#MdT 20/05/1981 – Venezia. Ore 13.15 Al primo piano di un elegante condominio in Via Milano è ora di pranzo. Suonano alla porta. Gabriella apre e si trova di fronte uno con la divisa della GdF e altre tre persone. “C’è suo marito? Dobbiamo parlargli.”
“Un momento” risponde Gabriella mentre li fa accomodare in salotto. E chiama il marito che è a tavola. Giuseppe li fa accomodare nel suo studio, ma prima che possa parlare estraggono le pistole. “Siamo delle Brigate Rosse, state calmi se volete evitare guai”.
Con delle catene legano la moglie e i due figli che si trovano in casa. Dopo aver rovistato tra i documenti di Giuseppe lo legano e lo portano via. Lui è Giuseppe Taliercio ingegnere e dirigente d'azienda dello stabilimento petrolchimico della Montedison di Marghera
All'inizio degli anni '80 la situazione di conflittualità a Porto Marghera era molto elevata. Il 29 gennaio 1980 era stato ucciso Sergio Gori,vicedirettore dello stabilimento, e pochi mesi dopo era stato assassinato il commissario Albanese, che seguiva le indagini dell'omicidio 
Per questo Giuseppe aveva chiesto il trasferimento. Oggi era l’ultimo giorno di lavoro. Poi alcuni giorni di vacanza e dal primo giugno il nuovo lavoro a Milano. Ma le brigate Rosse erano arrivate prima.Lo accusano di essere il responsabile delle morti sul lavoro al Petrolchimico
#MdT 26/06/1981 – Dopo 36 giorni di prigionia le Brigate Rosse annunciano la condanna a morte di Giuseppe.
#MdT 05/07/1981 – 47esimo giorno dal sequestro. Agenzia ANSA. Una voce al telefono annuncia “Correte in via Pasini, a Marghera, ci sarà la sorpresa”. La polizia accorre sul luogo. C’è un’auto, una Fiat 128 azzurra.
Le portiere aperte.Sul sedile posteriore un orologio Seiko, chiavi Yale, un portafoglio marrone e biglietti da visita.Sono dell’Ing. Giueppe Taliercio. Il corpo è nel bagagliaio, inclinato sul fianco destro. La camicia azzurra macchiata di sangue. Crivellato da 17 colpi al torace
Giuseppe Taliercio, detto Pino, era l'ultimo di quattro figli. Nel 1954 aveva sposato Gabriella, conosciuta nelle fila dell'Azione Cattolica, e si era stabilito a Mestre. Dal loro matrimonio erano nati cinque figli.
Giuseppe era tutto tranne che un servo delle multinazionali. Era un uomo buono, un cattolico che faceva volontariato. Eppure lo lasciarono per giorni senza cibo, lo picchiarono e lo torturarono. Quando venne trovato non mangiava da 5 giorni. Magrissimo.
Antonio Savasta, che confessò di essere stato l'autore dell'omicidio (e di altri 16) chiese perdono alla moglie di Giuseppe Taliercio, Le raccontò l’immagine del marito, un uomo forte, dignitoso, coraggioso. “Una dignità ed un coraggio che io e altri non abbiamo mai avuto".
"C'era nelle sue preghiere qualcosa che allora non capivo. I nostri processi, le nostre censure nulla potevano contro la sua fede. La certezza di essere giusto lo rendeva estremamente tranquillo. Non potrò più pensare a quei momenti senza morire ogni volta"
Nell'elenco dei Testimoni della fede del ' 900, fra i 2351 laici c'è anche Giuseppe Taliercio, il direttore del Petrolchimico di Porto Marghera, assassinato dalle BR della colonna veneta. Ad indicarlo Giovanni Paolo II, come "esempio di fede, dignità e coraggio"
