una cosa sola, ero conscio del pericolo cui mi esponevo. Ma la mia scelta fu immediata.
La solidarietà mi sembrò l’unica risposta possibile davanti alle necessità di esseri umani che rischiavano di essere uccisi.
Così, da una decisione presa per motivi puramente economici allungando la stagione lavorativa, iniziò per me e per la mia famiglia giorni di grandi rischi.
La gendarmeria tedesca aveva il proprio comando a pochi metri, dalla mia pensione, presso l'albergo Milano.
Fra quegli ospiti, pochi conoscevano la lingua italiana, per cui evitavano di avere contatti con il mondo esterno.
L'esigenza più grande?
Quella di procurare loro documenti falsi e occultare accuratamente quelli autentici.
Fortunatamente durante quel periodo mi venne in aiuto il maresciallo dei carabinieri Osman Oscar Carugno.
Ligio al dovere, dopo l’8 settembre aveva deciso di restare al suo posto nella caserma. Diventò il nostro punto di riferimento.
Carugno iniziò a collaborare con me dandomi tutto l’aiuto necessario per risolvere i problemi quotidiani di quegli ebrei.
Ospitalità, trasferimenti, documenti. E poi protezione, spostamenti e nascondigli per tutto il gruppo.
Dimenticavo. Mi chiamo Ezio Giorgietti. Di Bellaria.
Gl ebrei erano tranquilli al Savoia.
Quando arrivò l’ordine del generale tedesco Kesserling.
Bisognava evacuare tutte le abitazioni situate sul lungomare destinate alle truppe tedesche impegnate in una difesa contro l’avanzata anglo-americana.
E cominciarono i trasferimenti per quei 38 ebrei Ai 27 si erano aggiunte le famiglie Deutch e Freilic. Prima alla Pensione Esperia di Igea Marina e poi in una tenuta di campagna nelle vicinanze di San Mauro Pascoli.
Quindi all’Albergo Italia a Bellaria dell’Alfonso Petrucci.
Li presentammo come amici miei e del maresciallo Carugno. Italiani.
In effetti avevano documenti con nomi italiani. Falsi. Era un rischio certo, ma non avevamo scelta. L’Hotel era una sorta di alloggio fisso per i tedeschi, i quali pretendevano ci fossero sempre stanze libere.
Fino al giugno del 1944.
Altro trasferimento. Nella villa Betelli, isolata dalla linea del fronte. Mi accollai parte delle spese. Il maresciallo Carugno garantì continuamente la sua protezione facendo la spola fra Bellaria e la villa.
Ma poi arrivarono i tedeschi. E di nuovo la fuga. A Pugliano Vecchio, nella Villa Labor. Ma la villa era troppo piccola. Furono gli abitanti di Pugliano Vecchio a trovare la soluzione. Ognuno mise a disposizione una stanza della propria casa.
Fino al settembre del 1944, quando le truppe alleate liberarono l’area, e i 38 ebrei poterono trasferirsi a Pesaro, dove erano già arrivati gli alleati.
Dopo essere passati da Ancona, il 24 ottobre partirono da Bari verso Israele.
Ora sapete perché Il 14 dicembre 1956 sono stato chiamato dalla comunità israelitica a Roma per ritirare l'attestato di benemerenza per quanto avevo fatto. Non finì lì.
Nel 1964 sono stati invitato anche in Israele per venire onorato come "Giusto fra le nazioni"
Ezio Giorgetti è stato il primo italiano ad essere insignito nel 1964 del titolo di “Giusto tra le Nazioni”, da parte dello Yad Vashem, ente nazionale per la Memoria della Shoah.
"Per aver salvato 38 ebrei rischiando galera e fucilazione"
Per lo stesso motivo, nel 1985, anche il maresciallo Osman Carugno è stato annoverato tra i “Giusti tra le Nazioni”.
Alla memoria.
Osman Carugno era morto nel 1975.
Grazie a @StudioGasperoni per avermi suggerito di raccontare la storia dell’albergatore Ezio Giorgietti e del maresciallo Osman Carugno.
“Non aiutare quelle persone significava una cosa sola: essere complici”.
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